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ALBA: ascesa e declino del sogno egemonico venezuelano

In 3 sorsi – L’ALBA è un’organizzazione creata dal Venezuela per espandere la propria influenza in America latina. Dopo anni di successo, la crisi socio-economica di Caracas ed il crollo del prezzo del petrolio hanno fortemente minato l’organizzazione, mettendo in discussione la sua esistenza

1. LE ORIGINI DELL’ALBA – Il primo pilastro di quella che sarebbe diventata l’ALBA fu l’accordo tra Venezuela e Cuba, firmato nel 2004 dai leader dei due Paesi, rispettivamente Hugo Chávez e Fidel Castro. In base a tale accordo, il Venezuela si impegnava a far pervenire a Cuba dagli 80.000 ai 100.000 barili di petrolio al giorno, mentre in cambio il Governo castrista inviava una folta schiera di dottori e professori cubani.
L’accordo, almeno nel breve periodo, si rivelava vantaggioso per entrambe le parti. L’idea (o forse l’ideologia) alla base della nuova organizzazione consisteva nel tentativo di produrre un nuovo modello sociale latino americano basato sulla lotta alla miseria, alla diseguaglianza ed in favore della solidarietĂ  tra le genti del continente, in alternativa al piĂą liberista degli esempi, quello statunitense.
In pratica, da un lato l’Avana riceveva un’enorme quantitĂ  di petrolio sussidiato, che costituiva una boccata d’ossigeno per l’economia dell’isola, sempre piĂą schiacciata sotto il peso delle sanzioni USA e dell’isolamento internazionale. Dall’altro invece il Venezuela, grazie ai professionisti cubani, riusciva a colmare le proprie carenze di personale specializzato.
Su questi principi alla fine del 2004 venne quindi lanciata ALBA-TCP, ovvero Alternativa Bolivariana per i Popoli della Nostra America – Trattato di Commercio dei Popoli (il termine Alternativa venne poi cambiato in Alleanza, su richiesta di Chávez, nel 2009).
La neonata organizzazione venne dotata di una banca destinata a finanziare progetti di sviluppo e di un canale televisivo, chiamato Telesur, che trasmetteva notizie ed interviste all’interno del blocco. In breve tempo Telesur si trasformò in un formidabile strumento di propaganda, e lo stesso Chávez utilizzò il canale per illustrare le misure del suo Governo e per diffondere le proprie idee, apparendo ogni settimana nella trasmissione Aló Presidente.

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Fig. 1 – Il Presidente Chávez durante la sua trasmissione AlĂł Presidente

Tuttavia, la vera forza del Venezuela risiedeva nella ricchezza del sottosuolo, e nel dicembre del 2004 Caracas inaugurò Petrocaribe, un’alleanza tra la compagnia petrolifera venezuelana PDVSA e quelle di vari Paesi caraibici. In base a tale patto, i Paesi membri potevano acquistare petrolio dal Venezuela ad un prezzo sussidiato dal 5% al 50% del totale, mentre il resto della somma doveva invece essere saldato in un arco di tempo dai 17 ai 25 anni con un interesse dell’1%.
Condizioni così favorevoli resero Petrocaribe estremamente interessante per i Paesi della regione, tanto che l’organizzazione arrivò ben presto a contare 18 membri, tutti Paesi appartenenti all’area dei Caraibi o dell’America centrale. Inizialmente Petrocaribe venne creata come separata dall’ALBA, ed alcuni Paesi, quali per esempio Giamaica e Repubblica Dominicana, divennero membri della prima e non della seconda. Ben presto, però, le due organizzazioni si mescolarono al punto che Petrocaribe iniziò ad essere considerata come il “braccio” economico ed energetico dell’ALBA.

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Fig. 2  – Un vertice di Petrocaribe

2. GLI ANNI DEL SUCCESSO – Il periodo successivo al 2005 segnò l’apogeo dell’ALBA: la prodigalitĂ  del Governo di Caracas e l’ampia disponibilitĂ  di medici e professori cubani, grazie ai quali venne lanciato un ampio programma per eradicare epidemie ed analfabetismo, resero l’organizzazione molto popolare presso un crescente numero di Paesi, che iniziarono a fare domanda d’ingresso. Il primo ad unirsi, nel 2007, fu il Nicaragua, seguito poi da numerosi Stati caraibici e mesoamericani.
Minore fu invece il successo riscosso dall’ALBA in Sud America, tanto che solo Bolivia ed Ecuador decisero di prender parte all’alleanza. Oltre ad espandersi in termini di membri, l’ALBA iniziò a rafforzare il proprio ruolo nella collaborazione economica tra Paesi membri, e nel 2009 si arrivò alla creazione di una moneta virtuale comune, chiamata Sucre, che avrebbe dovuto essere usata negli scambi commerciali interni all’ALBA in sostituzione del dollaro statunitense. Fino ad ora però la nuova valuta ha avuto un successo limitato, ed è rimasta largamente inutilizzata.

