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Il Giappone di Shinzo Abe come attore chiave in Asia-Pacifico

In 3 sorsi – Verso la metà di gennaio 2017 il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe ha intrapreso un tour diplomatico che lo ha portato a visitare le Filippine, l’Australia, l’Indonesia e il Vietnam. L’obiettivo di Abe è quello di rafforzare i legami con questi Paesi sia in ambito economico sia nell’ambito della difesa

1. LE SFIDE DI TOKYO – Il Giappone deve oggi confrontarsi con l’emergere della potenza cinese. La crescente influenza di Pechino pone infatti in pericolo l’equilibrio nella regione Asia-Pacifico, già in bilico a causa delle diverse dispute tra le potenze dell’area.
Oltre al problema cinese, Tokyo dovrà confrontarsi anche con la nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump. In campagna elettorale il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha infatti più volte minacciato di voler rivedere le alleanze militari con i Paesi che ospitano truppe americane, tra i quali vi è appunto il Giappone. Ciò porrebbe quindi in una situazione di incertezza il sistema stesso di alleanze bilaterali che Washington ha tessuto nel Pacifico per contenere la Cina e la minaccia nucleare nordcoreana.
Inoltre, l’uscita formale degli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership (TPP), firmata lo scorso 23 gennaio da Trump attraverso un ordine esecutivo, ha rappresentato un brutto colpo per Shinzo Abe, che aveva lavorato intensamente insieme all’ormai ex-Presidente Barack Obama per la riuscita dell’accordo.

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Fig. 1 – Il Presidente americano Donald J. Trump firma l’uscita degli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership, 23 gennaio 2017

In questo clima di incertezza il Giappone può presentarsi come un attore fondamentale per il mantenimento dell’ordine attuale nella regione e le visite di Abe nelle Filippine, in Australia, in Indonesia e Vietnam possono rappresentare un primo passo verso questa direzione. L’intento di Tokyo è duplice: una maggiore apertura del Sud-est asiatico ad accordi di libero scambio, in modo da consentirne lo sviluppo economico e, soprattutto, il contro-bilanciamento della Cina.

2. ARGINARE LA MINACCIA CINESE – La questione della sicurezza è stata senza dubbio la tematica principale su cui si è basato il tour diplomatico del Primo Ministro giapponese. La crescente assertività di Pechino, soprattutto per quanto riguarda la questione del Mar Cinese Meridionale, preoccupa non solo le nazioni coinvolte, ma anche il Giappone stesso che, sebbene non sia direttamente implicato nella vicenda, ha interesse nel limitare la crescente influenza di Pechino.
Cruciale è stata la prima tappa nelle Filippine dell’eccentrico Presidente Rodrigo Duterte. Recentemente, il Governo di Manila si è mostrato insofferente verso Washington e ha intensificato i rapporti con la Cina. Pechino ha infatti promesso 24 miliardi di dollari e, in cambio, Duterte ha deciso di accantonare le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale. Attraverso la visita di Abe, Tokyo ha a sua volta promesso un pacchetto di mille miliardi di yen – circa 1,8 miliardi di dollari – da investire nel potenziamento della rete infrastrutturale del Paese e l’impegno del Giappone a fornire nuovi mezzi per la Guardia costiera filippina.

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Fig. 2 – Shinzo Abe e il Presidente delle Filippine Rodrigo Duterte durante la visita del Premier giapponese a Manila, 12 gennaio 2017

Dello stesso tema si è discusso anche durante le visite di Abe in Vietnam e in Indonesia. Ad Hanoi, il Governo di Tokyo è riuscito a siglare un accordo che prevede la fornitura di nuove vedette per la Guardia costiera vietnamita, mentre a Giacarta, nonostante la promessa di una più stretta collaborazione militare, non c’è stato un completo accordo a riguardo. Sebbene anche l’Indonesia tema la crescente influenza di Pechino, con cui si contende la sovranità delle isole Natuna, non è però coinvolta nelle principali controversie del Mar Cinese Meridionale. Mentre il Primo Ministro Abe si è mostrato più interessato ai temi della sicurezza, il Presidente indonesiano Joko Widodo ha posto invece l’attenzione sui temi economici. Il Giappone è infatti uno dei maggiori investitori in Indonesia e, durante l’incontro, si è discusso anche di nuovi progetti infrastrutturali nel Paese.

