Nel 1980, su un’isola di appena 21 Km quadrati nel mezzo dell’Oceano Pacifico, si concentravano le 10.000 persone con il PIL pro-capite più alto al mondo. Oggi, le stesse persone sono tra le più povere al mondo. In pochi decenni, infatti, l’economia di Nauru è collassata, rovinata da un uso insostenibile delle risorse naturali, corruzione e maldestri tentativi di attirare capitali stranieri.
(IN)DIPENDENZA DI NAURU – Una delle ultime isole dell’area ad essere esplorate dai colonizzatori europei, Nauru fu ufficialmente annessa all’Impero tedesco nel 1888. Dopo il primo conflitto mondiale, passò sotto l’amministrazione fiduciaria di Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda, per poi essere invasa dall’Esercito giapponese nel 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale. Al termine della stessa fu di nuovo posta sotto l’amministrazione congiunta di Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. Il dominio straniero si protrasse per qualche altro decennio, finchĂ©, nel 1968 l’isola ottenne la piena indipendenza, divenendo uno dei piĂą piccoli Stati al mondo, sia per estensione territoriale che per popolazione (solamente il Principato di Monaco e CittĂ del Vaticano hanno un’area piĂą piccola).
Oggi, Nauru conta una popolazione paragonabile a quella di una cittĂ italiana di modeste dimensioni, con circa 10.000 abitanti. Allo stesso tempo, presenta tutte le caratteristiche tipiche di un qualsiasi altro Stato sovrano, tra cui un Parlamento unicamerale con appena 19 deputati. Tuttavia, ha anche delle peculiaritĂ che lo rendono unico, quali l’assenza di una capitale ufficiale, di una banca centrale e di un esercito regolare. L’Australia è infatti responsabile dell’eventuale difesa del ministato. E proprio l’Australia continua ad avere un ruolo rilevante anche da un punto di vista economico. A partire dal settembre 2005, un memorandum d’intesa stabilisce, infatti, che il Paese dei canguri debba fornire aiuti economici e assistenza tecnica in cambio della disponibilitĂ del Governo nauruano ad ospitare richiedenti asilo in Australia per tutto il tempo necessario all’espletamento delle pratiche. Inoltre, la valuta corrente è il dollaro australiano, il che ci mostra come le economie dei due Paesi siano strettamente legate. Come è possibile, però, che uno Stato che negli anni Ottanta godeva di un sistema economico “solido” e prospero si sia ridotto ad una condizione di dipendenza economica?
Fig. 1 – Veduta aerea dell’isola di Nauru, situata a circa 4000 Km dalla costa australiana
UN PICCOLO MIRACOLO ECONOMICO – La parabola di Nauru ci mostra come un uso insostenibile delle risorse naturali e l’assenza di un piano di gestione strategico dell’economia possano avere effetti devastanti nel lungo periodo. L’economia del piccolo Paese, infatti, a partire dagli inizi del secolo scorso si è basata sullo sfruttamento di depositi di fosfato, oggi comunemente utilizzato per la sintesi di fertilizzanti o per la produzione di beni alimentari. I primi depositi furono individuati nel 1900, sotto l’amministrazione tedesca, e la gestione degli stessi fu affidata alla Pacific Phosphate Company. Lo sfruttamento dei depositi di fosfato proseguì anche dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, sotto l’egida della British Phosphate Commission, la quale fu incorporata nel 1970 dalla locale Nauru Phosphate Corporation.
Fu proprio grazie all’indipendenza ottenuta nel 1968 e al controllo statale dei proventi derivanti dal fosfato che i cittadini potettero godere del piĂą alto PIL pro-capite a livello mondiale nei decenni successivi. Oltretutto, parte degli incassi fu reinvestito in fondi fiduciari che, tuttavia, portarono in alcune occasioni allo sperpero delle risorse investite a causa di manovre finanziarie non profittevoli. La domanda crescente di fosfato portò, negli anni Settanta e Ottanta, ad un processo estrattivo sempre piĂą rapido ed estensivo. L’ampia disponibilitĂ di risorse economiche condusse il Governo ad investire vaste somme di denaro in diversi progetti, tra i quali figurano la creazione di una compagnia aerea nazionale e la compravendita di lussuosi stabilimenti alberghieri all’estero.
