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Sottomarini francesi e non giapponesi per l’Australia: occasione sprecata?

Miscela Strategica – A fine aprile il Governo australiano ha confermato che, relativamente alla gara d’appalto per la costruzione di nuovi sottomarini per la propria marina militare, il modello vincitore è lo Shortfin Barracuda Block 1-A prodotto dalla società francese DCNS, del quale verranno prodotti 12 esemplari

La sconfitta per il Soryu giapponese appare come un’occasione sprecata non solo per il Giappone, ma anche per gli Stati Uniti. Vediamone le ragioni

LA SFIDA STATUNITENSE NEL PACIFICO – A partire dalla Seconda Guerra Mondiale, l’Oceano Pacifico, il più grande per estensione del nostro pianeta (165,2 milioni di km²), rappresenta un teatro di fondamentale importanza per la politica estera degli Stati Uniti d’America. I motivi che lo rendono estremamente rilevante per gli USA sono molteplici, e si inseriscono all’interno del pivot to asia, ovvero lo spostamento del focus e delle risorse politico-economico-militari a quest’area. Innanzitutto, lungo le sue coste orientali sorgono alcune delle città e dei porti più importanti per gli Stati Uniti, come Los Angeles, San Francisco e Seattle. Dai porti di queste città si diramano numerose arterie commerciali dirette verso il Pacifico occidentale sulle quali annualmente vengono esportate ed importate migliaia di tonnellate di merce. Nel Pacifico sono inoltre situate numerose installazioni militari, tra cui diverse basi navali o aeree. Queste installazioni si trovano sia in territorio statunitense, come Pearl Harbor o Guam, sia straniero, come la base di Okinawa in Giappone, Singapore o le basi aeree nelle Filippine recentemente aperte a mezzi e uomini delle forze armate USA in seguito a un accordo bilaterale tra i due Paesi. Infine, per gli Stati Uniti, il Pacifico ricopre un ruolo politico: nelle sue acque si trovano alcuni dei grandi alleati dell’America, come Giappone, Australia, Corea del Sud e Filippine, ma non solo. Esattamente all’altro estremo di questo esteso oceano si trova la Cina, la cui sensibile crescita economica l’ha resa un grande partner e competitor economico degli Stati Uniti. Nonostante ciò, le sue ambizioni territoriali e la conseguente politica di espansione, causa di forte instabilità nel Mar Cinese meridionale, potrebbero eventualmente trasformarla anche in un avversario militare.

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””] Forze sottomarine dei principali attori

  • USA: 54 sottomarini d’attacco, 14 armati con missili balistici e 4 con missili da crociera
  • Cina: 58 sottomarini d’attacco e 4 armati con missili balistici
  • Australia: 6 sottomarini d’attacco classe Collins, 12 futuri Shortfin Barracuda
  • Giappone: 17 sottomarini d’attacco
  • Russia: 40 sottomarini d’attacco, 13 armati con missili balistici e 7 con missili guidati
  • Corea del Nord: circa 70 sottomarini di vario tipo, ma ormai datati [/box]

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Fig.1: USS Tuscon, sottomarino d’attacco classe Los Angeles, durante un’operazione al largo della Corea, 26 luglio 2010 

UN’OCCASIONE SPRECATA –  Durante l’ultima settimana di aprile, il Governo australiano ha comunicato la vittoria della compagnia francese DCNS nella gara d’appalto per la produzione di 12 nuovi sottomarini d’attacco Shortfin Barracuda Block 1-A, alla quale avevano partecipato anche una ditta tedesca ed una giapponese. La scelta di Canberra nasce dall’impellente necessità di aggiornare la propria forza sottomarina al fine di sostituire gli ormai vetusti vascelli classe Collins. Lo Shortfin Barracuda scelto dal Governo di Canberra sembra giustificare questa decisione in quanto, rispetto al Type-216 tedesco e al Soryu giapponese, offre capacità e tecnologie all’avanguardia che soddisfano efficacemente i requisiti da esso delineati. Nonostante possa quindi essere corretta da un punto di vista qualitativo per l’Australia, questa decisione rappresenta un risultato deludente per Giappone e USA. Per entrambe le potenze, ma in particolar modo per gli Stati Uniti, la decisione del Governo australiano costituisce infatti un’occasione sprecata sotto molteplici punti di vista, il primo dei quali, e il più rilevante, è legato all’assetto geostrategico della regione. La strategia statunitense del pivot verso l’area del Pacifico è di grande rilevanza nell’agenda politico-militare di Washington. L’obiettivo di questa strategia è di dare vita ad una solida coalizione di potenze alleate sia da un punto di vista politico – unendo gli stati con interessi e obiettivi comuni sotto un unico ombrello – che militare – dislocando un’adeguata presenza navale per garantire la sicurezza regionale. Questa coalizione è molto importante per gli USA nell’ottica del confronto all’espansione cinese nell’area, in particolare negli arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale. In quest’ottica, l’accordo per l’acquisto dei sommergili Soryu giapponesi avrebbe avuto un forte significato strategico per lo status della regione, avvicinando politicamente i tre stati e rafforzando la loro capacità navale complessiva. Prontezza ed efficienza delle forze sottomarine in un potenziale conflitto militare contro la Cina sono parametri di vitale importanza, in particolar modo per gli Stati Uniti, in quanto tali forze sono destinate a proteggere gli asset navali più preziosi nel teatro del Pacifico, le portaerei. Un efficiente supporto logistico e l’expertise tecnologica necessari per garantire un grado di prontezza ottimale dei vascelli sono quindi fondamentali, e un partner geograficamente “vicino” in grado di fornire tali servizi, in questo caso il Giappone, è molto più vantaggioso che uno “lontano”, come la Francia. In aggiunta a ciò, l’affidabilità e la conoscenza delle sue prestazioni derivate dalle esercitazioni congiunte tra USA e Giappone, configuravano il Soryu come candidato ottimale per garantire una superiore interoperabilità tra le forze armate australiane e quelle alleate, peraltro già coinvolte nel programma d’acquisizione dei nuovi  Joint Stike Fighter F-35. Infine, la scelta del Governo australiano rappresenta anche una “sconfitta” nell’ambito di una maggiore cooperazione economica tra alleati regionali nel campo degli armamenti: l’acquisto dei Soryu avrebbe garantito al Giappone una considerevole fonte d’introiti, ma questo affare avrebbe probabilmente portato benefici sia per gli Stati Uniti che per l’Australia.

