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InstabilitĂ  del Portogallo e possibili riflessi europei

In 3 sorsi – In data 4 ottobre un nuovo tassello si è aggiunto al già complesso mosaico formato dall’insieme dei Paesi che rischiano di minare le fondamenta dell’UE. Le elezioni svoltesi in Portogallo, infatti, non danno allo Stato la possibilità di avere una maggioranza stabile formata unicamente da partiti europeisti. Quali esiti sono prevedibili per il futuro del Paese e per l’Unione nel suo complesso?

1. LE ELEZIONI – Una nuova nube carica di instabilità aleggia alle frontiere dell’Unione Europea. Il Portogallo, infatti, dopo le elezioni del 4 ottobre scorso, si trova in una situazione abbastanza complessa. Nonostante i risultati elettorali abbiano sancito la vittoria di Portugal à Frente – coalizione formata dal Partido Social Democrata del Primo ministro uscente Pedro Passos Coelho e dal Partido Popular – con il 38,6% dei consensi e 107 seggi parlamentari ottenuti, ciò non è bastato a raggiungere i 116 seggi necessari per avere la maggioranza assoluta (risultato raggiunto, invece, nelle elezioni del 2011, quando il PàF ottenne 132 seggi). Il Partido Socialista, guidato da António Costa e rivale storico del fronte posizionato alla sua destra, si conferma il secondo del Paese conquistando il 32,3% dei consensi e 86 seggi in Parlamento. L’outsider è, però, il Bloco de Esquerda, formazione di sinistra radicale guidata da Catarina Soares Martins: dopo avere raddoppiato i suoi consensi rispetto alle elezioni del 2011 – passando dal 5,2% con 8 seggi al 10,2% con 19 seggi – si afferma come terzo partito più votato. Tale formazione si è mostrata abile a sfruttare il malcontento generato dalle misure di austerity imposte da Coelho, abilità che le ha consentito di sopravanzare l’altra coalizione che gravita nell’ambito della sinistra radicale, la Unitary Democratic Coalition guidata da Jerónimo de Sousa, che comprende il partito comunista portoghese e i verdi. Quest’ultima formazione ha totalizzato all’incirca il medesimo risultato delle elezioni precedenti, guadagnando solo lo 0,4% in più e conseguendo 17 seggi. Chiude la distribuzione dei seggi il Pessoas-Animais-Natureza, partito animalista, che grazie al 1,4% ottenuto ha diritto a 1 deputato in Parlamento.

RISULTATI

Fig. 1La composizione del Parlamento portoghese dopo le elezioni del 4 ottobre.