Fig. 2 – Visita della regina Elisabetta II a Nauru nell’ottobre 1982. Al suo fianco, Hammer DeRoburt, primo Presidente dell’isola dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna
MONTAGNE RUSSE – Alla fine degli anni Ottanta si verificò ciò che molti analisti economici avevano previsto: i depositi di fosfato conosciuti e sfruttabili erano quasi del tutto esauriti. Una risorsa vitale per la sopravvivenza dello stesso Stato, essendo il principale prodotto esportato ed il principale datore di lavoro, stava inevitabilmente scomparendo. Proprio a partire da quegli anni, infatti, iniziò una profonda crisi economica, aggravata dai tagli effettuati dai Governi dell’epoca. In un disperato tentativo di frenare la rapida discesa economica, molte compagnie statali furono privatizzate, si ridusse il numero di dipendenti pubblici, vi fu il congelamento degli stipendi per quelli rimasti, si tagliò il numero di rappresentanze diplomatiche all’estero e gli investimenti statali, in particolar modo nel settore sanitario e dell’istruzione.
La forte dipendenza dalle importazioni estere, provenienti principalmente da Australia e Nuova Zelanda, inoltre, ha aggravato la giĂ precaria condizione, causando un forte squilibrio della bilancia commerciale. Proprio la scarsitĂ di alcuni beni basici ha portato, agli inizi degli anni Duemila, ad una serie di proteste contro le scelte del Governo. Tuttavia, queste non hanno prodotto risultati concreti, a causa di un’economia sempre piĂą in rapida discesa. Il colpo di grazia si è avuto con la decisione del Governo australiano di chiudere il centro di detenzione per richiedenti asilo di Nauru nel 2007, dopo che questo era stato stabilito sull’isola nel 2001, dando lavoro a circa 100 cittadini e rappresentando una risorsa economica alternativa. Il centro, anche in seguito ad una serie di pressioni da parte del Governo nauruano, ha riaperto nel 2012, come parte di un accordo che prevede, in cambio, una serie di aiuti finanziari ed assistenza tecnica.
Fig. 3 – Baron Divavesi Waqa, attuale Presidente di Nauru, parla all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, settembre 2015
GOFFI TENTATIVI DI RIPRESA – A parte l’aver accettato sul proprio territorio il giĂ citato centro di detenzione, il Governo locale ha cercato in vari modi di risollevare l’economia. A partire dagli anni Novanta si è tentato di riciclare il sistema economico convertendo l’isola in un paradiso fiscale. Oggi si ritiene, infatti, che sia uno dei principali centri mondiali per il riciclaggio di denaro.
Anche la politica estera nauruana sembra essere determinata dall’andamento della sua economia. Nel 2002, infatti, nell’ambito della One-China Policy, il Governo locale ha deciso di riconoscere come “vera Cina” la Repubblica Popolare Cinese a discapito di Taiwan. In cambio di tale scelta, Nauru ha ricevuto 130 milioni di dollari dal Governo di Pechino. La conseguente rottura delle relazioni economiche e diplomatiche con Taiwan ha spinto, però, a riconsiderare tale scelta nel 2005.
Inoltre, nel 2008, il Governo isolano ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e nel 2009 quella dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, due aree secessioniste della Georgia a maggioranza russa. Nauru è uno degli unici quattro Stati a riconoscere la sovranità di queste ultime due entità politiche (gli altri sono Russia, Venezuela e Nicaragua). In cambio di tale decisione il Cremlino ha donato allo Stato oceanico 50 milioni di dollari, sotto forma di aiuti umanitari.
