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La grande famiglia infelice

Da Bucarest – La maggioranza attualmente al governo in Romania, guidata dal Primo Ministro Victor Ponta, ha fallito nel tentativo di destituire il Presidente Basescu tramite il referendum popolare indetto, in seguito alla mozione di impeachment, lo scorso 29 luglio. Mentre i due leader restano impegnati a contendersi lo scettro romeno, c’è già chi fa i conti con le inevitabili ripercussioni politiche ed economiche che la guerra intestina sta causando al Paese

 

LI AVEVAMO LASCIATI COSI’ – Ponta e Basescu: uno al comando, l’altro in sospeso, in attesa della sentenza popolare. Sebbene solo il giudizio dei cittadini romeni potesse stabilire le sorti di Basescu, nelle ultime tre settimane i due contendenti non sono certo rimasti con le mani in mano. La strategia di entrambi ruotava attorno alla capacità di assecondare o contrastare la scarsa affluenza alle urne che aveva già caratterizzato le ultime elezioni tenutesi in Romania. Ponta ha fatto di tutto per portare i romeni al voto; Basescu per tenerli lontani. Il Primo Ministro, leader della coalizione di centro-sinistra (USL), si è giocato tutte le sue carte in Parlamento cercando di modificare, ora con un decreto-legge ora con un’ordinanza d’urgenza, la legge sul referendum. Fallito l’iniziale tentativo di cambiare la regola del quorum, che avrebbe reso sufficiente la sola maggioranza dei partecipanti al voto e non più quella degli aventi diritto, l’USL non si è certo dato per vinto. Ulteriori sforzi hanno fatto seguito, passando dai tentativi di prolungare il periodo e l’orario di voto, all’approvazione di modifiche riguardanti i modelli dei verbali, i timbri e persino lo stato dei sigilli. Dall’altra parte, il Presidente Basescu ha lasciato che il proprio schieramento accusasse il centro-sinistra di brogli elettorali e nel tentativo di boicottare il referendum ha incoraggiato membri e simpatizzanti del partito (PDL) a disertare le urne ed astenersi dal voto.

 

THE POWER OF VOTE – Il Presidente americano Lyndon Johnson definì il voto il “più potente strumento mai ideato dall’uomo per abbattere le ingiustizie”: la scorsa domenica, solo il 45% dei romeni si è ricordato dell’importanza dell’esercizio di tale diritto recandosi alle urne. Neanche l’apertura di sezioni di voto negli hotel e ristoranti sulla costa del Mar Nero, voluta da Ponta come ultimo asso nella manica per portare alle urne i vacanzieri romeni è bastato per raggiungere il quorum. La Romania ha deciso: il conservatore Basescu deve restare. Eppure la guerra non è ancora finita e, nonostante le promesse di pace, i romeni già si interrogano su quali mosse i due condottieri e i loro rispettivi schieramenti politici abbiano in serbo per le elezioni parlamentari del prossimo novembre. Agli occhi del popolo romeno sembra che nessuno dei due leader, fin troppo concentrati sulla battaglia all’ultimo voto, si sia soffermato a valutare quanto l’impasse politica stia nuocendo al Paese. Le inevitabili ripercussioni economiche, e in particolare il deprezzamento del Leu, la moneta nazionale che nei giorni scorsi ha toccato il minimo storico nel cross con euro e dollaro, andranno ad affliggere ulteriormente le tasche dei già poveri risparmiatori romeni.

 

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LA RICERCA DELLA FELICITÀ – Implicazioni non solo economiche, ma anche politiche, che stanno paralizzando le attività di un Paese considerato di grande importanza strategica nello scacchiere europeo. Non a caso, gli Stati Uniti e l’UE hanno seguito con preoccupazione le ultime vicende politiche in Romania, tanto da spingere il Consiglio d’Europa a richiedere una valutazione della Commissione di Venezia sulle procedure adottate dal Parlamento romeno per la destituzione di Traian Basescu. L’importanza geopolitica del Paese è determinata dalla sua posizione strategica nel Mar Nero, che rappresenta agli occhi dei membri dell’Unione non solo una fondamentale zona di transito di risorse energetiche, ma anche una delle regioni di maggior rilievo per la stabilità e la sicurezza dell’area euro]atlantica. Se anche in politica vale il principio di Anna Karenina secondo cui tutte le famiglie felici si somigliano, mentre ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, l’Unione Europea, ora impegnata nel disperato tentativo di salvare l’eurozona, non sembra mai stata così lontana dalla felicità. Per di più, nella “grande famiglia Europa” la Romania sembra essere la più infelice di tutte. I recenti eventi politici, la stanno allontanando sempre più dall’Unione, che continua a rinviare l’adesione del Paese all’area Schengen, a causa di alcuni stati membri che ritengono ancora prematura l’apertura delle proprie frontiere ai cittadini romeni. Ponta e Basescu tengono ora nelle loro mani il destino di uno stato che ha tutti gli elementi per diventare il pivot geopolitico della regione e, non meno fondamentale, tengono in pugno la felicità promessa al popolo romeno.

 

 

Guarda le foto dei volantini distribuiti in questi giorni a Bucarest

 

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Martina Dominici
Martina Dominici
Instancabilmente idealista e curiosa per natura, il suo desiderio di scoprire il mondo l’ha spinta a studiare lingue straniere presso l’Università Cattolica di Milano e relazioni internazionali tra l’Università di Torino e la Zhejiang University di Hangzhou. Le esperienze lavorative presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC e Confindustria Romania a Bucarest hanno contribuito a forgiare il suo spirito girovago e ad affinare la sua arte nel preparare la valigia perfetta. Dopo quasi due anni di analisi strategica, si è occupata di ricerca per l’Asia Program dell’ISPI, prima di partire per la Thailandia come Casco Bianco per Caritas italiana in un programma di supporto ai migranti birmani. Continua ad essere impegnata nell’umanitario in campo di migrazioni.

 

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