Il forum Stati Uniti-Cina conferma la realizzazione di un nuovo assetto geopolitico: Pechino si appresta ad affiancare Washington come principale leader globale
IL FATTO – Nato per volere dell’ex Presidente Repubblicano George W. Bush, il forum di dialogo strategico ed economico tra Stati Uniti e Cina potrebbe aprire una nuova era di sostanziosa cooperazione nei rapporti tra i due paesi che plasmerà il XXI secolo. Le parole di Barack Obama, riprese nella sostanza anche dal Segretario di Stato Hillary Clinton, sembrano quindi introdurre nuove relazioni tra i due giganti dell’economia mondiale, che secondo molti saranno una sorta di G-2 capace di controllare i flussi economici globali. Nelle intenzioni la mossa statunitense sembra ricordare la diplomazia del ping-pong, non a caso Obama ha volutamente inserito nel suo discorso le parole di un campione sportivo cinese, messa a punto dall’ex Presidente Nixon. In realtà lo sviluppo del summit sembra essere indicatore di una volontà ben precisa: sostituire la Russia come primo interlocutore sul versante del Pacifico. Guardando all’Asia l’amministrazione statunitense ha quindi scelto di tentare un riavvicinamento alla Cina guidata da Hu Jintao sia rispetto ai temi caldi dell’ economia sia in ambiti più delicati. Politica e questioni di sicurezza nel quadrante asiatico, energia e clima sembrano poter essere gli ambiti in cui verrà messa in atto una stretta collaborazione tra i due paesi. Non a caso Obama ha parlato chiaramente di lotta comune al disarmo nucleare, citando espressamente le questioni Iran e Corea del Nord, e di sforzo condiviso per allontanare il problema di una recessione globale che, secondo le parole del Presidente Usa, farà sentire i suoi effetti da New York fino a Shangai.
GLI SCENARI – La volontà cinese di trattare con Washington (il vicepremier Wang Qishang ha parlato di un importante punto di incontro per i due paesi) sembra confermare quanto fin qui sostenuto. Per l’area asiatica la Casa Bianca starebbe mettendo in atto una strategia volta al riavvicinamento con due potenze regionali di primo livello, India e Cina, così da poter giungere alla stabilizzazione di una regione scossa da guerre e attriti di carattere politico oltre che economico. Il riavvicinamento tra Washington e Pechino nasce quindi dal bisogno di affrontare insieme una crisi economica globale capace di far sentire i suoi effetti su entrambe le sponde del Pacifico, ma si svilupperà probabilmente sia in campo politico che strategico. L’influenza politica cinese nell’area potrebbe quindi trovare il supporto militare e strategico della Casa Bianca rispetto a quelle questioni, come il nucleare in Corea del Nord, che rischiano di trasformarsi in possibile fonte di instabilità regionale con ricadute su altri scenari. Non bisogna comunque dimenticare che Stati Uniti e Cina non sono al momento, e non saranno neanche nel prossimo futuro, sullo stesso livello. La Casa Bianca sa bene che solo Washington può coordinare e dirigere la politica internazionale, intervenendo globalmente sulle issues più importanti. Per questo il summit tra i due paesi sarà anche un momento di confronto e chiarimento tra le leadership. L’avvento di Barack Obama e la politica estera fondata sulla pragmaticità delle scelte non deve confondere: per ogni presidente l’interesse nazionale statunitense è la Stella Polare su cui impostare la rotta del proprio mandato. Il percorso e le modalità di approccio alle tempeste tracciati da Barack Obama differiranno certamente da quelli sperimentati negli ultimi anni da George W. Bush, ma la meta è fissa da sempre. Su questa premessa, e sulla percezione che gli statunitensi hanno del cambiamento in atto nel proprio paese, si giocherà forse il destino del primo presidente afroamericano della storia.
Simone Comi [email protected]
Foto: in alto, Obama e Hu Jintao si stringono la mano
Sotto: il segretario USA all'Economia, Timothy Geithner, con Hillary Clinton