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La lunga estate della Siria (I)

La situazione in Siria da marzo (liberazione di Palmira) a oggi ha visto numerose evoluzioni e colpi di scena. Nella prima parte del nostro speciale al riguardo, vediamo cosa è successo fino a fine maggio.

DOVE ERAVAMO RIMASTI? – La Siria in guerra da anni continua a presentare uno degli scenari interni e internazionali piĂą complicati: la lotta tra Assad e milizie ribelli piĂą o meno estremiste, la lotta all’ISIS, gli interventi russo e (recentemente) turco, la situazione dei Curdi, l’appoggio di potenze esterne come Iran, Arabia Saudita e la coalizione a guida USA, con le relative sfide e contrasti a livello internazionale. Per l’opinione pubblica italiana è spesso complesso comprendere appieno cosa stia avvenendo proprio perchĂ© i tanti fronti e i tanti luoghi dove tale guerra viene combattuta sono difficili da seguire: spesso i media si concentrano infatti su singoli aspetti non sempre ben legati tra loro. Noi abbiamo seguito attentamente le vicende e spesso vi abbiamo aggiornato sui social media, specialmente Twitter e Facebook. Ora qui vogliamo fare il punto della situazione riprendendo gli aggiornamenti e cercando di legare assieme gli eventi perchĂ© risulti piĂą comprensibile cosa davvero stia avvenendo e, in questo modo, permettere un’analisi della situazione.

Situazione in Siria al 1 Aprile 2016
Situazione in Siria al 1 Aprile 2016. Fonte @deSyracuse

DOPO PALMIRA  La nostra analisi parte da subito dopo la riconquista di Palmira da parte delle forze di Assad grazie all’appoggio delle truppe e dei cacciabombardieri di Mosca. La vittoria, mediaticamente rilevante e celebrata in tutto il mondo, ha costituito in effetti il punto di maggior successo dell’intervento russo in Siria, presentato come testimonianza visibile dell’impegno degli stessi contro l’ISIS. Tra gli analisti ci si è a quel punto impegnati a valutare quali potessero essere i passi successivi in un’avanzata che pareva ormai inarrestabile. Da un lato le forze russo-siriane avrebbero potuto continuare lungo la stessa strada da Palmira a Deir-ez-Zor, la cittĂ  nel sudest della Siria che è sotto assedio dell’ISIS da anni e viene rifornita solo per via aerea. La sua liberazione sarebbe stato un altro forte colpo mediatico. Ma un altro obiettivo possibile era Raqqa, la capitale del sedicente Stato Islamico – evidentemente altrettanto (se non piĂą) attraente dal lato propagandistico. Ma nessuna di queste due mosse poteva essere eseguita immediatamente.

Mappa dela zona controllata dal regime siriano. al-Quraytayn è nell'angolo a sudovest.
Mappa della zona controllata dal regime siriano a Palmira e dintorni, 22 Marzo 2016. al-Quratayn è nell’angolo a sudovest. Fonte: @petolucem

Come discusso da numerosi analisti, ogni avanzata avrebbe dovuto essere fatta con cautela e con una serie di azioni preliminari per assicurarne il successo. In particolare era necessario

  • “ripulire” la cittĂ  da mine e ordigni esplosive per renderla sicura;
  • conquistare la zona montagnosa subito a nord di Palmira per impedire ai miliziani ISIS lì presenti di attaccare sui fianchi;
  • riconquistare la cittadina di al-Quratayn (all’incirca tra Damasco e Palmira), necessaria per proteggere le linee di comunicazione prima di qualunque ulteriore avanzata.

Successivamente, indipendentemente dal bersaglio finale, sarebbe stato necessario avanzare (anche lentamente) su piĂą fronti sempre per coprirsi i fianchi.