Fig. 4 – Manifestazione a Melbourne contro il campo di detenzione per migranti e rifugiati di Nauru, ottobre 2015
DALL’ISOLA DEL PIACERE ALL’ISOLA DEI GRASSI – In poco meno di un secolo, Nauru ha sperimentato una rapidissima crescita economica seguita da un altrettanto rapido declino. Sebbene tali caratteristiche siano tipiche di molte colonie occidentali nel periodo post-indipendenza, l’ereditĂ di un sistema economico poco diversificato e troppo legato ad un solo bene è ancora molto forte nella piccola nazione oceanica. Ciò non è dovuto solamente alle dimensioni dell’isola, ma anche ai risvolti sociali che la rapida ascesa economica ha avuto sulla comunitĂ stessa.
La diffusione di determinati costumi, quali il consumo di cibo spazzatura, alcol e sigarette, ed il concomitante abbandono di pratiche tipiche della società pre-coloniale, quali la pesca tradizionale e l’attività agricola, ha comportato un peggioramento delle condizioni medie di salute della popolazione autoctona. Negli anni Settanta, infatti, l’aspettativa di vita è scesa a 50 anni, mentre l’incidenza del diabete e di altre malattie cardiovascolari connesse ad uno stato di sovrappeso è andata aumentando. Oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che oltre il 90% della popolazione sia sovrappeso e oltre il 30% sia affetto da diabete di tipo 2 (la più alta percentuale al mondo). Per questa ragione Nauru è conosciuta anche come l’isola più grassa al mondo, etichetta che si sovrappone a quella più romantica ed emblematica di un passato più prospero di “pleasant island”.
Fig. 5 – La delegazione di Nauru alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Rio, agosto 2016
A tutto ciò si aggiunga il degrado ambientale causato dall’estrazione del fosfato. Si ritiene che il 75% del territorio dell’isola non sia pi abitabile e che lo stesso non possa essere destinato ad usi alternativi. Le attivitĂ di estrazione hanno anche avuto un impatto devastante sulla vegetazione locale, conducendo ad un disboscamento insostenibile ed irreversibile, e sulla barriera corallina circostante, le cui precarie condizioni impediscono un decollo dell’industria turistica.
Secondo alcuni analisti non vi sono speranze di sopravvivenza per Nauru come Stato indipendente. Il 90% della popolazione è disoccupata e una delle poche soluzioni sarebbe l’emigrazione di massa dall’isola. Inoltre, la maggior parte della popolazione in etĂ lavorativa può essere classificata come manodopera non qualificata, in quanto poco incentivata dal perseguire determinati percorsi formativi durante il boom economico.
Tuttavia, nel 2006, la scoperta di depositi secondari di fosfato, collocati a profonditĂ maggiori nel sottosuolo, e il loro conseguente sfruttamento a partire dall’anno seguente fanno ben sperare in una ripresa dell’economia del Paese. Si stima che tali depositi possano durare per altri trent’anni. Se così fosse, l’isola avrebbe una seconda opportunitĂ per porre rimedio alle conseguenze di uno sviluppo economico insostenibile e sregolato. Inoltre, il rinascimento nauruano potrebbe definitivamente recidere il legame di dipendenza dall’Australia. Solo i prossimi decenni sapranno dirci se la lezione del passato sia stata correttamente appresa oppure no.
Michael Ruggeri
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
Tra i più stravaganti progetti di investimento del governo nauruano ne risaltano due: un musical britannico ed una compagnia aerea nazionale con capacità superiore alle necessità . Quattro milioni di dollari furono investiti dalla Nauru Phosphate Corporation nel musical britannico Leonardo the Musical: A Portrait of Love, il quale registrò ingenti perdite e rimase in programma per sole due settimane. La Nauru Airlines fu invece fondata negli anni Settanta e prevedeva una flotta iniziale di 8 velivoli, con capacità di trasporto di 800 passeggeri, circa il 10% dell’intera popolazione dell’isola dell’epoca. Oggi, in seguite alle perdite economiche, conta “solo” 5 aerei![/box]
Foto di copertina di DFAT photo library Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License