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Golpe ‘legalizzato’

Dopo 4 anni di governo, l’ex vescovo di centrosinistra Fernando Lugo è stato destituito dalla carica di Presidente del Paraguay. A disarcionarlo è stato un voto di sfiducia del Parlamento, che ha approvato a larga maggioranza l’impeachment del Presidente per “malgoverno”. Per quanto legale, la decisione appare ai limiti della democraticità, ed ha suscitato dure reazioni da parte dei governi della zona e delle organizzazioni regionali

GOLPE O NON GOLPE? – Fino a pochi decenni fa, l’America Latina era la terra dei golpe violenti e delle dittature esplicite, dell’esercito che disarcionava capi di governo democraticamente eletti, spesso con complicità a stelle e strisce: l’importante era scongiurare ipotetiche penetrazioni comuniste nel giardino di casa statunitense. Oggi, qualcosa è cambiato: l’esigenza di mantenere una certa credibilità democratica ha necessariamente fatto diminuire, se non sparire del tutto, i colpi di stato violenti. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ai colpi di stato contro Chávez in Venezuela e Zelaya in Honduras, ma rimangono comunque esempi isolati. Dalla regione non sono però scomparsi i “golpe” legalizzati, bianchi o parlamentari e le situazioni politiche costituzionali eppure non pienamente democratiche: la destituzione da Presidente del Paraguay di Fernando Lugo, avvenuta venerdì 22 giugno, rientra in queste ultime categorie.  LA DESTITUZIONE – La Camera ed il Senato Paraguayano hanno infatti votato a schiacciante maggioranza l’impeachment per l’ormai ex Presidente. I due rami del Parlamento hanno seguito il dettato dell’articolo 225 della Costituzione, che prevede che il Presidente possa essere sottoposto a giudizio politico per il cattivo svolgimento delle proprie funzioni: una formula vaga, che chiaramente affida ampia capacità discrezionale al Parlamento. Sotto questo aspetto, lo stesso Lugo ha ammesso che il provvedimento, definito “golpe parlamentare”, è illegittimo, ma non illegale. Alcuni osservatori hanno paragonato la decisione del Congresso Paraguayano ad una semplice mozione di sfiducia, come avvengono in altri Paesi del mondo: in questo caso, però, la decisione fa pendere il bilanciamento dei poteri in direzione del Parlamento, attenuando in modo decisivo il carattere presidenziale dello Stato. A motivare un voto così negativo vi sono accuse precise: la motivazione più recente sono gli scontri di Curuguaty del 15 giugno tra polizia e contadini senza terra, che hanno provocato 17 morti (11 contadini, 6 poliziotti) e le dimissioni immediate del Ministro dell’Interno Carlos Filizzola. Ma i Parlamentari non si sono limitati a questi episodi: a motivare l’accusa di incapacità politica vi sono l’uso di una base militare per un incontro politico nel 2009, l’alto livello di violenza nel Paese e la firma del dibattuto trattato di Ushuaia II nell’ambito del Mercosur. D’altro canto proprio la questione agraria era un punto centrale del mandato di Lugo, arrivato al potere con il sostegno dei poveri in un Paese dove l’85% delle terre coltivabili sono in mano al 2% dei proprietari, fra cui anche multinazionali come Monsanto e Cargill. Proprio i latifondisti sono stati una continua spina nel fianco per l’ex presidente, che ha dovuto anche far fronte ad una maggioranza parlamentare ostile cui alla fine si è dovuto arrendere.

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LE REAZIONI – Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere, soprattutto fra gli esponenti della sinistra latinoamericana cui Lugo era più vicino: Argentina, Uruguay e Brasile hanno richiamato gli ambasciatori per consultazioni e sospeso la partecipazione del vertice Mercosur in programma venerdì in Argentina, mentre il Venezuela ha rotto i rapporti diplomatici. Nel comunicato del Mercosur, sottoscritto anche dagli associati Venezuela, Cile, Perù, Bolivia ed Ecuador, viene espressa “la più energica condanna per la rottura dell’ordine democratico avvenuta in Paraguay”. Anche l’Unasur ha condannato duramente il golpe, mentre Osa e Stati Uniti hanno assunto posizioni più interlocutorie: il presidente dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani) Insulza ha dichiarato infatti che l’organizzazione “non ha il potere di intervenire in Paraguay”, ma che se anche lo avesse “non ci sarebbe accordo fra i membri”. Al momento il Paraguay appare quindi isolato nella regione: d’altro canto le elezioni presidenziali sono previste per l’anno prossimo, e Lugo non si sarebbe potuto ricandidare in ogni caso. Facile pensare che dopo un anno di “quarantena” il Paraguay possa ristabilire relazioni normali con i propri vicini, anche se con qualche timore aggiuntivo per la tenuta democratica del Paese.  Francesco Gattiglio [email protected]

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