Fig.1 Sottomarino giapponese classe Soryu ormeggiato nella base di Guam, 2013.

Fig.2 – Sottomarino giapponese classe Soryu ormeggiato nella base di Guam, 2013

[toggle title=”Sottomarino classe Soryu” state=”close”]Sottomarino d’attacco a propulsione diesel di produzione giapponese. Dotato di strumentazioni avanzate, di un design idrodinamico e di rivestimento anecoico, il Soryu è un vascello molto manovrabile e silenzioso. Un sistema di propulsione AIP (Air Indipendent Propulsion) garantisce inoltre una prolungata autonomia subacquea che gli permette di rimanere immerso per lungo tempo prima di riemergere per caricare le proprie batterie. È dotato di 6 tubi lancia-siluri da 533mm in grado di lanciare siluri Type-89 e missili antinave Harpoon UGM-84.[/toggle]

[toggle title=”Shortfin Barracuda Block 1-A” state=”close”]Progettato specificamente per la Marina australiana, deriva dal modello a propulsione nucleare in dotazione alla Marina francese ed è al momento uno dei sottomarini più tecnologicamente avanzati. Un sistema di propulsione all’avanguardia fornisce al Barracuda un’ottima autonomia e garantisce minime emissioni acustiche, evitando inoltre la cavitazione delle eliche. La DCNS afferma inoltre che dispone del sonar passivo più accurato mai installato su un sottomarino di queste dimensioni. Questo vascello sarà in grado di lanciare siluri, missili anti nave e missili cruise, anche se non sono state ancora rilasciate informazioni dettagliate a riguardo.[/toggle]

SARÀ STATA LA SCELTA GIUSTA? – Sebbene il Governo australiano abbia subito reiterato il legame profondo che lo lega al Giappone a seguito dell’annuncio sulla scelta dei sottomarini francesi, le conseguenze di questa vicenda sono difficili da prevedere. È chiaro che la cooperazione politico-economico-militare tra Australia, Giappone e Stati Uniti, basata su interessi e necessità concordanti, non cesserà tutta d’un tratto, ma questa decisione potrebbe essere causa di ripercussioni negative sui i tre Paesi. Innanzitutto, potrebbe configurarsi come un pericoloso precedente, in quanto potrebbe portare l’Australia a cercare nuovi mercati per la compravendita di sistemi d’arma lontano da quello giapponese o americano (dal quale proviene circa il 70% del totale delle importazioni di armamenti), come per esempio quelli europei o asiatici. In aggiunta a ciò, questa scelta lascia del rimpianto all’idea di cosa avrebbe potuto produrre. Grandi commesse per l’acquisto o la vendita di sistemi d’arma come questa danno spesso vita a forti e duraturi legami commerciali tra i Paesi contraenti. In questo caso, la decisione di Canberra di non optare per i sottomarini giapponesi Soryu blocca quindi sul nascere un’intensificazione dell’attività di importazione ed esportazione di sistemi d’arma da parte del Giappone, e previene quindi ricadute positive per entrambi i Paesi e anche per gli Stati Uniti. Per concludere, la correttezza o meno della scelta di optare per il Shortfin Barracuda, tecnologicamente molto avanzato, rispetto al Soryu, molto affidabile e già ben collaudato, si potrà valutare solo nel prossimo futuro. È però innegabile l’amaro in bocca rimasto a Giappone e Stati Uniti al pensiero dei benefici che un’occasione tale avrebbe potuto dare.

