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Passaggio in Uzbekistan: dalla Cina rinasce la Via della Seta

La Cina guarda sempre più all’Asia Centrale, mentre gli Stati della regione sono attratti dalle opportunità della Nuova Via della Seta. In visita ufficiale a Tashkent, il Presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo uzbeko Karimov hanno siglato degli accordi volti a consolidare la cooperazione strategica bilaterale ed hanno discusso, assieme agli altri leader della SCO, dell’ambizioso progetto di connettività eurasiatica guidato da Pechino

NUOVI ASSI DI COOPERAZIONE BILATERALE – Al termine di un tour diplomatico cominciato in Serbia e proseguito in Polonia, il 21 e il 22 giugno il Presidente cinese Xi Jinping ha compiuto una visita di Stato in Uzbekistan,  nel corso della quale ha espresso – congiuntamente al suo omologo uzbeko Islom Karimov – la volontà  di imprimere nuovo impulso alle storiche relazioni commerciali ed economiche tra i due Paesi, accomunati da una cultura plurimillenaria. Si noti a tal proposito che, secondo i dati ufficiali forniti da fonti uzbeke, nel 2015 il fatturato dell’interscambio bilaterale ammontava a circa 4 miliardi di dollari e solo nel primo quadrimestre del 2016 avrebbe raggiunto la cifra di 1 miliardo e 400 milioni di dollari.
Nel novero dei documenti siglati nella capitale uzbeka, figurano contratti di natura tecnica e di finanziamento per lo sviluppo del settore energetico. A questi si aggiungono accordi relativi al commercio delle materie prime, nonché ad alcuni aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio. Infine, un programma di cooperazione biennale è stato siglato dai rispettivi Ministeri degli esteri.
Nel contempo, entrambi i leader hanno riaffermato la necessità di cementare la partnership strategica tra Tashkent e Pechino, che fin dal suo esordio nel 2012 ha prediletto un modello di cooperazione incentrato sull’approccio win-win, in nome della fiducia politica reciproca.
Conviene osservare che la due-giorni di incontri si inserisce in un momento cruciale per la politica estera cinese, che oggi potrebbe assumere nuova consistenza in funzione delle esigenze di stabilità che dominano lo scenario centro-asiatico. E infatti, la visita di Xi Jinping ha fornito l’occasione per  la conclusione di intese che hanno ad oggetto alcune priorità della sicurezza regionale.
Si è dunque discusso di nuove misure per un’efficiente collaborazione nel contrasto alla criminalità transfrontaliera, con particolare riguardo al narcotraffico. Inoltre, la predisposizione di adeguati meccanismi di controllo del territorio consentirà di preservare l’area centro-asiatica dai Tre Mali del separatismo, dell’estremismo religioso e  del terrorismo.

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Fig. 1Il Presidente uzbeko Karimov e il suo omologo cinese Xi Jinping durante una conferenza stampa a Pechino, agosto 2014

ONE BELT, ONE ROAD: LA SILK ROAD DEL XXI SECOLO – La graduale ascesa della Cina quale potenza regionale in Asia Centrale ha avviato uno tra i più eclatanti cambiamenti geopolitici del nuovo secolo. Del resto, la determinazione di Pechino a spostare sempre più avanti le frontiere della propria politica estera non lasciava adito a dubbi già quando – nel settembre 2013, ad Astana – Xi Jinping lanciava per la prima volta il progetto della One Belt, One Road (OBOR), a sua volta comprensivo di due iniziative: la Silk Road Economic Belt e la Maritime Silk Road.
D’altra parte, le spie dell’influenza cinese nel cosiddetto near abroad della Russia sono molteplici: non solo ingenti scambi commerciali, ma anche investimenti di ampia portata in campo energetico e infrastrutturale, cui si affianca una ridefinizione degli interessi strategici e della politica di sicurezza. È pur vero, però, che l’arena centro-asiatica è un terreno ideale per svelare non solo i punti di forza, ma anche le debolezze della Repubblica Popolare – di per sé fedele al principio della non interferenza negli affari interni di altri Paesi – in una regione ancora in parte sensibile al retaggio sovietico, seppure con opportuni distinguo. Per questa ragione, gli esperti sottolineano da più parti come il coinvolgimento solo indiretto di Pechino nelle dinamiche regionali contribuisca sostanzialmente a riconfermare il ruolo centrale di Mosca nelle questioni che interessano le repubbliche islamiche post-sovietiche.
In ogni caso, è innegabile che la Nuova Via della Seta stia pian piano prendendo forma, grazie ad accordi multilaterali e bilaterali – i memorandum di intesa sottoscritti con l’Uzbekistan ne sono un valido esempio – che condurranno alla creazione di una fitta trama di collegamenti commerciali tra Europa, Asia e Africa. Oltretutto, proprio il 22 giugno, Xi Jinping e Islom Karimov hanno presenziato al varo del tunnel Qamchiq (realizzato dalla China Railway Tunnel Group), parte integrante della linea ferroviaria elettrificata Angren-Pap che collega la capitale Tashkent alla città uzbeka di Namangan.

