Parte delle cinque Repubbliche che compongono l’Eurasia, il Turkmenistan suscita sempre più interesse tra i Paesi europei in ragione delle sue riserve di gas naturale che potrebbero contribuire a rafforzare la sicurezza energetica europea nei prossimi anni. Analizziamo il ruolo strategico della regione e l’assetto geopolitico del Turkmenistan.
L’EURASIA – Il Turkmenistan, insieme al Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, e Tajikistan occupa quell’area geografica definita come Asia centrale, o meglio Eurasia, rappresentando un ponte naturale tra due mondi: l’Europa e l’Asia. La regione, punto di incontro e di fusione tra la civiltà cinese, turca, russa e persiana, ha iniziato a far parlare di sé già nel XIX secolo, in quanto luogo del cosiddetto “Great Game” o “Tournament of Games”, il Grande gioco che oppose Russia e Regno Unito in un conflitto basato sull’attività diplomatica e dei servizi segreti. Un “Gioco” moderno, tuttora in corso tra le grandi potenze internazionali. L’Asia centrale ha continuato ad avere un ruolo particolarmente rilevante nello scacchiere geopolitico, presentandosi come la nuova Eldorado, per la concentrazione di eccezionali ricchezze energetiche. Mentre il Kazakistan offre una capacità petrolifera che si classifica tra le prime dieci al mondo ed è il primo esportatore di uranio, l’Uzbekistan dispone di giacimenti di uranio, gas, oro e di un settore agricolo particolarmente sviluppato. Abbiamo poi il Kirghizistan e il Tajikistan che sono un’importante fonte di acqua. E poi c’è il Turkmenistan, con 5 milioni di abitanti, che possiede una riserva di gas che si situa tra le prime dieci al mondo, le più importanti nella zona.
In questo contesto, sono almeno quattro gli attori internazionali che competono alla ricerca di partenariati con questi Paesi: Cina, Russia, Stati Uniti e Unione Europea. La Cina, anche se non direttamente confinante con il Turkmenistan, è un vicino essenziale ma anche un possibile nemico per la forte pressione economica che esercita sull’area. Ad esempio, l’annuncio del governo kazako di una concessione di terreni ad agricoltori cinesi ha scatenato un’ondata di proteste da parte della popolazione che ha richiesto, ed ottenuto, una limitazione degli investimenti provenienti dalla Cina nel Paese. Stesso rapporto controverso è quello con gli Stati Uniti: da un lato, sono considerati alleati dei Paesi della regione, dall’altro, la tendenza americana di intervento, come testimonia la situazione in Medio Oriente, li ha portati ad essere considerati intrusivi. C’è poi la Russia, che rimane geograficamente, culturalmente e linguisticamente vicina. Nonostante l’indipendenza dichiarata dai Paesi Centroasiatici nel 1991, non è possibile dimenticare la complementarietà economica e storica che li lega tuttora alla Russia. Infine, l’Unione Europea si inserisce timidamente nelle relazioni con i Paesi della regione, considerando la problematica aperta dei diritti umani un importante freno alle relazioni internazionali. Tuttavia, bisogna considerare che i Paesi Eurasiatici sono di recente autonomia (poco più di vent’anni) e quindi i relativi progressi democratici realizzati in questi anni devono essere calibrati secondo il loro sviluppo interno. In quest’ottica dunque, anche se il processo di democratizzazione è tuttora in corso, i progressi realizzati sono innegabili. L’Unione Europea non è particolarmente coinvolta nei progetti di partenariato nella regione, come nel caso dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (Shanghai Cooperation Organisation – SCO), organizzazione politica, economica e militare fondata il 14 giugno 2001 sulla base dello Shanghai Five del 1996, che ha riunito Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tajikistan e Uzbekistan. Le tensioni derivanti dai rapporti tra Unione Europea e Russia stanno già avendo conseguenze sull’esportazione di idrocarburi. e dunque è necessario che lo sviluppo strategico in materia di approvvigionamento energetico implichi un rapporto diretto con i Paesi dell’Asia Centrale che rappresentano non solo un ponte economico tra Occidente ed Oriente per gli investitori interessati al potenziale delle materie grigie, ma anche una chiave di ingresso nel mercato cinese, russo e iraniano.
