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La Cina nella finanza globale (VII)

Comprendere la Cina – E se lo yuan diventasse la valuta dominante? Per il momento è solo un’ipotesi, ma nell’ultima puntata del nostro speciale proviamo a tracciare qualche scenario sul sistema finanziario globale del futuro

UNA POSSIBILITÀ REMOTA, MA… – La possibilità che la moneta cinese sorpassi il dollaro statunitense rimane remota. Tuttavia, se un simile scenario si presentasse, cosa accadrebbe alla geografia della finanza globale? Dato lo sforzo sostanziale nella lotta alla corruzione e nelle politiche per alleviare l’ineguaglianza, è poco probabile che le regole finanziarie cinesi si adeguino a quelle di Wall Street. Lo scenario più verosimile sarebbe il seguente: un mondo caratterizzato da una dimensione del settore dei servizi finanziari molto più contenuta (in percentuale del PIL) rispetto a oggi, simile a quando gli Stati Uniti emersero come potenza egemone verso la fine della seconda guerra mondiale. Negli anni Cinquanta i servizi finanziari erano pari a circa l’1% del PIL statunitense, mentre nel 2007 contavano più dell’8%.

CINA: COSTRUIRE E INVESTIRE PER LO SVILUPPO – Se la Cina dettasse le regole della finanza globale è possibile ipotizzare un mondo meno dipendente dall’ingegneria finanziaria e dai profitti veloci, che tanto hanno inibito lo sviluppo e l’innovazione reale. Si allargherebbe l’uso del capitale azionario, più che di debito, per finanziare gli affari, e i fondi di capitale di rischio non sarebbero appannaggio di pochi privilegiati. Diversamente da oggi, più Paesi potrebbero seguire un modello basato sul finanziamento governativo di innovazioni e compagnie, per poi garantire una maggiore distribuzione dei benefici (come nel caso dei sistemi di welfare). Sicuramente la Cina non è l’unico Paese a fornire capitali ai suoi imprenditori. Gli Stati Uniti e Israele, ad esempio, finanziano anch’essi imprese produttive, ma i loro fondi sono spesso diretti verso quei progetti che hanno potenziali applicazioni militari (o comunque a settori estremamente limitati), mentre la Cina ha sostenuto progetti in energia solare, biotecnologia ed altri settori secondo modalità completamente scollegate dal suo apparato militare.Un mondo globale finanziato dai cinesi vedrebbe verosimilmente un’esplosione di lavori pubblici. Non solo la Cina ha costituito uno dei primi imperi nella storia dell’umanità, proprio attraverso la realizzazione di dighe, ponti, canali e altre strutture a uso civile (si veda Joseph Needham[1]), ma anche negli ultimi decenni ha dimostrato di saper trasformare il proprio Paese e le sue relazioni materiali con il resto del mondo. L’aumento delle infrastrutture nel mondo, come sta avvenendo, creerebbe, se adeguatamente progettate, più opportunità di lavoro ed accrescerebbe il numero e la qualità delle attività economiche, garantendo così uno sviluppo economico diffuso a seguito di un incremento dell’accesso al credito e ai mercati.

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Fig. 1 – La Cina sta investendo moltissimo, non solo in patria ma in tutto il mondo, in progetti infrastrutturali

US: I LIMITI DEL QE – Notoriamente, politiche come quelle di quantitative easing hanno beneficiato prevalentemente alcune (poche) istituzioni finanziarie, permettono ai banchieri di accedere al denaro senza sottostare a particolari vincoli. La maggior parte del denaro creato dalle banche e dai finanzieri è stato creato semplicemente prendendo a prestito direttamente dalla FED a tasso zero e poi investendolo nelle azioni, obbligazioni e strumenti derivati più redditizi per conseguire velocemente nuovi profitti. Questi ultimi sono stati poi rimessi alla FED per guadagnare interessi aggiuntivi. Quando la legislazione Dodd Frank ha proibito alle banche di commerciare per proprio conto (proprietary trading), limitando peraltro la loro partecipazione diretta in fondi privati, esse hanno semplicemente scorporato parte delle loro operazioni di investimento, mantenendo un accordo a distanza con le nuove entità legali per continuare a condurre affari come sempre (aumentando la dimensione dello shadow banking – ndt). Questa soluzione ha permesso alle banche di continuare il loro business legalmente. Peraltro, l’iperinflazione non si è materializzata, come si aspettavano molti osservatori della FED, poiché il denaro preso a prestito è rimasto nelle mani di pochi attori finanziari, invece di essere prestato alle piccole e medie imprese e, in generale, alla società. Le politiche della FED hanno di fatto consentito una concentrazione straordinaria di ricchezza nell’ambito di una ristretta élite finanziaria, esacerbando in tal modo l’ineguaglianza e mantenendo l’inflazione sotto controllo. La sola inflazione che si è materializzata è stata quella di beni, risorse e asset finanziari, creata dai super ricchi che hanno usato la sorgente FED per acquistare nel mercato immobiliare, dell’arte e dei prodotti finanziari.

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Fig. 2 – Il Quantitative Easing di Mario Draghi è una risposta efficace e di lungo periodo ai problemi della finanza europea?

