Caffè lungo – Il valore dei microchip nell’economia moderna ha accresciuto la capacità di influenza di Taiwan nello scacchiere geopolitico. È infatti grazie al know-how dell’azienda TSMC che l’isola è ancora di più al centro degli interessi dei principali attori globali. Nel frattempo spaventa una crisi in questo settore strategico.
L’IMPORTANZA DI TAIWAN
I semiconduttori sono elementi particolarmente specializzati dei dispositivi elettronici, che hanno la capacità di regolare i flussi di elettricità per processare, archiviare e trasmettere dati. Sono anche definiti “chip” e necessitano di un sottile wafer di materiale semiconduttore, che è tipicamente il silicio. Sostanzialmente essi rappresentano il sistema nervoso centrale di prodotti indirizzati a una varietà di mercati finali, come Smartphone, High Performance Computing, Internet of Things, Automotive ed Elettronica di Consumo Digitale.
Poco più di trent’anni fa Europa e Stati Uniti erano al centro della produzione dei semiconduttori. Attualmente quella supremazia occidentale è svanita. In particolare nel 1974 il Governo di Taiwan ha individuato nei semiconduttori il settore chiave per sviluppare la propria economia. E a tal proposito è stata basilare la figura di Morris Chang. L’uomo di origine cinese, dopo aver lavorato presso la Texas Instruments – una delle principali società americane di semiconduttori – ha fondato nel 1987 la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC). Oggi la TSMC è al centro della catena di approvvigionamento globale dei microchip. Basti pensare che tutta la capacità logica avanzata è localizzata a Taiwan e in Corea del Sud. Per capire meglio, gli avanzamenti nella produzione dei chip vengono misurati in nanometri (nm). Ebbene negli anni Novanta un chip era considerato all’avanguardia se misurava 180 nm, ora invece i chip più avanzati sono inferiori a 10 nm. Per esempio gli ultimi iPhone utilizzano processori con chip di 5 nm. TSMC e Samsung detengono il dominio di questo tipo di produzione.
Data la rilevanza assunta dalla trasformazione digitale nell’epoca attuale e la conseguente dipendenza globale dalla nazione insulare, non stupisce il crescente interesse verso di essa. Non a caso i semiconduttori sono stati rinominati da molti “il nuovo petrolio”.
Fig. 1 – La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) è stata fondata nel 1987. In alto, una foto del quartier generale della compagnia, situato a Hsinchu Science Park, Taiwan
TSMC
TSMC è l’azienda leader nella fabbricazione di microchip. Ha sviluppato un modello di business di fonderia pure-play. E questo ha aperto la strada al settore fabless, che prevede che l’effettiva fabbricazione del bene venga esternalizzata ad altre aziende specializzate. Pertanto i semiconduttori di TSMC servono una base globale di clienti. Nel 2020 TSMC ha registrato una forte crescita, dovuta in gran parte alla pandemia. L’aumento della domanda di mercato nel settore dell’economia digitale è stato infatti stimolato dalle nuove esigenze imposte dalla Covid-19. E proprio a maggio 2020 la società di Taiwan aveva annunciato l’intenzione di costruire una fabbrica avanzata in Arizona per reggere il peso dell’aumento della domanda. L’operazione, del valore di 100 miliardi di dollari, ha l’obiettivo di portare la produzione a una capacità di 20mila wafer di semiconduttori al mese a partire dal 2024. La multinazionale inoltre non è stata immune agli attacchi cyber. Negli ultimi anni è stata al centro di una campagna di hacking diretta ai dati aziendali. Questo dimostra ancora una volta gli appetiti degli altri policy actors, che fremono per raggiungere la propria autonomia.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il fondatore della TSMC, Morris Chang, interviene durante un forum organizzato dal gruppo United Daily News a Taipei, 21 aprile 2021
RECENTI SVILUPPI
Anche Taiwan si inserisce nelle attuali tensioni tra Cina e Stati Uniti. In particolare spaventa la crescente operosità dell’esercito di Pechino a Taipei. Poiché il timore maggiore è che la Cina possa adoperare la forza contro Taiwan, acquisendo tutti i vantaggi che ne derivano.
Primo fra tutti l’accesso diretto nell’Oceano Pacifico. Xi Jinping infatti è determinato a compiere il risorgimento della nazione cinese. Gli USA dal loro canto, secondo il Taiwan Relations Act, contemplano la possibilità di difendere Taiwan da un possibile attacco cinese. Inoltre se la Cina dovesse riconquistare effettivamente Taipei potrebbe acquisire il controllo di un asset vitale come quello dei semiconduttori, mettendo in difficoltà gli Stati Uniti e i suoi alleati. Peraltro è bene ricordare che Trump era riuscito a bloccare la fornitura di TSMC verso Huawei, sfruttando il fatto che il processo produttivo di TSMC utilizzasse software Made in USA.
Intanto l’impennata della domanda dei chip, trainata dalle macrotendenze del settore come il 5G e l’aumento della performance dei microprocessori, ha preparato il terreno a una grave crisi nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori. Queste cause, unite ad altri fattori di rischio come l’avvento della pandemia, hanno determinato uno stallo dell’offerta di microchip. Gli analisti di Goldman Sachs hanno affermato che nel 2021 questa penuria comporterà sia un aumento dei prezzi dei beni interessati del 3%, sia un aumento fino a 0,4 punti percentuali dell’inflazione. Al momento nel settore dell’automotive imprese come Stellantis N.V. e Volvo hanno adottato rigide decisioni. Mentre Joe Biden, che vede questa complicazione come un pericolo di lungo periodo, ha esortato le aziende americane a espandere le loro capacità produttive, per trasformare congiuntamente il proprio Paese nel nuovo leader del settore. Questo scompenso della catena valoriale dimostra ulteriormente la centralità dei semiconduttori nell’economia mondiale e, non ultima, l’importanza strategica di Taiwan sullo scacchiere geopolitico internazionale.
Gaia Natarelli
“Microchip e microciop” by Un ragazzo chiamato Bi is licensed under CC BY-SA