2. CHI GOVERNA? – La situazione si è mostrata fin da subito assai intricata. Il Portogallo, infatti, accusa ancora i colpi derivanti dalla crisi del 2008. Nel 2011, per fare fronte alle necessitĂ  economiche del Paese, fu siglato un programma triennale di assistenza con la Troika (Commissione Europea – BCE – Fondo Monetario) del valore di 78 miliardi di euro, che impose dure misure di austerity al fine di riordinare i conti dello Stato. Nel 2014 il Portogallo, al termine del programma, ha visto la sua economia ristabilizzata e lanciata verso una crescita prevista del PIL del 1,6% nel 2015 e del 1,5% nel 2016, una disoccupazione in calo e una riduzione sensibile del debito pubblico. Le misure adottate dal Governo al fine di rispettare i parametri imposti dalla Troika, però, hanno scontentato numerosi elettori che, nonostante i dati macroeconomici positivi, hanno deciso di penalizzare la coalizione del Primo Ministro uscente Coelho togliendole quasi il 12% dei consensi e, di conseguenza, la possibilitĂ  di governare in autonomia. Le formazioni di sinistra, invece, si sono mostrate pronte a governare: la somma dei seggi a loro disposizione, infatti, si attesta a 123. Il leader del Partido Socialista ha avuto fin da subito, dunque, i numeri per ricevere la fiducia parlamentare con l’appoggio delle formazioni della sinistra radicale. Nonostante le premesse, il 22 ottobre, il Presidente AnĂ­bal Cavaco Silva – di orientamento liberale, ex Primo Ministro del Portogallo, ex presidente del Consiglio Europeo e appartenente al PSD –, ha optato per riaffidare l’incarico a Pedro Coelho con il compito di costituire un governo di minoranza. La decisione presa è stata motivata dal Presidente con un messaggio alla nazione nel quale ha affermato che: «In quarant’anni di democrazia, i Governi portoghesi non hanno mai dipeso da fazioni politiche anti-europeiste […]», ragion per cui non ha ritenuto plausibile la possibilitĂ  di affidare l’incarico di formare un governo al leader del partito socialista che, per governare, avrebbe dovuto contare sui voti forniti dalle due formazioni della sinistra radicale, dichiaratamente euroscettiche e ostili alla permanenza del Portogallo nella NATO. Silva ha poi aggiunto: «Dopo aver completato un programma di aiuti finanziari molto esigente, che ha comportato pesanti sacrifici per i portoghesi, è mio dovere, nei limiti del mio mandato costituzionale, fare tutto il possibile per evitare che segnali sbagliati vengano trasmessi a istituzioni finanziarie, investitori e mercati, mettendo in discussione la fiducia all’esterno nei confronti del Paese e la credibilitĂ  che ci siamo guadagnati con grandi sforzi». La scelta del Presidente portoghese, però, si è dimostrata infelice e il 10 novembre – pochi giorni dopo l’attribuzione dell’incarico a Coelho – le formazioni di sinistra – con la totalitĂ  dei voti a loro disposizione – hanno respinto il programma proposto dal leader del PĂ F, provocandone la caduta. L’onere della decisione sul futuro del Paese, dunque, è tornata nelle mani di Cavaco Silva.

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Fig. 2 – Pedro Passos Coelho parla ai suoi sostenitori dopo la vittoria del 4 ottobre.

3. LE PROSPETTIVE – L’articolo 172 della Costituzione portoghese, prevedendo l’impossibilitĂ  di scioglimento dell’Assemblea prima di sei mesi dalla sua entrata in carica, ha obbligato infine Silva a trovare una soluzione interna al Parlamento stesso. Per questa ragione, il Presidente portoghese, dopo quasi due mesi di ostracismo, ha deciso di affidare l’incarico di formare un esecutivo al leader del partito socialista, l’unico in grado di ricevere la fiducia del Parlamento.  Costa aveva infatti concluso da tempo degli accordi separati con le forze di sinistra al fine di trovare dei punti di incontro sui quali costruire una legislatura. Tuttavia, l’esperienza della sinistra – che vede il sostegno dell’ala piĂą radicale per la prima volta dopo la Rivoluzione dei Garofani – si avvia con difficoltĂ  notevoli in quanto le posizioni delle varie formazioni sono abbastanza distanti: il Partito Socialista è storicamente europeista e ha giĂ  espresso l’intenzione di rispettare i patti stipulati con l’Unione Europea. Alla sua sinistra, però, ha delle forze fieramente euroscettiche, e per ottenere il loro sostegno saranno imprescindibili alcune concessioni. Queste non sembrano però in grado di minare l’appartenenza del Portogallo all’Unione Europea o alla NATO: senza dubbio le politiche di austerity subiranno delle attenuazioni – in tal senso sono giĂ  stati promessi, ad esempio, l’innalzamento del reddito minimo, la sospensione delle privatizzazioni, la riduzione dell’Iva sulla ristorazione e il ripristino di alcuni sussidi alle famiglie piĂą povere – ma la direttrice sembra, allo stato attuale, immutabile. Proprio per questa ragione le forze della sinistra radicale non si sono unite in coalizione con il Partito Socialista – del quale non condividono la maggior parte delle posizioni – e i patti di intesa che hanno sottoscritto li vincolano solo al sostegno parlamentare esternamente al Governo stesso: l’esecutivo sarĂ  infatti formato unicamente da ministri socialisti o indipendenti. In aggiunta, il Presidente Silva ha richiesto al leader socialista di sottoscrivere un documento di garanzia con il quale impegna il suo Governo a rispettare gli impegni internazionali presi. Le forze della sinistra radicale, come era lecito aspettarsi, si sono rifiutate di sostenere tale documento. Resta da capire se Costa potrà governare a lungo tramite l’appoggio di partiti che possiedono una visione ideologica così differente dalla sua. Il neonato Governo, infatti, non appare particolarmente stabile, e l’ipotesi di elezioni anticipate non così remota. Nondimeno, se il Paese preso singolarmente non sembrerebbe capace di porre una sfida rilevante all’assetto europeo, vagliando il framework all’interno del quale si inserisce la crisi portoghese non è possibile avanzare previsioni troppo ottimiste sul futuro dell’Unione: tra la crisi dei migranti, la situazione greca, l’ipotetica Brexit, l’ostilitĂ  di alcuni Paesi membri verso redistribuzioni dei rifugiati, la possibile vittoria di Marine Le Pen in un Paese chiave come la Francia e il recente, tragico, attentato a Parigi, l’instabilitĂ  del Portogallo potrebbe essere l’ennesimo tassello in grado di aggravare l’insieme delle sfide lanciate all’idea di Europa.