EUROPA E GIAPPONE – Se la Cina avesse successo nel riscrivere le regole della finanza globale, ciò non impatterebbe solo sul potere degli USA, ma anche sulla politica e la situazione socioeconomica del mondo intero. In particolare, l’Europa potrebbe beneficiare molto da un cambiamento della finanza scollegato dal modello di Wall Street. Le nazioni europee, con l’eccezione del Regno Unito, hanno capito da molto tempo la distruttività degli eccessi speculativi di oggi ed hanno perciò posto un limite a tali attività nei loro confini. La Bundesbank tedesca in particolare si è sempre opposta alla speculazione finanziaria di Wall Street ed ha criticato più volte il QE di Mario Draghi, come prescrizione per salvare l’euro. Anche la Francia ha approvato leggi contro l’attività speculativa. Solo il Regno Unito ha lasciato che Londra divenisse lo specchio di Wall Street, e questo ha molto a che fare con il fatto che gli USA utilizzano il Regno Unito come satellite per i loro interessi finanziari (il Regno Unito, per esempio, ha permesso ad Adam Posen, uno statunitense, di sedere nel Comitato della politica monetaria della Bank of England). Un mondo maggiormente influenzato dalla finanza cinese potrebbe apportare benefici diffusi. Sicuramente, come abbiamo spiegato, la finanza europea non vede la Cina come una minaccia. Più articolata, invece, è la posizione del Giappone. Prima della seconda vittoria di Abe (dicembre 2012), i giapponesi e i sud coreani davano il benvenuto ad un ruolo crescente della Cina nella finanza globale e le banche centrali di queste tre nazioni stavano discutendo in merito alla creazione di una singola moneta (data la profonda interconnessione dei loro interessi economici). Tuttavia, il processo è stato interrotto proprio dall’ascesa al potere del Presidente Abe, che è stato puntualmente criticato dagli uomini d’affari giapponesi per la linea dura della politica di Abe.

AFRICA E AMERICA LATINA – In Africa e America Latina, le attività finanziarie della Cina hanno largamente rimpiazzato quelle dell’IMF e della WB. La Cina sta contribuendo significativamente allo sviluppo dell’Africa (per le varie posizioni sui rapporti tra Cina e Africa si suggerisce la visione del seguente dibattito su Al-Jazeera https://www.youtube.com/watch?v=wj79k-CUZhU; ndt). I prestiti cinesi arrivano senza particolari costringimenti e condizionalità, e malgrado le accuse dell’Occidente, che tende a rappresentare una Cina operante con il solo fine di voler comprare l’intero continente, in realtà i cinesi hanno esteso numerose tipologie di prestito e hanno cancellato più debiti rispetto agli Usa. La finanza ufficiale della Cina in Africa consiste in donazioni, prestiti a interesse zero, riduzione del debito e prestiti agevolati, come pure prestiti preferenziali, credito all’export, credito agli acquirenti di prodotti cinesi a tasso di mercato e prestiti commerciali. Inoltre, essa offre fondi azionari che assistono le compagnie cinesi negli investimenti in Africa (attraverso il Fondo di Sviluppo Cina-Africa) ed ha stabilito un fondo per prestare più di un miliardo di dollari alle piccole e medie imprese africane attraverso banche locali. Parimenti, i Paesi dell’America Latina, come Ecuador e Venezuela, hanno beneficiato di finanziamenti per sviluppi infrastrutturali, come raffinerie di petrolio che non sono state costruite fino alla comparsa degli investimenti cinesi. Come abbiamo cercato di dimostrare nei sette articoli dedicati alla Cina nella finanza globale, l’azione cinese sta contribuendo a riformare in profondità l’architettura finanziaria internazionale, che potrebbe aiutare a forgiare un sistema finanziario più prudente e collegato, come da funzione originaria, alla cosiddetta economia reale.

Ann Lee (traduzione di Fabio Massimo Parenti)

[1] Needham J., Science and Civilization in China, Cambridge, 1954.

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

La Professoressa Ann Lee insegna Economia e Finanza alla New York University è una esperta riconosciuta a livello mondiale sulle relazioni economiche  internazionali della Cina. L’analisi è frutto della lunga esperienza dell’autrice nel mondo degli affari finanziari e dell’insegnamento universitario. Parte delle informazioni menzionate provengono da conversazioni avute con vari rappresentanti del mondo della finanza e della politica sia occidentale che cinese. Una lista di fonti a supporto delle argomentazioni fornite sarà pubblicata più avanti.

Rileggete qui la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la sesta parte di questo articolo.

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Foto: World Economic Forum

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Fabio Massimo Parenti
Fabio Massimo Parenti

Ho avuto la fortuna di nascere a Roma, dove vivo da quasi 40 anni. Nel corso del tempo l’amore per la mia città si è esteso ad altri luoghi e paesi, come il Vietnam e la Cina. L’impegno e la passione costante per lo studio – insieme al fondamentale sostegno della mia compagna Ferdinanda e, più recentemente, dei nostri meravigliosi figli, Priscilla e Diego – mi hanno sempre accompagnato nel percorso scientifico-professionale. Oggi Professore associato in Geografia, sono laureato in Geografia all’Università la “Sapienza”, ho acquisito i titoli di Dottore di ricerca in Geopolitica e Geoeconomia all’Università di Trieste, di cultore della materia in Geografia Politica all’Università del Molise e di Affiliate Lecturer al Marist College di New York.

Attualmente insegno The Global Political Economy, Globalization, Global Financial Markets, China’s Development e War and Media presso l’Italian International Institute “Lorenzo de ‘Medici” e tengo lezioni e seminari presso varie sedi accademiche e istituzionali. Infine, borse di studio post-laurea e progetti di ricerca nazionali hanno arricchito le mie esperienze di ricerca su tematiche di geografia economico-politica e geopolitica.

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