Periodo molto concitato, sia per Erdogan che per Putin. Tutto ha avuto inizio con l’attentato allo stadio del Besiktas del giorno 11 dicembre e con l’assassinio dell’ambasciatore Karlov (il giorno 19). Ripercorriamo le vicende da lì arrivando all’accordo sulla Siria
L’ATTENTATO CHE HA INCRINATO LE CERTEZZE DELLA TURCHIA – L’uccisione di diplomatici nella storia, è stata a volte l’anticamera di drammatici conflitti. La morte dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo fu la miccia che fece scattare la Prima Guerra Mondiale, mentre il ferimento del Vice Ambasciatore d’Israele a Londra è stata la causa della prima guerra del Libano nel 1982.
Il problema è che spesso si è guardato a questi eventi collegando l’effetto alla causa e non viceversa. In altre parole: se quelle morti determinarono dei conflitti, ciò non fu dovuto all’attacco contro dei rappresentanti reali o dei diplomatici, ma al fatto che – antecedentemente – esistevano delle premesse storiche, che aspettavano solamente un evento catalizzatore per scoppiare. La morte dell’Arciduca Francesco Ferdinando, ad esempio, arrivò mentre esisteva uno stato di forte tensione fra l’Austria – Ungheria, intesa a mantenere il suo impero, e le forze nazionaliste presenti nei Balcani, tese a raggiungere l’indipendenza.
Fig. 1 – Un momento del funerale dell’ambasciatore Karlov
Idem dicasi per il ferimento del Vice Ambasciatore israeliano a Londra, Shlomo Argov: ben prima del 1982, infatti, il Libano si era tramutato nella base principale di Al Fatah, da dove partivano gli attacchi contro il territorio israeliano. Anche in questo caso, l’attentato contro un diplomatico israeliano fu solamente l’evento finale di una crisi latente.
TURCHIA: TENSIONI PER KARLOV? Come sottolinea Josh Marshall, quindi, non sono gli attentati a far scoppiare le guerre, ma rappresentano sono gli eventi culmine, di crisi latenti già esistenti. La morte dell’Ambasciatore Karlov porterà ad un conflitto tra Mosca e Ankara? La prima risposta, ormai a freddo, è no. Erdogan ha condannato l’attentato e una squadra di esperti è arrivata da Mosca ad Ankara per investigare sull’accaduto. La domanda va però formulata meglio: facendo salvo che un conflitto simmetrico tra Turchia e Russia non è alle porte, Putin si vendicherà della morte del suo diplomatico? Per Foreign Policy, la riposta sembra essere positiva.
Il prestigioso magazine, infatti, in un articolo pubblicato a poche ore dalla morte di Karlov, ritiene che Mosca si vendicherà nei confronti di Mosca usando quattro possibili “strumenti”:
1- un cyber attacco, capace magari di rubare le email del Presidente turco e diffonderle alla stampa via Wikileaks;
2- un nuovo blocco dell’export turco in Russia, come avvenuto dopo l’abbattimento del Sukoj russo nel novembre 2015;
3- la fine del cessate il fuoco ad Aleppo;
4- l’uso dei curdi siriani e del PKK per destabilizzare la Turchia.
È indubbio che se Putin vorrà vendicarsi, userà sicuramente una di queste pedine. La questione è che, ad oggi, non conviene al Presidente russo cercare di destablizzare Erdogan. Come sottolinea Aaron Stein sul The Atlantic, oggi “la Turchia ha bisogno della Russia per realizzare i suoi scopi militari e la Russia ha bisogno della Turchia per vincere in Siria“. In tal senso, piuttosto che ad una crisi tra Mosca e Ankara, bisognerebbe guardare alle reazioni degli iraniani sui recenti rapporti tra Ankara e Mosca sulla Siria (basti pensare alla contrarietà di Teheran e Assad alla tregua raggiunta ad Aleppo).
