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L’idrogeno verde in Cile: la strategia energetica della Estrella Solitaria

AnalisiL’idrogeno verde si configura come uno dei vettori energetici chiave del futuro. L’ambizioso programma cileno, nonostante alcuni ostacoli, risulta di chiaro interesse e merita un approfondimento.

IL CRESCENTE INTERESSE INTERNAZIONALE VERSO L’IDROGENO VERDE

A oggi l’idrogeno non ha ancora trovato ampio utilizzo nel sistema energetico globale. Questa tendenza sembra però a un punto di svolta: da qualche anno, infatti, l’interesse globale nei confronti di questo elemento è sempre più crescente, tanto che, fin troppo ottimisticamente, viene oggi considerato come il Santo Graal della transizione ecologica. Prima di passare ad analizzare i risvolti geopolitici del caso cileno, è doveroso fissare alcuni punti utili alla comprensione generale del tema.
A monte di ogni considerazione bisogna ricordare che vengono riconosciute diverse tonalità di idrogeno, differenziate per processo e fonte energetica di produzione. Come mai, dunque, proprio l’idrogeno verde ha tanta rilevanza? In primis perché promette di ridurre notevolmente le emissioni di gas serra, specialmente in quei settori hard-to-abate, ossia in cui il processo di decarbonizzazione è complesso e costoso (industria chimico-siderurgica, trasporto aereo e marittimo). Altri punti rilevanti sono: il basso costo ormai raggiunto dall’energia eolica onshore e fotovoltaica, principali fonti energetiche utilizzate nella produzione di idrogeno verde; la sua capacità di stabilizzare il sistema energetico a seguito della sempre maggior flessibilità richiesta dalle reti globali; lo sfruttamento delle sinergie cross-sector derivanti dall’uso capillare dell’idrogeno. Permangono tuttavia diversi ostacoli alla piena realizzazione del green hydrogen dream: i costi di produzione sono ancora elevati (si pensi solo ai carburanti sintetici per aerei, otto volte più costosi di quelli tradizionali), le infrastrutture di trasporto sono ancora allo stadio embrionale e sostanzialmente manca un mercato dell’idrogeno verde.
Ad ogni modo si stima che l’idrogeno verde possa provvedere fino al 14% della sicurezza dei futuri mercati energetici mondiali. Un dato rilevante, indice che l’economia di questo vettore presto inizierà a emergere ridisegnando le dinamiche geopolitiche in corso. Tra i paladini dell’idrogeno rinnovabile, infatti, c’è già aria di competizione: dai principali produttori, Australia in primis seguita da Nuova Zelanda e Cile, ad altri Paesi che, come Giappone e Germania, stanno sempre più scommettendo sulle sue potenzialità. A essere ancor più rilevante è però la nascita della green hydrogen diplomacy, intesa come l’attività di tessere reti di alleanze regionali e transregionali basate sul commercio dell’idrogeno verde. Ne sono esempio l’accordo di cooperazione tra Germania e Marocco, il Memorandum of Understanding tra Corea del Sud e Norvegia, nonché quelli tra Portogallo e Olanda o tra Canada e Germania.

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Fig. 1 – Il simbolo dell’idrogeno in un impianto energetico della Total in Germania

LA ROADMAP CILENA PER UN FUTURO DA PROTAGONISTA


Il 3 novembre 2020 segna l’inizio di un nuovo paradigma energetico per lo Stato cileno: a Santiago viene infatti ufficialmente presentata la Estrategia Nacional Hidrógeno Verde, un dettagliato documento programmatico di 30 pagine in cui il Ministero dell’Energia delinea le principali direttrici lungo cui si dispiegherà l’impegno cileno verso l’idrogeno verde dei prossimi venti anni.
Tre sono gli obiettivi principali: avere in costruzione elettrolizzatori per 5GW di capacità entro il 2025; produrre idrogeno verde al minor prezzo mondiale entro il 2030; infine, essere uno dei primi tre Paesi esportatori di idrogeno entro il 2040. Il documento è fondamentale, inoltre, per comprendere quali siano i due fattori chiave alla base della strategia del Governo cileno: da una parte la produzione in loco di idrogeno come scommessa per abbattere le importazioni nette di energia dall’estero; dall’altra acquisire un ruolo preminente a livello mondiale nell’esportazione di idrogeno (anche sotto forma di ammoniaca liquida e carburanti sintetici).
In ottica geopolitica cruciale è il coinvolgimento di soggetti esteri nei progetti cileni sull’idrogeno verde: fra gli attori che più recentemente hanno individuato il Cile come meta per i propri investimenti si segnala Aker Clean Hydrogen, società norvegese che a febbraio 2021 ha siglato una lettera di intenti per la produzione di ammoniaca e idrogeno verde. Le prospettive di sviluppo sono tali che anche i leader mondiali del settore energetico hanno ormai stabilmente affermato il loro interesse nel Paese andino, da EDP (Energias de Portugal) a Engie, senza dimenticare l’importante Memorandum firmato dal Ministro dell’Energia cileno, Juan C. Jobet, e il CEO del Porto di Rotterdam, Allard Castelein. Anche Enel intende affermarsi nel panorama energetico attraverso la sua piattaforma dedicata alle energie rinnovabili, Enel Green Power: in partecipazione con le compagnie cilene AME ed ENAP l’obiettivo è quello di costruire la prima centrale a idrogeno verde nella provincia di Magallanes, nel sud del Paese, e di metterla in funzione entro il 2022. Tale struttura, inoltre, risulterà una delle più grandi dell’intera America Latina.
I propositi e le iniziative precedentemente illustrati mostrano nel complesso come sia l’attenzione dei top player mondiali che la volontà del Governo nazionale convergano efficacemente, spalancando le porte a una sempre maggior esposizione del Cile sul palcoscenico globale quale soggetto cardine della green hydrogen diplomacy precedentemente tratteggiata.