3. IL FUTURO DEL TPP – Fondamentale è stato l’incontro di Shinzo Abe con il Primo Ministro australiano Malcolm Turnbull. I due leader hanno ribadito di voler lavorare con la nuova amministrazione Trump per il rafforzamento dell’alleanza con Washington e si è parlato anche di una maggior cooperazione militare, con l’annuncio di esercitazioni congiunte. Tuttavia, il punto principale dell’incontro con il Primo Ministro australiano ha però riguardato il futuro del TPP che, secondo gli esperti, porterebbe ingenti vantaggi economici per i due Paesi.
Con gli Stati Uniti ormai fuori dal trattato, il TPP potrebbe però essere accantonato definitivamente anche se l’Australia, con l’appoggio della Nuova Zelanda, si è successivamente detta favorevole ad un accordo senza Washington. Canberra ha ipotizzato di coinvolgere la Cina per salvare il trattato di libero scambio, ma Tokyo non sembra favorevole a questa ipotesi, soprattutto riguardo ad una possibile entrata di Pechino.
Shinzo Abe, che ha in programma un incontro con Trump per il 10 febbraio prossimo, tenterà di convincere il nuovo Presidente americano sul TPP. Tuttavia, qualora non vi sia alcuno spiraglio per salvare il trattato, Abe si è detto comunque disposto a rinegoziare un nuovo accordo bilaterale con Washington.

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Fig. 3 – Shinzo Abe e il Primo Ministro australiano Malcolm Turnbull a Sidney durante i loro recenti colloqui bilaterali, 14 gennaio 2017

Il Giappone, date le sfide cruciali che dovrà affrontare nei prossimi anni, sembra essere quindi tornato protagonista della scena internazionale. La rinuncia degli Stati Uniti a entrare a far parte del TPP e l’imprevedibilità della politica estera di Trump potrebbe finire per favorire la Cina. Tokyo dovrà perciò assumersi sempre più responsabilità per mantenere saldo il sistema di alleanze e la cooperazione con i Paesi dell’area, anche senza l’appoggio di Washington.

Daniele Speciale

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il Mar Cinese Meridionale è un territorio chiave poiché da qui passano alcune delle rotte commerciali più importanti del pianeta, oltre che un terzo del gas naturale liquido mediorientale che rifornisce Cina e Giappone. La stessa area marittima è molto ricca di riserve petrolifere, il che la rende particolarmente appetibile per i Paesi che si contendono la sovranità su questo tratto di mare.
Per la Cina, il Mar Cinese Meridionale è di vitale importanza. Il commercio è infatti il motore che alimenta la crescita economica cinese e la difesa delle rotte commerciali e dei mercantili cinesi è quindi per Pechino un tema di sicurezza nazionale. Infatti, nel caso in cui una nazione decida di attuare un blocco commerciale nel Mar Cinese Meridionale, la crescita economica cinese si arresterebbe. Per proteggere queste rotte commerciali, così vitali per Pechino, la Marina militare cinese sta costruendo delle vere e proprie basi militari situate su isolotti artificiali e piccoli atolli.[/box]

 

Foto di copertina di Metropolico.org rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License

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Daniele Speciale
Daniele Speciale

Sono nato a Ivrea, in provincia di Torino, nel 1988. Da sempre appassionato di storia, sono poi rimasto affascinato dalle tematiche riguardanti la geopolitica. Ho deciso così di intraprendere una carriera universitaria basata sulle Relazioni internazionali, conseguendo dapprima la laurea triennale in Scienze politiche e Relazioni internazionali all’Università della Valle d’Aosta e, successivamente, la magistrale in Scienze internazionali all’Università di Torino. Durante la stesura della mia tesi magistrale incentrata sull’egemonia americana e sul multipolarismo emergente, ho potuto apprezzare e studiare in modo approfondito i grandi autori della disciplina delle Relazioni internazionali. Mi appassiona scrivere di politica internazionale ed è proprio grazie a questa mia passione che ho potuto incontrare il Caffè.

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