In effetti per qualche settimana le operazioni militari si sono concentrate su tali aspetti preparatori: mentre la città veniva sminata (fino a permettere un concerto di Bach da parte di un’orchestra russa per celebrare la vittoria) e al-Quratayn riconquistata, le “Forze Tigre” attaccavano l’ISIS sulle montagne a nord di Palmira e conquistavano alcuni villaggi vicini sotto controllo avversario per proteggere le linee di comunicazione.

[box type=”info” align=”” class=”” width=””]Forze Tigre e Falchi del Deserto: L’esercito di Assad ha subito fortissime perdite durante gli anni di lotta ed è costretto ad appoggiarsi agli aiuti di Russia e milizie filoiraniane. Per quanto riguarda invece i rimasugli della SAA (Syrian Arab Army) oltre a coscritti – spesso per forza – male addestrati e ad alcune unitĂ  residue della Guardia Repubblicana, il regime si basa soprattutto su alcuni reparti scelti formati da unitĂ  delle forze speciali e da veterani esperti. Si tratta in particolare di due unitĂ , nominalmente della dimensione di una brigata ma in realtĂ  comunque sotto organico.

Una di queste è conosciuta come i “Falchi del Deserto” (Liwa Suqur al-Sahara), l’altra, la piĂą nota, è quella delle “Tigri” o “Forze Tigre” (Qawat al-Nimr), così chiamate perchĂ© guidate dal Maggior Generale Suheil al-Hassan detto appunto “al-Nimr” (la tigre). Negli ultimi anni, e ancora di piĂą negli ultimi mesi, queste unitĂ  sono usate per ogni azione offensiva e come truppe decisive per ogni battaglia importante. Tuttavia il numero ridotto dei loro effettivi rende difficile essere presenti ovunque, col risultato che le offensive molte volte sono risultate brevi perchĂ© le unitĂ  vengono spesso richiamate altrove per “tappare i buchi” dove lo schieramento di Assad e alleati è piĂą debole. Questa situazione di “coperta corta” rende difficile per Assad affrontare tutti gli avversari allo stesso tempo. Avrebbe avuto abbastanza soldati per giungere fino a Raqqa e Deir-ez-Zor?[/box]

Queste azioni hanno portato questo settore ad essere più tranquillo sostanzialmente fino a fine maggio. Nel frattempo però la battaglia ad Aleppo e dintorni continuava.

LA LOTTA PER AZAZ – Il periodo Marzo-Maggio 2016 infatti ha visto numerosi scontri soprattutto a nord di Aleppo, una zona complicata dalla presenza di Siriani lealisti, ribelli, ISIS, Curdi e la minaccia turca di intervenire se i Curdi fossero avanzati troppo. Le azioni piĂą drammatiche sono sicuramente state quelle da fine aprile, quando l’ISIS è riuscita a prendere numerose posizioni a danno dei ribelli siriani, minacciando la cittadina di Azaz e, soprattutto, i numerosi campi profughi locali lì vicini. La situazione per questi ultimi era drammatica: stretti tra piĂą fazioni rivali, non potevano andare verso l’ISIS (per ovvi motivi), non potevano andare verso il regime (che li considera traditori), non potevano andare in Turchia (barriere al confine). Tutto questo mentre in Europa si discuteva solo su come impedire andassero appunto nel Vecchio Continente…

Situazione della zona di Azaz, 27 Aprile 2016. Azaz e i campi profughi sono visibili nella parte verde
Situazione della zona di Azaz, 27 Aprile 2016. Azaz e i campi profughi sono visibili nella z verde. Fonte: @deSyracuse

VERSO RAQQA – La vera svolta però stava arrivando sul lato diplomatico, con un nuovo abbozzo di intesa tra USA e Russia. In seguito a un accordo tra Washington e Mosca per coordinare gli sforzi contro l’ISIS, a fine maggio le forze Curde e Siriane a guida USA (conosciute come Syrian Defence Forces – SDF) hanno lanciato l’offensiva per riprendere Raqqa. Per i Russi approvare l’azione USA aveva vari scopi: incremento collaborazione per uscire da isolamento, fare pressioni su Assad, alleggerire pressione ISIS su zone alawite colpite duramente dagli attentati (150 morti in vari attacchi esplosivi in un solo giorno).