Fig. 2 – Un’immagine del Presidente Erdogan
POSSIBILE RAFFORZAMENTO DELLE RELAZIONI TRA RUSSIA E TURCHIA – Non è affatto escluso che la morte dell’Ambasciatore russo ad Ankara determini, invece, un rafforzamento delle relazioni tra Russia e Turchia. Questo per diversi motivi. In primis la Siria: oggi Erdogan ha come priorità il mantenimento dell’enclave in Siria, al fine di bloccare le aspirazioni curde e la guerra contro Isis, capace di destablizzare la Turchia all’interno. Pur rimandando ufficialmente l’obiettivo di abbattere Assad, nel breve periodo per Erdogan questo obiettivo si è fatto secondario. Di converso, Putin dopo Aleppo non ha alcuna intenzione di ripetere l’esperienza ad Idlib, al contrario di quanto spererebbero Teheran e Assad. A riprova di quanto affermato, va annoverato l’annunciato accordo tra Ankara e Mosca per un cessate il fuoco generale in Siria. Significativamente, un accordo raggiunto tra due attori, senza il coinvolgimento di Teheran – nonostante la presenza di Zarif alla Conferenza di Mosca sulla Siria – e dello stesso Assad. Il Cremlino ha appena confermato la notizia, conferma giunta subito dopo anche da parte dell’esercito di Damasco; una vittoria per Putin, dunque.
Significativamente, nelle stesse ore dell’annuncio turco, l’agenzia di stampa Sana annunciava che la Russia era in negoziati con il Segretario ONU Ban Ki Moon e con il Segretario di Stato Kerry, in merito alla situazione siriana.
TRA TURCHIA E SIRIA, ECCO TRUMP – Sempre a livello internazionale, c’è poi il fattore Trump: sia Erdogan che Putin hanno pubblicamente accolto positivamente l’elezione dell’ousider Repubblicano alla Presidenza americana. Per il califfo di Istanbul, Trump significa ottenere alcune garanzie previste dal sistema Nato, senza la pressione sul rispetto dei diritti umani e del sistema democratico. Per Putin, quindi, Trump è un Presidente che – in nome della guerra al terrorismo islamista – intende rendere la Nato una struttura secondaria.
C’è quindi un terzo fattore che unisce Putin ed Erdogan: entrambi guidano ormai dei regimi autoritari, ed entrambi – con la scusa della sicurezza interna – potranno usare la morte dell’Ambasciatore Karlov per aumentare le repressioni contro i settori considerati non allineati al potere centrale. Lo sta già facendo Erdogan, ovviamente. Subito dopo la morte del diplomatico russo, le autorità turche hanno incolpato la cerchia di Gulen, sostenendo che Mevlut Merv Altintas fosse legato al clerico turco espatriato negli Stati Uniti (e rimarcando come fosse in permesso durante il tentato golpe del 15 luglio 2016). Questo, nonostante il fatto che al Nusra abbia ufficialmente rivendicato l’assassinio dell’Ambasciatore Karlov.
Fig. 3 – Foto della devastazione di Aleppo
L’IDILLIO DURERA’ A LUNGO? – Il punto sta tutto qui. Ad oggi, infatti, non è possibile delineare alcun tipo di alleanza strategica in Medioriente. Nonostante le convergenze e l’alleanza militare, anche quella fra Mosca e Teheran, ad esempio, non è ancora un’alleanza stabile e omogenea. Lo stesso vertice a tre organizzato a Mosca poco dopo la morte dell’Ambasciatore Karlov, ha visto la Russia, la Turchia e l’Iran, essere concorsi solamente su vaghi principi quali l’integrità della Siria, qualcosa già in sostanza inesistente sulla mappa. Più che il documento finale della Conferenza di Mosca, sui media ha fatto molto più scalpore l’immagine della guardia del corpo del Ministro degli Esteri Zarif che fissava costantemente la guardia del corpo del Ministro degli Esteri turco Cavushoglu.
La Redazione
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
Non solo la situazione siriana, nonostante le convergente attuali tra Mosca e Ankara, resta instabile, ma la crisi potrebbe presto spostarsi in Iraq. Qui, infatti, la Battaglia di Musul è impantanata, il Governo centrale di Baghdad minaccia i soldati turchi presenti in Iraq come consiglieri dei curdi ed è praticamente tutto pronto per l’aprirsi di una prossima crisi tra sciiti e curdi. Un possibile scontro che potrebbe costringere Mosca a prendere le parti di Teheran, entrando in una nuova crisi diplomatica con Ankara[/box]
Foto di copertina di DonkeyHotey rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License