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Fig. 3 – Soldato australiano a bordo di un veicolo durante l’esercitazione “Talisman Sabre” tra le forze armate di Stati Uniti, Australia e, dal 2015, anche Giappone, 9 luglio 2015

LE PROSPETTIVE FUTURE – L’accordo è ormai stato firmato, la DCNS francese riceverà i fondi australiani per costruire i nuovi sottomarini per la Royal Australian Navy (RAN), le industrie giapponesi no. Nonostante questo accordo abbia un forte significato per l’Australia, che andrebbe a raddoppiare la propria forza sottomarina (da 6 a 12 vascelli), le prospettive non sono delle più rosee. Sono già infatti sorte forti critiche in merito al numero totale di sottomarini preventivati, ovvero 12, considerato eccessivo in relazione alle necessità della Marina australiana. Elemento ancora più preoccupante è il fatto che, nonostante ci siano solo 6 sottomarini Collins in servizio, la RAN è in grado fornire equipaggi solo per la metà e ciò crea serie preoccupazioni se nel futuro i sottomarini da mantenere operativi saranno il doppio. Tali considerazioni potrebbero portare in extremis a riformulare l’accordo con la DCNS per diminuire il numero totale di vascelli da acquistare. Una riduzione del genere potrebbe causare un indebolimento della forza sottomarina australiana, ma al contempo i fondi risparmiati potrebbero essere impiegati per acquistare altri sistemi d’arma, in particolare i sistemi senza pilota marittimi, o UMSs. I recenti piani della US Navy per aumentare il numero degli UMSs all’interno delle proprie forze navali potrebbe tradursi in interesse da parte di Australia e Giappone a dotarsi di sistemi simili, acquistandone dagli Stati Uniti. Non vanno dimenticati inoltre i contratti per l’acquisto dei nuovi F-35: sia Australia che Giappone hanno fatto ordinato diversi esemplari del nuovo JSF, rispettivamente 100 e 42, e industrie di entrambi i Paesi stanno attualmente producendo alcune delle componenti del velivolo. In tal modo si contribuirebbe a rinvigorire la collaborazione in campo economico-militare e l’interoperabilità tra le forze navali di tutti e tre i Paesi, registrando così dei passi avanti verso il raggiungimenti degli obiettivi che gli Stati Uniti si sono prefissati per dar vita ad una solida alleanza in grado di garantire efficacemente la sicurezza nella regione.

https://www.youtube.com/watch?v=SIJlcLgTPmU

Video – Il teaser del Barracuda Block IA

[one_half][box type=”note” align=alignleft”” class=”” width=””]RISCHI

  • Possibili criticità future nel supporto logistico
  • Equipaggi insufficienti per operare 12 sottomarini contemporaneamente
  • Problemi di interoperabilità tra Marine militari dei tre Paesi
  • Ripercussioni economiche sui mercati degli armamenti di Australia, Giappone e Stati Uniti

[/box]

[/one_half][one_half_last][box type=”warning” align=”alignright” class=”” width=””]VARIABILI

  • Mantenimento della regional security
  • Solidità di una coalizione regionale
  • Potenza navale complessiva dispiegabile nell’area
  • Importanza economica dei rapporti di import/export di sistemi e componenti d’arma [/box][/one_half_last]

Riccardo Frigerio

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

La scelta dell’Australia di optare per i Shortfin Barracuda ha causato parecchia sorpresa e delusione per il Governo di Tokyo. Rappresentanti del Governo di Canberra hanno infatti ribadito più volte l’importanza di questo affare da un punto di vista strategico-regionale, sottolineando come il Soryu fosse il modello più adatto alle esigenze della Marina militare australiana e dando l’impressione che l’accordo fosse ormai chiuso. Nonostante ciò, la scelta è infine ricaduta sul modello francese.[/box]

Foto: U.S. Pacific Fleet

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Riccardo Frigerio
Riccardo Frigerio

Nato in provincia di Varese, classe 1990, mi sono laureato nel dicembre 2014 alla facoltà di Scienze linguistiche dell’Università Cattolica di Milano con una specializzazione in relazioni internazionali. Ho sempre amato tutto ciò che riguarda sicurezza, difesa ed affari militari e ciò mi ha spinto a scrivere entrambe le mie tesi su argomenti affini: la prima riguardo il contrasto alla pirateria marittima in Somalia e la seconda sull’impiego degli Unmanned Systems aerei, terrestri e marittimi nei conflitti moderni. Il mio grande sogno è di potermi costruire una carriera in questi campi, magari prima frequentando un master all’estero. Cose serie a parte, sono un grande amante del cinema (amo il cinema di fantascienza) e della lettura, in particolar modo delle opere di Tom Clancy e Isaac Asimov. Dalla fantascienza deriva una mia altra grande passione, ovvero l’astronomia e, in generale, tutto ciò che riguarda lo spazio: Elon Musk per me è un mito.

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