Le zone controllate dai Curdi (in giallo) nella loro avanzata verso Raqqa. Fonte: Syria liveuamap
Le zone controllate dai Curdi (in giallo) nella loro avanzata verso Raqqa, primi giorni di offensiva. Fonte: Syria liveuamap

Contemporaneamente in Iraq si stava avanzando verso Fallujah  e in Libia verso Sirte, e proprio questa pressione su più fronti aveva forse convinto l’ISIS che era necessario spostare l’attenzione mediatica (e anche materiale) lontano.

L’ISIS CONTRATTACCA A MARE’ – Il 26-27 maggio infatti ISIS aveva incrementato gli sforzi a nord di Aleppo, tagliando in due le posizioni di vari gruppi ribelli e isolando la cittadina di Mare’. Il 28 maggio qualche debole controffensiva aveva riconquistato solo 4 villaggi, ancora insufficienti. In quei giorni ricordavamo ancora che la zona di Azaz, oltre a essere chiusa essa stessa, era anche sede di vari campi profughi e la preoccupazione per la loro sorte cresceva. L’offensiva ISIS contro Mare’ e Azaz serviva anche a distogliere l’attenzione dei media da offensiva contro Fallujah in Iraq, Sirte in Libia e soprattutto contro Raqqa (ancora nelle fasi iniziali). ISIS DOVEVA dare l’impressione di non essere solo sulla difensiva.

Zona a nord di Aleppo, tutti contro tutti. Al centro (verde) la zona di Mare' circondata dall'ISIS (colore piĂą scuro). Fonte: @petolucem
Zona a nord di Aleppo, tutti contro tutti, 27 maggio 2016. Al centro (verde) la zona di Mare’ circondata dall’ISIS (colore piĂą scuro). Fonte: @petolucem

Negli stessi giorni emergevano per la prima volta alcune immagini che mostravano come a nord di Raqqa le forze speciali USA combattessero al fianco dei Curdi, con stemmi curdi sulle mimetiche per ridurre “visibilitĂ ”. Poi dietro protesta turca li hanno tolti.

I CURDI AVANZANO ANCORA – Il 29-30 maggio i Curdi, con appoggio alleato, aprivano la quarta direttrice di avanzata verso Raqqa, puntando anche a Tabqa, che di fatto controlla accesso a Raqqa da ovest. In altre parole si cercava di limitare il possibile afflusso di rinforzi a Raqqa da altre parti.

Le quattro direttrici degli attacchi Curdi verso Raqqa (in giallo). Fonte: @markito0171
Le quattro direttrici degli attacchi Curdi verso Raqqa (in giallo). In rosso, il piano di Assad (vedi prossima puntata). Fonte: @markito0171

Gli eventi di quei giorni ci portarono a fare due considerazioni: 1) ISIS, quando è così in difficoltĂ , deve spostare l’attenzione dei media lontano dalle sconfitte e potrebbe puntare ad attentati ad alto impatto mediatico. Potrebbero intensificare tentativi. 2) le offensive in Iraq e Siria sembravano (e probabilmente erano) coordinate per, come si dice in gergo, saturare le difese ISIS: in pratica attaccando su piĂą fronti si costringe l’avversario a difendere ovunque e quindi, di fatto, a disperdere le forze su piĂą fronti. Questa pressione impedisce di spostare truppe da una parte all’altra, se non marginalmente, e facilita l’azione alleata. Oltre a ridurre morale avversario.

Ma tutto questo stava provocando un effetto morale anche su un altro attore: Assad.

Continua nella seconda parte

Foto di copertina di Kurdishstruggle Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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