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Metropolis – Le irrinunciabili sfide di Nuova Delhi

Analisi – Afflitta da anni da sovrappopolamento e crisi ambientali senza fine, prima della pandemia Nuova Delhi stava sperimentando un innovativo progetto di Smart City per risolvere i suoi problemi atavici. Ma l’emergenza sanitaria, sempre più grave nelle ultime settimane, rischia di vanificare ogni sforzo.

Settima tappa di Metropolis, il viaggio del Caffè Geopolitico alla scoperta del futuro delle grandi città del pianeta. Dopo Tokyo, è la volta di Nuova Delhi. Prossimo appuntamento giovedì 22 aprile con Nairobi.

Cos’è Delhi? Il mondo è il corpo, e Delhi è la vita

(Ghalib)

I NUMERI DELL’EMERGENZA

La pandemia sta colpendo con estrema durezza la capitale indiana, e il Paese nel suo insieme. Complici la sottovalutazione iniziale della gravità della situazione e il profondo degrado delle periferie estreme delle sue metropoli, l’India si ritrova ancora pienamente invischiata nella fase più calda della pandemia, nonostante in tutto il Paese siano state sin qui somministrate 83 milioni di dosi di vaccini, un dato ottimo in termini assoluti, ma altamente mediocre in rapporto alla totalità della popolazione. Nella capitale, in particolare, nelle scorse settimane le Autorità hanno dovuto far ricorso al coprifuoco per limitare gli spostamenti notturni della popolazione. Nuova Delhi, infatti, registra ancora numeri di contagio molto elevati, dopo aver già pagato un alto tributo con circa 725mila casi sin qui, e circa 11mila vittime. In particolare l’11 aprile la città ha registrato un totale di oltre 10.700 casi giornalieri, un aumento di circa il 166,4% rispetto alla settimana precedente. Ma soprattutto, dato più allarmante in prospettiva, un incremento di oltre il 2.500% rispetto a marzo. E mentre le Autorità locali corrono ai ripari cercando di incrementare il numero di letti ospedalieri a disposizione, l’uscita dal tunnel per Nuova Delhi sembra ancora estremamente lontana.

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Fig. 1 – Strade deserte a Nuova Delhi dopo l’imposizione di un nuovo coprifuoco notturno

PROBLEMI ATAVICI

La pandemia, che sta flagellando nazioni anche più ricche e progredite dell’India, ha però trovato un terreno di coltura sul quale attecchire facilmente a Nuova Delhi. La città assiste ormai da decenni a un incontrollato e incontrollabile fenomeno di sovrappopolamento che ha gonfiato a dismisura il numero di abitanti, fino a raggiungere 27 milioni nell’intera area urbana, con circa 700mila nuovi arrivi ogni anno. A partire dal 2005 la risposta delle Autorità è stata la costruzione di circa 43mila nuovi alloggi, a fronte però di un incremento di circa 10 milioni di abitanti. Per restare al passo con la crescita demografica andrebbero costruiti circa 800 milioni di metri quadri all’anno, praticamente le dimensioni di Chicago. I nuovi arrivi sono il frutto principalmente di fenomeni di migrazione interna, che portano le classi più disagiate delle province rurali a recarsi nella capitale in cerca di una vita migliore. Essi però finiscono per ingrossare le fila di periferie disperate e disagiate, senza servizi né assistenza, con condizioni di vita che, alla fine, si rivelano ben peggiori di quelle offerte dalle arretrate e remote province rurali. Se a tutto ciò si aggiungono i danni ambientali causati da questi meccanismi, ne esce fuori un mix letale che offre a un’emergenza sanitaria come quella attuale le migliori condizioni possibili per proliferare. Anche nel 2020, nonostante i mesi di lockdown, Nuova Delhi si è aggiudicata il poco invidiabile primato di capitale più inquinata al mondo, per il terzo anno di fila. Secondo i dati di IQAir la città ha registrato nel 2020 un tasso di particelle PM2,5 per metro cubo di aria pari a oltre il doppio di Pechino, con circa 54mila morti premature dovute proprio al tasso d’inquinamento dell’aria. Un degrado che si aggiunge all’altro grande dramma ambientale di Nuova Delhi, la scarsità di risorse idriche, ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici. Sovraffollamento urbano e degrado ambientale si intrecciano contribuendo inoltre ad alimentare un ulteriore, atavico, problema della società indiana: la crescita delle diseguaglianze sociali. Fenomeno non limitato al contesto di Nuova Delhi, come già osservato in altre metropoli, ma che qui si salda con la rigidità e la tendenza al settarismo della società indiana.

