Caffè Europeo – Vent’anni fa, durante l’Europeo di Svezia del 1992, i sogni danesi di gloria calcistica divennero improvvisamente realtà, regalando alla squadra meno preparata e motivata del torneo, ripescata dopo l’esclusione della Jugoslavia, la gioia infinita della vittoria. Da sempre lo spirito di squadra e non il valore o la statura dei singoli giocatori è il cuore della mentalità della squadra, e forse anche della nazione scandinava. Quest’anno l’impresa del passaggio agli ottavi sembra veramente impossibile, solo una magia come quelle delle fiabe di Andersen potrebbe portare la nazionale verso un’incredibile lieto fine
FELICI DI STARE LASSU’ – In un recente sondaggio pubblicato dalle Nazioni Unite, i Danesi sono stati indicati come il popolo più felice della terra, davanti ai loro vicini Scandinavi di Norvegia e Finlandia. Lo studio era impostato su una vasta serie di fattori in modo da considerare sia la vita sociale che quella pubblica. La Danimarca ha ottenuto punteggi alti in aree come la sicurezza sociale e il comparto sanitario, tra gli altri criteri di merito figurano la libertà politica, il basso tasso di corruzione e una diffusa previdenza nel mondo del lavoro. In realtà il sondaggio ha dimostrato ciò che i danesi avevano già sospettato, cioè che i pro del vivere in Danimarca sorpassano i contro. Con una popolazione relativamente piccola di solo 5,5 milioni di abitanti, il paese è stato capace di istituire uno dei più completi sistemi di Welfare del pianeta. Il sistema all’avanguardia garantisce che la popolazione possa godere di un’istruzione pubblica gratuita dalla culla alla laurea, cure mediche senza spese nonchè sostanziosi sussidi governativi a supporto di disoccupati, studenti e famiglie, solo per citarne alcuni. In modo da sostenere tale sistema impareggiabile, la Danimarca d’altra parte ha una delle percentuali di tassazione al mondo sia sui guadagni che sulle proprietà.
“PRIME DONNE” AL POTERE – Nonostante la dichiarata felicità e la sicurezza sociale della popolazione, anche la Danimarca ha subito l’influenza negativa della crisi dell’Eurozona, anche se non ai livelli dei paesi dell’Europa meridionale. Ciò ha causato un’innalzamento del tasso di disoccupazione fino alla ridiscussione se il peso fiscale del welfare nazionale sia distribuito equamente tra la popolazione o meno. L’effetto più eclatante dell’arrivo della crisi al nord è stata il cambio della guardia al governo dopo le elezioni politiche del settembre 2011. Il risultato delle urne ha portato il Partito Socialdemocratico e la leader Helle Thorning Smith al potere, dopo l’addio al liberale Lars Løkke Rasmussen. La paladina della sinistra moderata è diventata così la prima donna ad occupare il seggio più importante della politica danese nella storia del paese. La vittoria è stata un prodotto naturale della campagan elettorale basata sui temi classici del socialismo democratico come la redistribuzione fiscale e la riforma della pubblica amministrazione. Motivi del genere sono ovviamente il pane dell’opinione pubblica in tempi di crisi, tuttavia la neo-premier ha beneficiato del malcontento generale e dalla richiesta di un vento di cambiamento nel Parlamento dopo dieci anni di maggioranza a destra tra liberali e conservatori.
COPENHAGEN VS BRUXELLES? – Negli ultimi anni alla patria di Andersen è stata affibbiata la spilla politica del nazionalismo e dell’euroscetticismo, soprattutto in seguito alle implicazioni della ressa mediatica scatenata nel 2011 dalla “favola” di un possibile ritorno delle dogane al confine con la Germania, in chiaro conflitto col Trattato di Schengen. Manovre o boutades politche radicali come questa non erano altro che la conseguenza della leva del Partito Nazionalista Dansk Folkeparti (Il Partito del Popolo Danese) che deteneva i voti necessari alla maggioranza nel precedente governo. Con l’avvento del nuovo Primo Ministro Helle Thorning Schmidt, ex membro del Parlamento Europeo e convinta europeista, si avvertono già i segnali di un cambio di paradigma. Il simbolo del nuovo impegno per l’Unione è stato però il 2012, i cui sei mesi iniziali hanno visto la Danimarca ottenere la presidenza di turno rinnovando l’impegno verso le energie rinnovabili e sostenibili nonostante i problemi della crisi economico-finanziaria.
L’ESPERIENZA DEL MISTER– Nonostante il successo inarrestabile della nazionale di pallamano negli ultimi temnpi, il calcio è ancora di gran lunga lo sport più popolare in Danimarca. La nazionale di calcio continua ad essere motivo di raccoglimento generale ogniqualvolta si avvicini un grande torneo internazionale e come sempre ci si aspetta che “I Rooligans” (letteralmente “gli Hooligans tranquilli”) siano ben rappresentati nell’imminente Europeo in Polonia e Ucraina. I 23 della squadra danese arrivano all’evento con un bagaglio di ottimismo e fiducia dopo aver concluso la fase a gironi alla testa del Gruppo H, davanti a top team come la Norvegia e il Portogallo. La qualificazione non è stata solo una spinta morale alla squadra ma anche una pacca rassicurante sulla spalla del coach navigato Morten Olsen che, con dodici anni di onorata carriera, è attualmente il C.T. rimasto più a lungo sulla panchina della nazionale. La carriera di Olsen non è però sempre stata una dolce discesa, come dimostra la fallita qualificazione agli ultimi Europei del 2008. Tuttavia in Danimarca c’è un’opinione condivisa che un piazzamento onorevole al campionato di quest’estate lascerà al C.T. una gratificante eredità dato che ha già annunciato la fine della sua carriera alla guida della nazionale dopo il torneo.
