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A 47 anni dall’Apollo 13: Houston abbiamo avuto un problema

AstroCaffèContinua lo speciale per il 47° anniversario dell’Apollo-13. Il 13 aprile è il giorno dell’incidente e della famosa frase “Houston abbiamo un problema”, che, come si vedrà, è sbagliata

LA LUNA È ORMAI ROUTINE – Il 13 aprile Apollo-13 entrò nel campo gravitazionale della Luna, iniziando ad accelerare. Per atterrare sull’altopiano di Fra Mauro con la giusta illuminazione solare l’astronave non era stata messa su una traiettoria di ritorno libero (si veda Un chicco in più per la spiegazione), come la precedente Apollo-12 e diversamente da Apollo-8, Apollo-10 e Apollo-11. Per la sera, era programmata una trasmissione in diretta da parte dell’equipaggio, uno show per far vedere la vita a bordo e mostrare al pubblico l’interno del CSM Odissey e del LM Aquarius (dall’Apollo-9 la NASA permetteva agli astronauti di ribattezzare il modulo di comando e servizio e il modulo lunare per facilitare le comunicazioni quando le due componenti dell’astronave Apollo erano separate). La trasmissione non fu trasmessa in diretta dalle reti televisive statunitensi, poiché l’audience dei voli spaziali era ormai calata drasticamente.

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Fig. 1 – Il giornalista Jules Bergman della ABC durante una delle edizioni speciali dedicate all’incidente dell’Apollo-13. Inutile dire che dopo l’esplosione, la missione era su tutte le reti televisivie e sulle prime pagine dei quotidiani

HOUSTON ABBIAMO (AVUTO) UN PROBLEMA – Poco dopo aver terminato la trasmissione i tre astronauti iniziarono le operazioni per andare a dormire. Prima però da Houston, sede del Centro Controllo Missione, arrivò un ordine da eseguire: attivare le ventole per rimescolare l’ossigeno liquido contenuto nel serbatoi del modulo di servizio (Service Module – SM). La procedura era di tipo standard e serviva a rendere il liquido omogeneo per permettere una lettura della quantità più precisa. Swigert attivò gli interruttori appositi e la missione cambiò. Due minuti dopo, l’equipaggio avvertì una forte esplosione seguita da cali di tensione elettrica e dalla perdita di controllo dell’assetto dell’astronave. L’allarme principale suonò. Erano passate 55 ore 54 minuti e 53 secondi dall’inizio della missione. I controllori a Houston fecero appena in tempo a notare gli strani dati della telemetria che alla radio si sentì Swigert dire «Ok Houston, abbiamo avuto un problema qui» (Ok Houston, we’ve had a problem here). Il responsabile delle comunicazioni da terra con l’astronave, o CAPCOM (Capsule Communicator), di turno, l’astronauta Jack Lousma rispose: «Qui Houston, potete ripetere per favore?» (This is Houston, say again please?). A quel punto Lovell pronunciò la famosa frase: «Houston abbiamo avuto un problema» (Houston we have had a problem). Inizialmente si fecero le ipotesi più diverse sulla causa dell’anomalia, dall’impatto con un asteroide a un difetto nel sistema d’allarme. La gravità della situazione fu chiara solo quasi 15 minuti dopo quando Lovell si accorse, guardando da uno dei finestrini, che stavano seminando qualcosa nello spazio. In base alla lettura degli indicatori non ci fu dubbio che fosse ossigeno. Il problema era che il gas non era importante solo per la respirazione degli astronauti, ma anche per la produzione di energia elettrica e acqua (per bere e raffreddare la strumentazione elettrica) tramite tre pile a combustibile che lo combinavano con l’idrogeno. In breve, Odissey era spacciato.

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Fig. 2 – Il pannello strumenti del modulo di comando

LA SCIALUPPA DI SALVATAGGIO – Tra equipaggio e centro di controllo missione, i calcoli davano qualche decina di minuti al massimo di vita all’Odissey. La priorità era evitare che si esaurissero le batterie del modulo di comando (indipendenti da quelle del modulo di servizio). Queste erano fondamentali per il funzionamento del veicolo per le ultime ore di missione fino al rientro (dopo lo sgancio del SM) e si sarebbero attivate automaticamente in caso di malfunzionamento delle pile a combustibile. La scelta ovvia era attivare il LM Aquarius per usare i suoi generatori di elettricità e i sistemi di sopravvivenza oltre al computer di navigazione e il motore. A Houston infatti, era stato deciso di non rischiare l’uso del motore principale del modulo di servizio per la manovra di annullamento della missione e rientro diretto sulla Terra (per quando si sapeva il modulo di servizio era da considerare completamente inutilizzabile). Sarebbe stato usato invece quello di discesa del LM (il modulo lunare aveva un motore per la discesa sulla Luna e uno per la risalita) per mettere Apollo-13 sulla traiettoria di ritorno libero. L’equipaggio doveva usare i minuti rimanenti di funzionamento dell’Odissey per effettuare una procedura inventata sul momento per un avvio rapido dei sistemi dell’Aquarius e il trasferimento dei dati di navigazione tra i due computer di guida. Il tutto riuscì e il motore di discesa del LM fu acceso una prima volta per 34 secondi per correggere la traiettoria.