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Fig. 2 – Tipica lavorazione dei tappeti a Samarcanda, uno dei principali centri dell’antica Via della Seta

Per ciò che riguarda invece la complessità delle relazioni tra la Repubblica Popolare e il Cremlino, naturalmente  non è possibile prescindere (almeno in linea teorica) da alcune situazioni di frizione. Tuttavia, la convergenza verso interessi comuni sembra ispirarsi – almeno per il momento – alla logica del reciproco vantaggio, secondo la strategia win-win.
Non a caso, la condivisione dei medesimi obiettivi ha condotto alla firma il 23 giugno a Tashkent del Programma sulla costruzione del Corridoio economico Cina-Mongolia-Russia, per il rafforzamento e l’implementazione della cooperazione multilaterale nei settori infrastrutturale, industriale e portuale.
La sottoscrizione dell’accordo è stata accolta con particolare entusiasmo dal Presidente Putin, il quale ha posto l’accento sui rapporti amichevoli che la Russia intrattiene con la Cina e con la Mongolia, nell’ambito di un partenariato trilaterale ispirato ai principi di buon vicinato, uguaglianza e rispetto reciproco.

LA PARTNERSHIP SINO-RUSSA IN ASIA CENTRALE – L’implosione dell’Unione Sovietica e la conseguente espansione cinese nell’Asia Centrale, divenuta nei primi anni Novanta uno spazio geopolitico autonomo, hanno concorso a riscrivere gli equilibri politico-strategici degli Stati collocati lungo l’antica Via della Seta, protagonisti di una riedizione del Great Game tra le grandi potenze – in particolare Russia e Cina – attratte dalla ricchezza di risorse energetiche e nel contempo intimorite dalle minacce alla sicurezza regionale.
In particolare, Mosca ha mostrato di voler rinsaldare la propria posizione di controllo sull’ampio spazio post-sovietico esercitando un’influenza politica, militare ed economica attraverso alcuni rilevanti progetti di integrazione regionale. Solo a titolo esemplificativo, si pensi alla Comunità degli Stati Indipendenti, istituita nel 1991 (CIS); all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, sorta nel 2002 (CSTO); all’Unione Economica Eurasiatica, varata nel 2014 (EAEU).
Ad ogni modo, pur considerata l’ingombrante presenza di Mosca, anche la proiezione di Pechino in Asia Centrale ha attirato un’attenzione crescente negli ultimi anni, tanto da rappresentare in alcune occasioni una fonte di preoccupazione per gli interessi particolari delle singole repubbliche indipendenti, ed in qualche misura anche per i propositi della Federazione Russa.

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Fig. 3 – Mappa storica del continente asiatico della prima metà dell’Ottocento

È però evidente come – nonostante le rivalità strategiche sottostanti – il rapporto tra i due giganti del continente abbia raggiunto una particolare consapevolezza e si sia orientato verso uno sforzo sinergico fin dalla costituzione del cd.  Shanghai Five nel 1996: una piattaforma intergovernativa volta a risolvere inizialmente le dispute frontaliere e tesa a promuovere la stipula di accordi di collaborazione in materia di sicurezza tra gli Stati membri, divenuta nel 2001 una struttura permanente e rinominata Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (SCO).
Come già puntualizzato da diversi osservatori, l’organismo dispone senz’altro degli strumenti idonei a soddisfare la  sete di stabilità e di sicurezza delle repubbliche islamiche dell’Asia Centrale. Ma ancor di più, l’organizzazione è stata finora una carta vincente sul fronte diplomatico, in grado di equilibrare le relazioni tra la Russia e la Cina, talvolta animate da inevitabili tensioni antagoniste.