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Fig. 2 – Una densa cappa di smog nasconde allo sguardo il profilo di Nuova Delhi

SMART CITY(?)

Per tentare di imprimere una svolta ai fenomeni di degrado urbano, il Governo centrale ha lanciato nel 2015 la Smart Cities Mission, un programma rivolto a circa 100 città del Paese allo scopo di renderne più vivibile la vita per gli abitanti promuovendo partnership pubblico-privato e implementando sempre più l’uso della tecnologia per rispondere ai problemi più pressanti. Attraverso gli strumenti forniti dalla tecnologia, pertanto, le città del Paese (che ospitano in tutto 377 milioni di persone) dovrebbero essere in grado di gestire in maniera più efficiente alcuni settori cruciali della vita delle metropoli, dalla gestione dei rifiuti all’energia, fino alla mobilità urbana. Nel caso di Nuova Delhi erano stati sin qui proposti circa 36 progetti concentrati su una minima parte della città, riguardanti svariati settori quali la mobilità, la sanità, l’educazione, ma anche illuminazione pubblica e rete idrica, per un totale di circa 18,97 miliardi di rupie indiane. Un’idea ambiziosa frenata però ora dalla pandemia, che ha costretto ad arrestare i vari progetti per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Se il progetto Smart Cities può rappresentare una boccata d’ossigeno per una metropoli sempre più in difficoltà, non mancano però le perplessità di quanti temono che l’ondata tecnologica sulla metropoli serva solo ad amplificarne ulteriormente le disparità. Confinando e ghettizzando sempre più i poveri e gli emarginati, spingendoli in bidonville insalubri e prive di opportunità. In bilico tra questo slancio futuristico e il rischio di incancrenire definitivamente i propri demoni, Nuova Delhi si interroga su cosa la aspetterà dopo la pandemia.
Rivoluzionata dalla dominazione britannica anche nella sua architettura, la metropoli indiana è da sempre alla ricerca di una propria, forte, identità. Memore di un passato che cerca in ogni modo di lasciarsi alle spalle facendo da capofila all’incessante progresso economico del Paese, la capitale è però trattenuta dai problemi atavici di cui non riesce a liberarsi. Tra sovraffollamento e degrado ambientale, Nuova Delhi è il paradigma di cosa una grande metropoli non vuole diventare in futuro, punto di riferimento rovesciato, soprattutto per le grandi città occidentali, che guardano le sue distese senza speranza con un misto di orrore e preoccupazione. Ancor più vero in proiezione post-pandemica, dopo la dimostrazione plastica dell’insostenibilità del vivere in queste condizioni. I progetti di Smart Cities sono una prima risposta al degrado, ma non basteranno se non saranno accompagnati dal porre un freno alle diseguaglianze sociali e al degrado ambientale che amplifica questi processi e rende malsano il contesto urbano.
Una sfida esiziale, ma non più rinviabile.

Luca Cinciripini

Immagine in evidenza: Akshardham Temple” by RussBowling is licensed under CC BY

Dove si trova

Perchè è importante

  • La pandemia procede a ritmi incessanti a Nuova Delhi, dove i numeri del contagio continuano a crescere e costringono le Autorità a imporre ulteriori restrizioni alla popolazione.
  • Sovraffollamento urbano, degrado ambientale e diseguaglianze sociali affliggono la città, e l’India intera, da prima della pandemia. L’emergenza sanitaria ha trovato così un ideale incubatore di diffusione e rischia di aggravare la situazione.
  • Un progetto volto a rendere Nuova Delhi una Smart City, per migliorarne la qualità della vita, era stato concepito prima della pandemia. Ora che l’emergenza ha bloccato tutto, c’è chi teme che l’ondata tecnologica finisca per incrementare le fratture sociali tra ricchi e poveri.

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Luca Cinciripini
Luca Cinciripini

Nato nel 1991, laureato in Giurisprudenza e attualmente dottorando in Istituzioni e Politiche presso l’Università Cattolica di Milano. I miei interessi di ricerca sono concentrati in particolare sulle politiche di sicurezza e di difesa europee, i rapporti tra NATO e UE e la politica estera comunitaria. Da grande amante del mondo anglosassone, seguo anche tutte le vicende rilevanti della politica e della società britannica.

Ma, soprattutto, tre cose non possono mancare mai per me: l’Inter, il cinema e gli U2.

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