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Fig. 2 – Impianti eolici nel deserto del Cile settentrionale

QUALI OSTACOLI PER IL CILE NEL BREVE-MEDIO TERMINE?

Tuttavia, per raggiungere la sua ambiziosa strategia ed essere davvero competitivo a livello globale, il Cile deve fare i conti con alcune criticità. Va innanzitutto ricordato che il Cile è il principale produttore ed esportatore al mondo di rame, la cui estrazione contribuisce al 70% delle emissioni prodotte dal Paese latino-americano. Certo, l’idrogeno verde ha le potenzialità per sostituirsi al più inquinante diesel, ma resta il fatto che ci potrebbero volere parecchi anni prima che la tecnologia che sfrutta l’elettrolisi dell’acqua per l’attività mineraria sia economicamente sostenibile, oltre che sicura. In generale i 50 milioni di dollari messi a disposizione dal Governo cileno per far decollare la Estrategia Nacional si rivelano in realtà esigui rispetto ai fondi già stanziati da altri Paesi, con il rischio che tale ammontare non sia in realtà sufficiente a cambiare la matrice energetica del Paese ancora fortemente dipendente dalle importazioni di combustibili fossili.
È necessario allora attrarre investimenti, i quali presuppongono però maggiori garanzie di stabilità a lungo termine: ciò sarà possibile solo dopo che il Cile avrà colmato le attuali lacune normative in materia di produzione, stoccaggio, trasporto e consumo di idrogeno verde. Non aiuta poi la poca esperienza nel settore: quanto a idrogeno rinnovabile il Cile è pur sempre un pioniere e, al momento, la produzione cilena di idrogeno si riconduce pressoché esclusivamente a due raffinerie di petrolio della compagnia statale ENAP.
Ad alimentare l’incertezza degli investimenti vi è anche la turbolenta stagione politico-sociale che sta attraversando il Paese. L’ondata di proteste contro le disuguaglianze sociali iniziata a fine 2019 ha portato al referendum dell’ottobre 2020, in cui il 78% della popolazione si è espresso a favore di una nuova Costituzione, più attenta all’equità sociale e con un più forte ruolo statale nell’economia. In particolare il lungo processo costituente – si parla di almeno due anni dall’inizio del referendum – rischia di procrastinare l’attuazione delle politiche necessarie per avviare una solida economia dell’idrogeno verde. A creare ulteriore ritardo si aggiunga poi la quotidiana battaglia del Governo per far ripartire l’economia nazionale in seguito ai danni provocati dalla pandemia da Covid-19. Infine alcuni analisti temono che la nuova Costituzione possa compromettere il quadro normativo che ha finora caratterizzato l’ambiente business-friendly del Cile.
Nonostante tali incertezze, un punto fermo sembra affermarsi: il Governo che si insedierà a marzo 2022, indipendentemente dal suo colore politico, manterrà verosimilmente la politica di sviluppo dell’idrogeno verde, trasversalmente e ampiamente sostenuta dall’intero spettro partitico cileno.

Luca Spinosa e Maria Lelli

Luca Spinosa

Nato a Vigevano nel 1994, sono Junior Researcher presso Enel Foundation.

Maria Lelli

Ricercatrice tirocinante in ambito di politica energetica e sostenibilità presso Enel Foundation.

“Le opinioni espresse in questo articolo sono strettamente personali e non rispecchiano in alcun modo quelle di Enel Foundation e/o del gruppo Enel nella sua complessità”.

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Dove si trova

Perchè è importante

  • L’uso dell’idrogeno verde è ancora in una fase embrionale, ma il suo enorme potenziale nella transizione energetica sta suscitando un interesse crescente a livello internazionale: è già emersa una vera e propria green hydrogen diplomacy
  • Con la Estrategia Nacional Hidrógeno Verde del novembre 2020 il Governo cileno ambisce ad affermarsi tra i primi tre Paesi esportatori di idrogeno verde al mondo entro il 2040, attirando così l’interesse di vari attori internazionali che individuano il Cile come meta per i propri investimenti
  • Il Cile deve però fare i conti con alcune criticità in questo settore, alle quali si sommano le incertezze legate al processo costituente in corso. Eppure, nel futuro panorama politico cileno, il progetto dell’idrogeno verde resta centrale e indiscusso

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