Simone Zuccarelli

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Un chicco in piĂą

  • Il Portogallo è una Repubblica semi-presidenziale: in questa forma di governo il Capo di Stato è investito di maggiori poteri e prerogative diverse rispetto a quelle in vigore, ad esempio, in Italia. Per tale ragione, la decisione presa dal Presidente di nominare Coelho per formare un governo non può essere considerata un colpo di stato come alcuni giornali hanno sostenuto. L’articolo 187 della Costituzione portoghese, infatti, attribuisce il compito di nominare il Primo ministro proprio al Presidente – che ha scelto, tra l’altro, il leader del partito vincente.
  • Il Portogallo ha un sistema parlamentare monocamerale. I deputati sono 230 e sono eletti con un sistema elettorale proporzionale con liste bloccate. La legislatura ha durata quadriennale.
  • Il Presidente portoghese viene eletto direttamente dal popolo ogni quattro anni. Le prossime elezioni, che si terranno a gennaio, potrebbero rappresentare un’ulteriore svolta a sinistra del Paese in quanto potrebbe essere eletto proprio un candidato proveniente da quell’area politica.
  • Il Portogallo, in quanto membro fondatore NATO, è parte dell’Alleanza dal 1949.
  • La Rivoluzione dei Garofani (1974) è stata un colpo di Stato portato avanti da militari portoghesi volto alla destituzione del dittatore AntĂłnio Salazar e all’instaurazione di un regime democratico nel Paese.
  • Il Portogallo è membro dell’Unione Europea dal 1986.

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Foto: Organisation for Economic Co-operation and Develop

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Simone Zuccarelli
Simone Zuccarelli

Classe 1992, sono dottore magistrale in Relazioni Internazionali. Da sempre innamorato di storia e strategia militare, ho coltivato nel tempo un profondo interesse per le scienze politiche. 

A ciò si è aggiunta la mia passione per le tematiche transatlantiche e la NATO che sfociata nella fondazione di YATA Italy, sezione giovanile italiana dell’Atlantic Treaty Association, della quale sono Presidente. Sono, inoltre, Executive Vice President di YATA International e Coordinatore Nazionale del Comitato Atlantico Italiano.

Collaboro o ho collaborato anche con altre riviste tra cui OPI, AffarInternazionali, EastWest e Atlantico Quotidiano. Qui al Caffè scrivo su area MENA, relazioni transatlantiche e politica estera americana. Oltre a questo, amo dibattere, viaggiare e leggere. Il tutto accompagnato da un calice di buon vino… o da un buon caffè, ovviamente!

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