apollo 13 photo

Fig. 3 – Il modulo di comando Odissey visto da quello lunare Aquarius durante il sorvolo lunare

A CASA, DI CORSA – Il 15 aprile, Apollo-13 raggiunse la Luna per compiere il sorvolo che, sfruttandone la gravità, avrebbe riportato l’astronave verso la Terra. Se si guarda la faccia visibile del nostro satellite, Odissey e Aquarius arrivarono dalla parte “sinistra”, girarono dietro e ricomparvero dalla parte “destra” compiendo una specie di traiettoria a forma di otto. Mentre l’equipaggio scattava fotografie della Luna ed era fuori comunicazione con la Terra durante il sorvolo del lato nascosto, a Houston calcoli impietosi evidenziarono due questioni. La prima era il consumo elettrico del LM, troppo elevato (con tutto acceso) perché le batterie e i sistemi potessero mantenere in vita i tre astronauti e far funzionare il veicolo fino a poche ore dal rientro. La seconda, ancora più inquietante, riguardava i livelli di anidride carbonica (CO2) all’interno dell’astronave. I filtri dell’Aquarius erano pensati per filtrare la CO2 intrappolando il carbonio e rilasciando solo ossigeno per riciclare l’aria. Compresi i ricambi, servivano a mantenere in vita due persone per un paio di giorni. Inoltre, i filtri del modulo di comando non erano compatibili con quelli del modulo lunare. Una prima soluzione, per risolvere il primo problema e guadagnare tempo per il secondo fu di eseguire una seconda accensione del motore di discesa del LM, denominata PC+2 (Pericynthion +2, ossia due ore dopo il superamento del punto più vicino alla Luna della traiettoria). L’accensione del motore durò 4 minuti e 24 secondi, accorciando il viaggio di ritorno di 10 ore e spostando il punto di ammaraggio dall’Oceano Indiano a quello Pacifico.

Video 1 – L’audio del momento dell’esplosione e dell’ora successiva. La chiamata di Swigert che segnala il problema è al minuto 6.30 

(Continua)

Emiliano Battisti

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Cause dell’esplosione – L’isolamento in teflon dei cavi di alimentazione delle ventole del serbatoio d’ossigeno numero 2 era danneggiato e favorì un cortocircuito che produsse scintille che diedero fuoco all’isolamento. Le fiamme fecero salire la pressione dell’ossigeno oltre i limiti e la copertura superiore cedette. L’ossigeno fuoriuscì inondando tutta l’area (denominata Settore 4 del modulo di servizio) e aumentando ancora la pressione (grazie alle fiamme) esplodendo e facendo quindi saltare il pannello di copertura esterno del settore 4. L’esplosione danneggiò anche il serbatoio d’ossigeno 1 che causo la perdita che fu notata da Lovell quasi un quarto d’ora dopo. Inoltre, le pile a combustibile 1 e 3 smisero di funzionare e l’antenna in banda s fu danneggiata. Tutto questo fu dovuto a una concatenazione di piccole negligenze da parte dei tecnici. Per leggere il rapporto completo si può accedere qui.

Traiettoria di ritorno libero – Questo tipo di traiettoria prevede il sorvolo della Luna senza entrare in orbita, per poter rientrare direttamente sulla Terra senza compiere (in teoria) manovre con il motore principale, grazie alla gravità lunare. Sostanzialmente, la traiettoria ha una forma a otto. Fu usata per la prima volta per l’Apollo-8 come misura di sicurezza, nel caso il motore principale del modulo si servizio non si fosse acceso per far entrare il veicolo in orbita lunare (la missione, non disponeva del LM e dei suoi motori, quindi la precauzione era ancora più necessaria). Questa precauzione fu presa anche per le missioni Apollo-10 e Apollo-11 e fu abbandonata per l’Apollo-12 dato che non si erano mai riscontrati problemi nelle accensioni del motore principale del modulo di servizio. [/box]

Foto di copertina di NASA on The Commons rilasciata con licenza

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Emiliano Battisti
Emiliano Battisti

Consulente per la comunicazione per un’azienda spaziale e Project Officer and Communications per OSDIFE, sono Segretario Generale e Direttore della comunicazione dell’APS Il Caffè Geopolitico e Coordinatore dei desk Nord America e Spazio. Ho pubblicato il libro “Storie Spaziali”.

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