Fig. 1 – Il gas turkmeno fa gola a molti
OUTLOOK POLITICO – Il Turkmenistan ha dichiarato la sua indipendenza dall’Unione sovietica il 27 Ottobre 1991. Questo momento ha segnato l’ascesa alla presidenza di Saparmourad Nyazov, rimasto in carica per ben ventun anni (1985-2006), divenendo il leader del Partito comunista del Turkmenistan, nonché unico detentore del potere nel Paese. Autodefinitosi “Turkmenbashi”, Padre dei Turkmeni, ha dato vita al culto della propria personalità, fino ad autoproclamarsi Presidente a vita nel 1999. Dopo la sua morte, nel 2006, il potere è passato nelle mani di Gurbanguly Berdimuhamedow il quale, pur mantenendo un governo di stampo autocratico, ha cercato di mitigare il rigoroso isolamento imposto dal suo predecessore, confermando la dottrina della neutralità permanente. Scopo principale del Presidente turkmeno è stato quello di attrarre e riguadagnare la fiducia degli attori politici, e non solo, a seguito della disastrosa gestione economica, della politica arbitraria e dell’isolamento politico applicato da Nyazov. Innanzitutto, è stato deciso di mettere fine all’immobilismo amministrativo delle politiche energetiche: da un lato, è aumentata la produzione e l’esportazione, dall’altro, sono state diversificate le vie di esportazione energetica, al fine di diminuire il monopolio russo in materia. La dipendenza turkmena alla rete di gasdotti russi è infatti innegabile, e si è fatta particolarmente sentire nel 2009, a seguito di un’esplosione di un gasdotto russo che ha bloccato la fornitura di gas turkmeno alla Russia. Da quel momento, sono riprese le trattative per l’analisi di progetti di gasdotti presentati all’amministrazione precedente. Scarsi però i risvolti pratici, tanto che il gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) che dovrebbe collegare le fonti di gas naturale del Mar Caspio dal Turkmenistan, attraverso l’Afghanistan per arrivare in Pakistan ed in India, ha subito le dirette conseguenze dell’instabilità geo-politica della zona. Il progetto è, infatti, strumento di pressione tra la Russia che lo ritiene una minaccia ai propri interessi economici e geopolitici, e i Paesi europei alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento di gas e di sicurezza energetica. Durante la Guerra fredda, le rivalità riguardanti gli idrocarburi ed in particolarmente il gas turkmeno opponevano gli Stati Uniti, intenzionati a dirigere il flusso energetico verso occidente e la Russia, determinata ad orientarli verso Nord. È dunque a partire dal 2000 che l’Unione Europea si è sostituita agli Stati Uniti, sia a seguito del loro progressivo ritiro dalla regione, sia in ragione dei bisogni energetici europei. Non meno importante il ruolo della Cina che attualmente importa il 70% del gas turkmeno. Il Turkmenistan ha dunque necessità di diversificare i destinatari delle sue risorse energetiche, come del resto hanno timidamente affermato le autorità locali a seguito della prima Conferenza economica franco-turkmena, nel luglio 2014. Una delle soluzione più papabili sembrerebbe proprio la connessione della rete energetica del Turkmenistan al gasdotto TAP (Trans-Adriatic Pipeline) che, partendo dall’Azerbaijan, raggiungerà le coste italiane per il trasporto del gas in Europa.
