Le centrali elettriche del Bala e del Chepete in Bolivia genereranno circa 4000 megawatt con un investimento di oltre 6 miliardi di dollari, ma gli indigeni e le opposizioni insorgono: “devasta l’ambiente in un’area protetta”
BALA, LA POSIZIONE – La zona di Bala Gorge, in italiano “Stretto della palla di cannone” si trova nel nord del paese, a una dozzina di chilometri da Rurrenabaque, centro turistico anche conosciuto come “La Perla del Beni” grazie a clima mite, popolazione accogliente e tanta natura incontaminata. La zona dove sorgerebbe la diga necessaria alla centrale idroelettrica è dunque uno stretto, un’insenatura tra due alture dove scorre il rio Beni, nella regione a clima pluviale della Bolivia.
La zona a est del Bala è però parte del Parco Nazionale del Madidi che, istituito nel 1995, è stato riconosciuto nel 2012 come l’area con maggiore biodiversità in tutto il pianeta (dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ed è quindi zona protetta gestita dal Servicio Nacional de Áreas Protegidas.
Fig.1 – Veduta del Rio Beni (la foto è di Daniele Bordoli)
CENTRALE IDROELETTRICA, LA FUNZIONE – Il progetto ha lo scopo, più volte esplicitato, di rendere lo Stato Plurinazionale di Bolivia il polo energetico di riferimento per tutto il Latino – america, producendo e vendendo energia elettrica prodotta grazie alle nuove centrali. Il fabbisogno per tutto il paese è di circa 1’300 Megawatt e la produzione è di 1’600, quindi i 3676 Megawatt stimati proveniente da Bala e Chepete potranno essere interamente destinati all’esportazione.
Un altro timore espresso da Álvaro García Linera, vice del presidente Evo Morales, è che la mancata realizzazione delle strutture porterebbe nel giro di breve tempo alla perdita di leadership economica e conseguentemente politica della città di La Paz. La capitale è già attualmente in una situazione di difficoltà, causata anche dalla siccità e dalla crisi idrica che la colpisce ormai da qualche mese, ma soprattutto per via della sproporzionata crescita demografica e soprattutto industriale della città di Santa Cruz. García Linera ritiene dunque che il nuovo come energetico possa dare nuovo impulso alla sede di governo.
GLI STUDI – La prima volta che si parlò di costruire una riserva energetica fu addirittura nel 1958, quando l’allora capo del governo Hernan Siles Zuazo richiese uno studio di fattibilità proprio a Bala Gorge. Le risposte furono però negative: lo stabilimento avrebbe prodotto circa 1600 Megawatt, intaccando però il 18% dell’area naturale. Un secondo studio compiuto nel 1995 stimò che la portata del progetto sarebbe stata di circa 2’400 megawatt, e l’impatto ambientale sarebbe stato ridotto al 12%, ma anche in quel caso l’idea fu accantonata.
Fu nel 2007 che il neoeletto Evo Morales, leader del partito MAS e primo presidente indigeno della storia boliviana, riprese l’idea, ma solo anni più tardi (nel 2016), commissionò un nuovo studio alla società italiana Geodata. Stando ai dati riferiti dal presidente in una conferenza stampa di ottobre 2017, l’area protetta risulterebbe intaccata solo del 2%, ritenuto sacrificabile per la mastodontica opera, dal costo di circa 6 miliardi di dollari USA. Anche il disegno finale, da proporre in parlamento, è stato richiesto alla stessa società. Fig. 2 – Caimano nero del Madidi (la foto è di Daniele Bordoli)
LE PROTESTE – Oltre ad essere area protetta, la zona del Bala è abitata da comunità indigene Mosetén e Guaranì. Situata nel municipio di Palos Blancos, la comunità Mosetén sarà distrutta per il 50%, stando alle dichiarazioni di David Mayto (vicepresidente dell’Organización del Pueblo Indigeno Mosetén). In lotta prima con gli spagnoli, a cui han sempre resistito, poi con il governo che voleva trasformare l’area in coltivazioni di gomma, infine con coloni che volevano usurpare la zona per ricerche petrolifere, i Mosetén non hanno alcuna intenzione di cedere sulle proprie rivendicazioni.
Dal canto suo, il governo ha già annunciato che avvierà una consultazione con le popolazioni residenti che però temono si ripeta quanto successo per alcuni pueblitos della zona di Uyuni: nonostante il parere contrario espresso riguardo il passaggio del Rally Dakar nelle proprie strade hanno comunque visto attraversare i propri paesi dalla carovana. Quello che chiedono quindi gli indigeni è che la consultazione diventi un referendum, e che sia vincolante. Questa è l’unica mediazione che sono disposti a concedere i contestatori, che continuano però a vedere il progetto come una violazione dell’ambiente e dei propri diritti, nonostante il ministro per gli idrocarburi Luis Sánchez abbia recentemente dichiarato che “non esistono proteste, né oppositori”.
Daniele Bordoli
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
La Repubblica di Bolivia nel 2009 è diventata ufficialmente Stato Plurinazionale di Bolivia, grazie alla nuova costituzione che riconosce il diritto all’autogoverno e alla conservazione delle proprie tradizioni per quei popoli indigeni che già vivevano in Bolivia prima della dominazione spagnola. Numerose sono le comunità indigene, soprattutto nella zona tropicale, e hanno via via acquisito maggior autonomia nei confronti delle politiche di La Paz, ma spesso in fatto di grandi opere pubbliche sono costretti con la forza a sottostare alle imposizioni provenienti dall’alto. [/box]
Foto di copertina di Cancillería Ecuador rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License