LA FILOSOFIA DELLA “LINEA ROSSA” – La nazionale danese non è ricca di stelle del calcio internazionale, ma fonda la sua strategia su un inarrestabile spirito di squadra in cui nessun giocatore è al di sopra del gruppo e ad ognuno tocca una fetta di sacrificio in ogni partita. Questa concezione è resa ancora più chiara dalla cosiddetta “Den Røde tråd”, la filosofia della “linea rossa”, un concetto coniato proprio da Morten Olsen che implica uno stile di gioco “all’olandese” con un 4-3-3 dinamico e un gioco propositivo d’attacco con alte percentuali di possesso palla. La dottrina è stata divulgata attraverso ogni ramo delle giovanili della nazionale, garantendo così la stessa familiarità dei giocatori attuali e delle future promesse con lo stile di gioco danese, già prima di ricevere l’ambita chiamata.
I DIAMANTI DI OLSEN – Nonostante l’assenza di stelle, ci sono naturalmente alcuni giocatori in grado di brillare agli EURO 2012 per garantire alla Danimarca il successo che si merita. Tra questi talenti, tre in particolare saranno chiamati a costituire la spina dorsale dell’undici titolare. Primo tra gli altri Niklas Bendtner che è diventato la prima scelta naturale come punta di peso, anche se non è riuscito a rompere le barriere della panchina in Premier League con l’Arsenal. Grazie alle sue doti fisiche imponenti, Bendtner è il terminale d’attacco ideale nel 4-4-3, tanto da gettare timori e paure nei tifosi in patria che per la sua ormai chiara insostituibilità, che rende un’eventuale infortunio o una pecca iniziale il peggior incubo per la squadra. A centrocampo la Danimarca dispone di varie scelte di qualità, anche se le luci del palcoscenico europeo saranno tutto puntate sul ventenne Christian Eriksen. Con le sue grandi prestazioni nei ranghi dell’Ajax di Amsterdam, Eriksen è diventato uomo-mercato per diverse mete interessanti in Inghilterra e Spagna. Un buon rendimento in Polonia e Ucraina pootrebbe essere il podio perfetto per dare il via ad un trasferimento verso uno dei grandi club della Champions’ League della prossima stagione. Da ultimo troviamo il difensore del Liverpool Daniel Agger, il capitano della squadra danese che tenterà di bilanciare l’approccio offensivo con una solida performance nella sala macchine della difesa.
IL PARADISO ALL’IMPROVVISO – Quando si parla di trofei internazionali conquistati dalla Danimarca e di Campionati Europei, il ricordo impareggiabile è sicuramente l’incredibile quanto insperato titolo vinto nel 1992 in Svezia. La nazionale danese giunse alla competizione all’ultimo minuto, completamente impreparata al ripescaggio seguito all’esclusione della Jugoslavia, scossa dalla tremenda guerra intestina. Nonostante le premesse e grazie al sostegno incrollabile del mitico Kim Vilfort, costretto a lasciare due volte il ritiro a causa della leucemia che aveva colpito la figlia, la Danimarca conquistò la finale dove inflisse un pesante due a zero alla Germania, col raddoppio segnato proprio da Vilfort. Fu così che il leggendario protiere saracinesca Peter Schmeichel potè alzare la coppa, provando che per la terra delle fiabe nulla è realmente impossibile.
“IL GRUPPO DELLA MORTE” – Tuttavia il sogno diventato realtà con l’impresa del 1992 non cambia il fatto che la squadra danese soffra di un giustificato complesso d’inferirorità in termini calcistici, soprattutto se paragonata alle grandi regine europee del rettangolo da gioco. Il problema è tornato d’attualità proprio al momento cruciale del sorteggio per i gruppi dell’Europeo di Polonia e Ucraina, dove la Danimarca è incappata nel girone peggiore del torneo, a fianco di giganti quali Olanda, Germania e Portogallo. Tutte e tre le avversarie dei 23 di Olsen figurano tra le favorite non solo nella fase a gruppi ma proprio nella corsa finale verso Kiev. Pochi i dubbi sui motivi che hanno portato la stampa mondiale a ribattezzarlo “Il gruppo della Morte”. Con tali premesse e senza troppe aspettative dai tifosi in patria, alla nazionale biancorossa non resta altro che stupire l’Europa sconfiggendo i fantasmi del calcio mondiale, chissà che proprio la fantasia della penna di Andersen non scriva il secondo capitolo della magia compiuta in terra svedese proprio vent’anni fa.