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NATO-Turchia: elementi di un binomio complesso

Miscela Strategica – Il ruolo della Turchia all’interno dell’Alleanza Atlantica sembrerebbe sempre più compromesso a causa di una politica estera Davoutoglu-Erdogan orientata verso la cosiddetta “strategia neo-ottomana”. Cerchiamo di capire se effettivamente la Turchia si stia allontanando dal cuore strategico della NATO, osservando la sua attività in seno all’Alleanza

LA STORIA – L’ingresso della Turchia all’interno della NATO risale al 1952, passando alla storia come il primo allargamento formale dell’Alleanza Atlantica verso nazioni che non avevano un effettivo respiro sull’Atlantico. Insieme alla Turchia, infatti, anche la Grecia raggiunse la NATO nel 1952 nell’ottica di un rafforzamento dell’asse contro l’allora Unione Sovietica. Il principale obiettivo strategico della NATO agli albori della sua costituzione era naturalmente quello di contenere l’espansione comunista in Europa. La dottrina Truman, che porta il nome del Presidente degli Stati Uniti Harry Truman che le diede vita nel 1947, ebbe origine proprio alla luce dei fatti di Grecia e Turchia di quegli anni. La guerra civile greca contro Tito da un lato e le pressioni sovietiche in Turchia sul regime degli Stretti dall’altro, furono interpretate come un possibile rischio di “contagio comunista” dei due Paesi coinvolti. Con una Gran Bretagna economicamente sfinita e impossibilitata a finanziare le operazioni anti-comuniste in Grecia e Turchia, il timore che l’Europa orientale e il Medio Oriente potessero diventare delle roccaforti comuniste si faceva più persistente. Ecco allora come l’applicazione pratica della Dottrina Truman si materializzò inizialmente nella formulazione del Piano Marshall, per sfociare poi nell’approccio positivo verso un allargamento della neo-costituita Alleanza Atlantica a Paesi non propriamente atlantici. Da quel momento fino alla fine della Guerra Fredda, la Turchia ha svolto un ruolo di primo piano nella strategia statunitense di contenimento dell’asse sovietico.

LA TURCHIA NELLA NATO OGGI – A causa degli stravolgimenti politici e strategici che hanno fatto seguito agli attacchi dell’11 settembre, il teatro mediorientale è diventato lo scacchiere geopolitico di riferimento del primo decennio degli anni 2000. Già durante la guerra nei Balcani la Turchia aveva giocato un ruolo importante nelle strategie NATO, ma ancor più con lo spostarsi dell’ago della bilancia verso sud-est Ankara è stata individuata come interlocutore di primo livello all’interno del consesso dell’Alleanza Atlantica. Sul piano prettamente formale, l’impegno politico turco era e rimane saldamente ancorato alla NATO. In primo luogo, la Turchia è il secondo Paese per dimensioni delle proprie Forze Armate all’interno della NATO, dopo gli Stati Uniti. Una rilevanza quantitativa che talvolta non è stata però accompagnata da un altrettanto consistente impegno politico.

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Fig. 1 – Incontro tra il Presidente turco Erdogan e il Segretario generale della NATO Stoltenberg ad Ankara, 2014

LE MISSIONI INTERNAZIONALI – Comunque sia, la Turchia ha preso parte a tutte le operazioni a guida NATO nei Balcani, da IFOR e SFOR in Bosnia-Erzegovina a KFOR in Kosovo. Al momento la Turchia ha dispiegato circa 350 militari in Kosovo. Impegno più consistente, seppur limitato rispetto alle effettive capacità militari del Paese, è stato quello in Afghanistan nel contesto della missione ISAF. La Turchia ha guidato la coalizione internazionale due volte (ISAF-II nel 2002 e ISAF-VII 2005) con una media di 1.400 militari. Oltre ad aver assunto la responsabilità dell’aeroporto di Kabul, la Turchia ha anche preso il comando a turnazione del RCC di Kabul (Kabul Regional Command Capital) e ha guidato il Provincial Recontruction Team (PRT) nella provincia di Wardak. Anche la missione Unified Protector in Libia ha visto il contributo, in un ruolo “no-combat”, della Turchia, che ha fornito alcune fregate, un sottomarino, due arei-cisterna e quattro caccia F-16.

