La Turchia non è estranea ai colpi di stato militari. Questa volta però, qualcosa è cambiato e il tentativo è fallito. Erdogan rimane al potere, più forte di prima.
ERDOGAN RESISTE E VINCE – All’indomani del golpe fallito in Turchia da parte di alcune frange delle Forze Armate, abbiamo preferito attendere qualche ora prima di offrirvi le nostre considerazioni. La situazione era – e rimane – ancora troppo fluida ed incerta per poter spiegare ed analizzare quello che è effettivamente successo. L’unico dato certo è la permanenza di Erdogan al potere. Un potere che, molto probabilmente, sarà da oggi ancora più saldo ed indiscusso, il che apre a scenari ancora non del tutto chiari ma non proprio rassicuranti per il futuro e la stabilità della regione mediorientale.
In attesa che la situazione si stabilizzi e il quadro diventi più chiaro, pensiamo però di offrirvi un paio di riflessioni su quello che il rafforzamento di Erdogan può voler dire per l’Occidente, o meglio per l’Unione Europea e la NATO. È importante a nostro avviso scindere tra il breve e il medio-lungo periodo. Nel primo orizzonte, il fallimento del golpe (le cui modalità e responsabilità, peraltro, rimangono tutte da accertare) può essere visto con un certo “sollievo”: la stabilità politica e sociale in Turchia è, nell’immediato, una priorità dal punto di vista delle capitali europee e di Washington. Si può così spiegare la pronta dichiarazione di sostegno di Barack Obama a Erdogan quale legittimo Capo di Stato in Turchia: un atto dovuto, certamente (non dimentichiamoci che il “Sultano” è stato eletto democraticamente e che la Turchia è un membro della NATO), ma che sottolinea l’importanza di mantenere lo status quo in un Paese chiave per la stabilità di una regione già molto compromessa. Anche perché non è affatto detto che i militari, una volta conquistato il potere, si sarebbero affrettati a ripristinare la democrazia e le libertà costituzionali (almeno nella maniera in cui le intendiamo noi). Va comunque ricordato che, storicamente, le forze armate turche hanno giocato un ruolo di “guardiani” dell’ordine laico e democratico instaurato da Ataturk negli anni ’20 del secolo scorso, intervenendo varie volte con dei golpe volti a ripristinare questo ordine contro derive islamiste.
PROSPETTIVE – Dall’altro lato, tuttavia, in un’orizzonte di medio/lungo periodo la permanenza di Erdogan al potere rischia di diventare un serio problema. Se infatti, come sembra possibile, il suo regime andrà incontro ad una deriva sempre più autoritaria e contraria al laicismo (che era stato il “fiore all’occhiello” della moderna Turchia kemalista), allora le relazioni con Ankara diventeranno sempre più difficili. Una situazione insomma che rischia di rendere ancora più complesso il quadro della regione.
La Redazione
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
In Turchia, i colpi di stato sono avvenuti nel 1960, 1971 e 1980.[/box]
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