Fig. 2 – Il Presidente Matteo Renzi riceve a Palazzo Chigi il leader turkmeno, Gurbanguly Berdimuhamedow
IL LEGAME UE – ITALIA – TURKMENISTAN- L’Unione Europea risulta sempre più interessata al ruolo e alle potenzialità del Turkmenistan. Proprio nel maggio scorso, Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per l’unione energetica nella Commissione Juncker dal 2014, ha annunciato che il gas del Turkmenistan potrebbe raggiungere l’Europa a partire dal 2019. L’Unione Europea ha infatti bisogno di diversificate le sue fonti di approvvigionamento energetico a causa della crisi in Ucraina e della conseguente escalation dei rapporti con Mosca. In questo contesto, l’Italia gioca un ruolo fondamentale. Innanzitutto, nel dicembre 2013 è stata inaugurata l’Ambasciata d’Italia in Turkmenistan, dove il 18 novembre 2014 il Presidente del Consiglio e allora Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, Matteo Renzi, alla presenza dell’ambasciatore Marco Mancini, si è recato in visita ad Ashgabat. Renzi è stato il primo capo di governo occidentale, in veste di presidente di turo dell’UE, a recarsi nel Paese centroasiatico. Durante l’incontro è stata affermata la comune volontà dell’Italia e del Turkmenistan di avviare un partenariato strategico fra i due Paesi non solo nel settore energetico, ma anche in campo educativo-culturale e turistico. La successiva visita, il 4 maggio 2015, del Presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdimuhamedov, a Palazzo Chigi ha fornito l’occasione per una più approfondita analisi delle possibili aree di cooperazione turkmeno-italiane. I colloqui sono terminati con la firma, tra gli altri, del Memorandum di Cooperazione Economica tra i ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico turkmeno ed italiano ed il programma di cooperazione tra i ministeri degli Affari Esteri di entrambi i paesi per gli anni 2015-2016. L’Italia, inoltre, attraverso il Trans Adriatic Pipeline – TAP, ha già un ruolo chiave nella politica energetica europea. Il gas proveniente dal mar Caspio passerà dapprima tramite il South Caucasus Pipeline (SCP), attraversando l’Azerbaijan e la Georgia per arrivare nei territori orientali della Turchia, da dove partirà il Trans-Anatolian Gas Pipeline (TANAP), che, al confine con la Grecia, si unirà al TAP in direzione Albania e mar Adriatico, per giungere in Italia e dirigersi verso l’Europa occidentale. Secondo quanto affermato dal Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, sarà possibile collegare il Trans Caspian Pipeline (TCP), al TANAP, permettendo il trasporto diretto del gas turkmeno verso l’Europa. L’idea è dunque di consentire sia al Turkmenistan, sia all’Europa di diversificare le proprie rotte energetiche. L’Italia, terzo partner UE del Turkmenistan per volume di scambi, è dunque il punto di collegamento per le relazioni UE-Turkmenistan. Nel 2013, le esportazioni italiane in Turkmenistan sono ammontate a 138,6 milioni di euro, mentre le importazioni si sono attestate a 365,7 milioni di euro, di cui 362,3 milioni in prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio. Inoltre, la firma dell’accordo tra ENI e Turkmengaz per le attività esplorative ed estrattive nel giacimento di Nebit Dag, a largo delle coste turkmene del Mar Caspio, fino al 2032, delinea un’immagine dell’Italia come partner commerciale estremamente importante. Sicuramente la situazione nel settore dei diritti umani, in Turkmenistan, rimane critica (OCCHIO A NON USARE TERMINI DI MERITO TROPPO FORTI), soprattutto in tema di libertà di stampa, associazione e religione. Tuttavia, l’auspicio è che il processo di crescita economica del Paese sia accompagnato da un serio ed efficace programma di riforme, sostenuto e incentivato dalle relazioni con l’Italia e con l’Unione Europea, a cui si guarda come modello virtuoso.
Eleonora Lombardi
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più –
- Il Turkmenistan è tra i 142 Paesi partecipanti ad EXPO 2015 con un padiglione che vuole riflettere la versatilità del Paese, i cui colori dominanti sono il blu, il bianco e l´oro, ovvero i colori dell´architettura della sua capitale, Ashgabat.
- Le prossime elezioni presidenziali in Turkmenistan si svolgeranno nel 2017.
[/box]
Foto: **El-Len**
Foto: Tormod Sandtorv