Il Giro del Mondo in 30 Caffè – L’eredità di Obama sarà positiva, quantomeno per quanto riguarda la sfera dell’economia. La crescita rimarrà sostenuta anche nel 2016, ma vi saranno incognite relative all’andamento della politica monetaria, tornata restrittiva dopo la mossa della Fed che a fine 2015 ha rialzato i tassi di interesse.
IERI – Il doppio mandato presidenziale di Barack Obama è stato – e continuerà ad essere – molto discusso, non solo per la politica estera decisamente più “riluttante” o meno “interventista” rispetto a quella messa in campo dai suoi predecessori (sia Bush che Clinton), ma anche per misure adottate in politica interna come l’estensione universale della copertura assicurativa per l’assistenza sanitaria che gli sono valse accuse di “socialismo” da parte delle frange più conservatori del Partito Repubblicano. Tuttavia, pochi potranno negare che in economia la Presidenza Obama ha avuto sostanzialmente un buon successo, riportando gli Stati Uniti a crescere quasi immediatamente dopo la brusca battuta d’arresto del 2009 provocata dallo scoppio della crisi finanziaria. Gli USA hanno chiuso il 2015 con un PIL in crescita al 2,6% e una disoccupazione stabile al 5%, uno dei tassi più bassi fra le economie sviluppate.
Fig. 1 – Barack Obama appare perplesso all’inizio del suo ultimo anno di mandato presidenziale
OGGI – L’evento più importante in chiusura di 2015 è stata senza dubbio la decisione della Federal Reserve (la Banca Centrale statunitense) di porre fine alla fase di politica monetaria espansiva (il cosiddetto “Quantitative Easing”) e procedere ad un rialzo dei tassi di interesse per la prima volta dal 2006 dallo 0,25 allo 0,5%. Un segnale atteso, ma inequivocabile della volontà da parte di Janet Yellen di procedere verso una normalizzazione della politica monetaria, in un momento considerato ormai “maturo” (a livello interno) per assorbire questa decisione senza troppi shock.
Tuttavia, non è solo la Fed ad influenzare le scelte della Casa Bianca in politica economica. Anche il Congresso, infatti, ha giocato un ruolo chiave tenendo bloccata per cinque anni una decisione importante per la governance mondiale: la riforma delle quote di capitale in seno al Fondo Monetario Internazionale, approvata nel 2010 e rimasta “congelata” fino a poche settimane fa. Il 18 dicembre il Congresso ha finalmente concesso il via libera, togliendo dall’imbarazzo la Presidenza che per anni aveva dovuto subire critiche nei forum multilaterali.
Fig. 2 – Janet Yellen al timone della Fed: le sue decisioni saranno molto importanti
DOMANI – Le prospettive per l’economia USA rimangono positive, anzi ancora migliori rispetto all’anno concluso: il PIL è dato (secondo il FMI) ancora in crescita al 2,8%. Non tutto però è da considerarsi positivo: nonostante la bassa disoccupazione, infatti, i salari stanno subendo una progressiva compressione dettata dalla riduzione del peso del lavoro nella composizione del reddito nazionale. La crescente importanza di altri fattori, come capitale e tecnologia, mettono infatti i lavoratori in una posizione di svantaggio.
A livello esterno, l’influenza della Fed sarà determinante nel tracciare la dinamica dei tassi di cambi internazionali: l’apprezzamento del dollaro metterà pressioni sulle altre valute (soprattutto Euro e Renminbi) inducendo ad un loro deprezzamento. Inoltre, un dollaro più forte significa anche che i Paesi emergenti subiranno un deflusso di capitali che si dirigeranno in cerca di rendimenti più interessanti denominati in valuta statunitense. Inoltre, al Congresso sarà chiesta la ratifica della Trans-Pacific Partnership: un traguardo fortemente voluto da Obama, ma da non considerare scontato, anche per via di una posizione non del tutto favorevole da parte di Hillary Clinton. Sarà dunque un 2016 positivo, ma con dei fattori di rischio che potranno incidere in maniera significativa sull’eredità di Barack Obama, comunque positiva quantomeno nella sfera dell’economia.
Davide Tentori
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
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Foto: Stephen D. Melkisethian