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Fig. 3  – Un vertice dei Capi di Stato dell’ALBA

A livello politico, i risultati dell’ALBA sono stati ambigui. Da un lato, il Venezuela ha espanso la propria influenza politica ad un vasto numero di Paesi, i quali a loro volta hanno spesso appoggiato le posizioni del Venezuela sia in ambito ONU sia contro gli Stati Uniti.
Dall’altro lato invece Caracas ha avuto molto meno successo nella diffusione del proprio modello socio-economico il quale, con le eccezioni di Bolivia ed Ecuador, è stato generalmente rifiutato dai Paesi dell’ALBA. Allo stesso tempo molti Stati membri, pur condividendo la retorica della lotta contro l’imperialismo USA, hanno continuato ad intrattenere ottime relazioni con gli Stati Uniti sia in ambito politico che in ambito commerciale.

3. LO SCENARIO PRESENTE – Dopo la morte di Hugo Chávez, avvenuta nel 2013, il suo successore Nicolás Maduro non è riuscito a calmare il malcontento popolare dovuto allo stile di Governo autoritario ed alla gestione irresponsabile della grande ricchezza economica. La caduta del prezzo del petrolio, principale fonte di ricchezza venezuelana, ha ulteriormente aggravato la situazione, spingendo il Paese sull’orlo del fallimento. Di conseguenza, anche Petrocaribe è entrata in crisi, ed il Governo di Maduro ha dovuto tagliare della metĂ  la fornitura di petrolio ai Paesi membri, mentre allo stesso tempo si è visto costretto ad esigere ben prima del termine i debiti accumulati dai vari Stati.
L’indebolimento del Venezuela si è ovviamente fatto sentire anche all’interno dell’ALBA, modificando gli equilibri geopolitici della regione. A livello ufficiale, i Paesi membri non hanno cessato di offrire il proprio sostegno a Caracas. Ad esempio, di fronte alle sanzioni imposte dagli USA al Venezuela per il peggioramento della situazione democratica interna, l’ALBA ha risposto all’unisono condannando la decisione di Washington. Allo stesso tempo, tuttavia, molti membri si sono proposti per mediare nella crisi tra i due Paesi, dando prova che i tempi della contrapposizione muro contro muro sembrano essere definitivamente tramontati.
Parallelamente a quanto avvenuto per Petrocaribe, la crisi del Venezuela ha fortemente colpito anche i Paesi membri di ALBA, soprattutto quelli che erano diventati fortemente dipendenti dagli aiuti di Caracas, come Cuba ed il Nicaragua. Di fronte a questo nuovo scenario, gli Stati membri hanno iniziato a guardare altrove per trovare finanziamenti, rivolgendosi soprattutto a Cina ed USA. A tal riguardo, è emblematico il comportamento di Cuba, che dopo decenni di contrapposizione ha iniziato un lento disgelo nei confronti del vecchio nemico statunitense. Questi capovolgimenti hanno di fatto segnato la fine delle ambizioni del Venezuela ed hanno danneggiato gli stessi pilastri su cui ALBA si erge.
In un prossimo futuro, anche qualora  l’ALBA riuscisse a sopravvivere, l’organizzazione perderebbe probabilmente ogni tipo di rilevanza politica ed economica, andandosi a trasformare in una delle tante organizzazioni pleonastiche ed inefficienti che caratterizzano lo scenario latinoamericano.

Umberto Guzzardi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

L’ALBA-TCP è composta da 11 Stati membri, ovvero Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Dominica, Ecuador, Grenada, Nicaragua, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine e Venezuela.
L’Honduras, precedentemente membro, è stato espulso nel 2010 in seguito ad un colpo di Stato.  [/box]

Foto: chavezcandanga

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Umberto Guzzardi
Umberto Guzzardi

Nato a Novara nel 1991, appassionato di geopolitica, relazioni internazionali, storia antica e moderna, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’UniversitĂ  di Bologna campus di Forlì. Ha trascorso vari periodi di studio all’estero, tra cui uno in Lituania ed un altro a Buenos Aires. Attualmente viaggia spesso per lavoro tra Europa e Africa.

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