INTERESSI GENERALI E DINAMICHE COMPETITIVE – Proprio a Tashkent si è tenuto nei giorni 23 e 24 giugno il quindicesimo summit annuale della SCO: un’occasione di confronto tra alleati nel corso della quale non sono mancate opposizioni, pur sotto un’apparente comunione di intenti.
Argomento principe dell’incontro è stato l’ingresso dell’India e del Pakistan quali membri a pieno titolo dell’organizzazione, cui ha fatto seguito la firma dei relativi Memorandum of Obligations. Inoltre, il Presidente Putin ha sostenuto apertamente la candidatura iraniana, così confermando pieno appoggio alla Repubblica Islamica anche in vista di una rapida espansione del gruppo. Si è discusso poi della sicurezza nel limitrofo Afghanistan: una tematica non proprio gradita dal Presidente uzbeko Karimov, il quale si è sempre espresso a sfavore di  un ipotetico coinvolgimento della SCO nel processo di pace e che, peraltro, non pare aver sostenuto esplicitamente nemmeno la membership dell’Iran.
Su altre tematiche si è focalizzato invece l’intervento del Presidente cinese, il quale ha prospettato la possibilità di integrare l’iniziativa OBOR all’interno della SCO – sotto la regia di Pechino – nonostante la Russia preferisca ricondurre il progetto nel quadro di azione dell’Unione Economica Eurasiatica guidata da Mosca.
Queste dunque le principali linee di divergenza che definiscono la distanza tra gli interessi specifici perseguiti dai singoli Stati membri all’interno della SCO.

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Fig. 4 – Le bandiere degli Stati membri della SCO sventolano davanti allo Shanghai International Convention Center

Sulla base di quanto già riferito in merito ai rapporti tra Cina e Uzbekistan, è facile ipotizzare che la visita ufficiale di Xi Jinping a Tashkent in prossimità del summit sia stata motivata da un intento specifico e concreto. La Cina è il principale investitore straniero e gli accordi conclusi durante gli incontri bilaterali offrono certamente una misura di come si stia politicamente muovendo il Paese di Karimov, ma soprattutto riflettono l’attuale visione di Xi Jinping, il quale interpreta il potenziale economico dell’Asia post-sovietica ed il graduale rafforzamento della SCO come la forza motrice della Nuova Via della Seta.
In ogni caso, è opportuno considerare come il successo che la Cina ha conquistato sia in Uzbekistan che sul piano regionale – anche per merito di un’abile diplomazia culturale – debba fare i conti con alcuni atteggiamenti di aperta ostilità, che propendono di tanto in tanto verso la sinofobia.
Per questa ragione, sarà essenziale valutare lo sviluppo delle relazioni tra la Repubblica Popolare e i Paesi centro-asiatici non esclusivamente alla luce degli obiettivi e dei risultati raggiunti dalla Cina, ma anche in considerazione dello spazio di iniziativa concesso ai suoi interlocutori, sia in termini economici che geopolitici. Saranno questi i parametri di riferimento che condizioneranno le modalità ed i tempi attraverso i quali la Cina intensificherà la sua presenza nella regione.

Luttine Ilenia Buioni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

L’avvio delle relazioni diplomatiche tra Cina e Uzbekistan risale al 1991: da allora, Pechino ha costantemente seguito la sua politica del Go West nella regione centro-asiatica. Nel giugno 2012, i due Paesi hanno firmato una dichiarazione di partenariato strategico, un accordo siglato allo scopo di incrementare la cooperazione bilaterale, che spaziava già dalla sfera economico-commerciale a quella dei trasporti e dall’energia agli investimenti.
Vale la pena notare che entrambi i Paesi hanno mostrato piena comprensione rispetto alle reciproche problematiche più sensibili: se l’Uzbekistan ha sostenuto l’integrità territoriale della Repubblica Popolare e il contrasto ai cosiddetti Tre Mali, Pechino ha sostenuto la posizione di Tashkent nell’utilizzo razionale e nella gestione sostenibile delle risorse idriche.[/box]

Foto di copertina di khowaga1 pubblicata con licenza Attribution-NonCommercial License

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Luttine Ilenia Buioni
Luttine Ilenia Buioni

Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi Roma Tre con una tesi in Diritto Penale Internazionale, ho completato il mio percorso di studi conseguendo un Master in Peace Building Management e successivamente l’abilitazione  per l’esercizio della professione forense. Coltivo il sogno di coniugare la passione per il diritto a quella per l’analisi geopolitica dello spazio post-sovietico. Un percorso che mi ha recentemente condotto a Yerevan, in Armenia, dove ho avuto l’opportunità di partecipare ad un programma del Consiglio d’Europa. Per Il Caffè Geopolitico mi occupo in particolare di Caucaso Meridionale ed Asia Centrale. In passato ho collaborato anche con Termometro Politico, l’Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) e Mediterranean Affairs.

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