IL PIANO DI DIFESA ANTIMISSILE – Le installazioni e le basi NATO sul territorio turco rappresentano un elemento di proiezione strategica e militare dell’Alleanza in Medio Oriente. Al momento sono 24 le basi militari che vestono bandiera NATO in Turchia. Fra queste, le più note sono la Base Aerea di Incirlik (localizzata a 8 chilometri dalla quinta città della Turchia, Adana) e la Stazione Aeronautica di Izmir, a 200 chilometri da Istanbul. Nel più ampio contesto del Piano di Difesa Missilistica la NATO ha dispiegato in Turchia batterie di missili Patriot di proprietà statunitense, tedesca e olandese. Il sistema rientra nel piano di difesa missilistica dell’Alleanza, nato con presupposti di tipo difensivo e di deterrenza. A conferma del ruolo di sentinella strategica affidato alla Turchia dall’Alleanza, nel corso del Summit di Chicago del 2012 è stato confermato l’inserimento del centro radar di Kurecik all’interno dell’assetto militare e strategico della NATO. La funzione del centro radar di Kurecik è stata giudicata come controversa da molti osservatori, i quali guardano al sistema in funzione anti iraniana, siriana o israeliana.

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Fig. 2 – Passaggio di consegne Paesi Bassi – Spagna presso la base di Adana, 2015

CINA E RUSSIA SUPPLIER STRATEGICI – Uno dei principali elementi di criticità relativa alla controversa politica turca vis-à-vis con la sua presenza nell’Alleanza Atlantica riguarda in effetti l’apparato di difesa missilistico del Paese. È ormai da diverso tempo che il Governo turco sta considerando la possibilità di acquistare un sistema di difesa aereo da Pechino per un totale di 3,4 miliardi di dollari. Tale sistema comprenderebbe sistemi radar e missili terra-aria a lungo raggio. Naturalmente, la commessa è fortemente contrastata sia dagli Stati Uniti che dagli alleati europei per due ordini di ragioni. La prima è che una volta acquisito questo sistema non verrebbe facilmente integrato all’interno di quello NATO pre-esistente, sebbene anche su questo tema le dichiarazioni delle autorità turche restano volutamente vaghe e contrastanti. In secondo luogo, Stati Uniti e alleati europei osteggiano questo tipo di politica commerciale per preservare le acquisizioni con il proprio apparato di industrie-difesa. Un altro elemento critico rilevante è dato dalla politica energetica del presidente Erdogan. Nonostante le sanzioni contro Mosca, infatti, la possibilità di un accordo fra Russia e Turchia sul progetto di un gasdotto Russia-Turchia sembra sempre più concreta. La politica estera ambigua dell’accoppiata Davoutoglu-Erdogan è un elemento di complessità all’interno della NATO. Per quanto il Paese sia vicino all’Ucraina, le sue azioni politiche con la Russia all’indomani delle sanzioni non sono state valutate positivamente. Al momento, la dimensione NATO della Turchia rimane oscillante fra le ambizioni personali dello stato guidato dalla figura di Erdogan da un lato, e l’adesione agli obiettivi strategici dell’alleanza dall’altro.

Emma Ferrero

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Un chicco in più

Per approfondire il tema del Piano di Difesa Missilistico NATO si consiglia di consultare le fonti ufficiali al link http://nato.int/docu/review/Topics/EN/Missile-defence.htm .[/box]

 

 

Foto: NATO

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Emma Ferrero
Emma Ferrero

Torinese di nascita, ma romana di adozione, ha frequentato da civile la Scuola di Applicazione e Istituto di Studi Militari dell’Esercito, conseguendo con lode la Laurea Magistrale in Scienze Strategiche nel 2012. Con passate esperienze di ricerca e analisi in ambito geostrategico e militare presso il Centro Studi per le Operazioni Post Conflict di Torino e presso la Rappresentanza Permanente italiana alla NATO a Bruxelles, dopo aver conseguito un master in Sicurezza Economica, Geopolitica e Intelligence in SIOI, attualmente collabora con alcune testate e organizzazioni internazionali. Le sue aree di interesse sono: NATO e sicurezza cooperativa, industria difesa, analisi d’area (in particolare Afghanistan, Iraq, Paesi del Golfo, Medio Oriente, Asia Centrale).

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