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Vittoria di Maduro nella costituente, il futuro ambiguo del Venezuela

Il Venezuela ieri ha votato per l’ assemblea costituente. Una misura disperata di Maduro per afferrare il potere e convertire il Paese in una repubblica definitivamente socialista. La nostra analisi dei risultati con un focus sulle conseguenze internazionali del voto

LA COSTITUENTE, LE DUE VERSIONI DEL #30J – Sin dalla prima mattina di ieri le poll stations hanno iniziato a funzionare; l’obiettivo era quello di scegliere i rappresentanti dell’assemblea costituente incaricata di redigere la nuova magna carta del Venezuela, in risposta ad una chiamata del Governo, dello scorso 1 maggio, quando si decise di convocare le polemiche elezioni per questo 30 di luglio. Tutti i candidati erano sostenitori del Governo di Maduro (è stata eletta anche la signora Maduro, Cilia Flores, indicata dall’augusto coniuge come la primera combatente) e l’opposizione, trovando illegittima l’elezione, non ha presentato nessun candidato.
Analizzando la giornata attraverso i social media, le immagini dei seggi elettorali erano quelle di postazioni senza molta affluenza, un fenomeno strano per la realtà elettorale del Venezuela che negli ultimi tempi si è caratterizzata per essere un Paese che oltre ad avere un gran numero di consultazioni negli ultimi 20 anni, ha sempre registrato una grandissima partecipazione in ogni comizio elettorale. Nonostante questa realtà, rappresentanti del Governo continuavano ad assicurare il successo della giornata, ed incoraggiavano gli elettori a continuare a partecipare pacificamente.
Un altro fronte della giornata lo viveva l’opposizione, che in principio aveva deciso di realizzare una grande manifestazione lo stesso30 luglio, per mostrare il malcontento della popolazione nei confronti della costituente. Giorni prima, Maduro ha proibito la realizzazione del corteo per cui la MUD (Mesa de la Unidad Democrática), ha convocato uno sciopero per paralizzare il Paese in segno di disapprovazione. La brutale repressione della GNB (Guarda Nacional Bolivariana) ha lasciato 16 morti nel corso della giornata, secondo la conferma del Ministerio Público e tanti altri feriti ed incarcerati. Questi si sommano alle 105 vittime già accertate di questi mesi di resistenza dell’opposizione.

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Fig.1  – Sorveglianza ad un seggio di Caracas

LE VOTAZIONI, LE CIFRE – Ci sono 19.805.002 venezuelani iscritti nei registri elettorali, abilitati per votare in qualsiasi elezione. Poche ore prima della chiusura dei centri di votazione la MUD ha dichiarato che si erano presentati solo 2.483.000 elettori alla chiamata ufficiale del Governo. Questa cifra rappresenterebbe solo il 12,4% degli iscritti, un netto rifiuto di questa iniziativa di Maduro. E dobbiamo tenere in conto che il 16 luglio, l’opposizione ha organizzato velocemente un referendum per dimostrare il malcontento della popolazione nei confronti della assemblea, votazione che ha ottenuto più di sette milioni di voti a favore.

Secondo il CNE (Consejo Nacional Electoral) ufficialmente 8.089.320 persone hanno dimostrato non solo la sua approvazione di questa costituente come processo di pace, ma hanno anche scelto i rappresentanti che saranno i responsabili di scrivere il futuro politico del Venezuela. L’importante di questa dichiarazione è pensare che dall’ultima elezione parlamentare nel Paese, nel 2015, gli scritti sono cresciuti di solo 300.000 persone. In quell’occasione, si sono presentati a votare quasi quindici milioni di individui, e la maggioranza dei voti l’ha ottenuta la MUD, assicurandosi il maggior numero di posti nell’AN (Assemblea Nazionale). In tale frangente, solo poco più di cinque milioni di elettori hanno approvato il Governo di Maduro rispondendo positivamente alla sua idea di rivoluzione, assicurandoli cinquantacinque posti nel Parlamento. Detto questo, dobbiamo considerare che sono passati 2 anni in cui la crisi economica ed istituzionale venezuelana è cresciuta esponenzialmente, il fenomeno della migrazione aumentato oltre misura e da quasi di 4 mesi il Paese registra strenua resistenza e confronti violenti per dimostrare la disperazione  della popolazione. Il meccanismo di voto è stato duramente contestato; i registri elettorali erano due, uno legato alla residenza territoriale, l’altro all’appartenenza ad una classe sociale (“sectoriales“) di riferimento, ma senza nessun controllo. Così, i filogovernativi (dietro compenso, si teme) hanno potuto votare più volte. Le opposizioni, invece, si sono astenute dal voto. 

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fig. 2 – Un’immagine di Henrique Capriles, uno dei leader dell’opposizione, durante una conferenza stampa

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE – Molte sono state le reazioni dei diversi leader internazionali rispetto alla costituente. In anzi tutto la scorsa settimana l’Organizzazione degli Stati Americani ha espresso la sua disapprovazione nei confronti della consultazione, presentando a Nicolás Maduro la richiesta di cancellare l’evento. Secondo lo statuto dell’OAS sarebbe stato necessaro raggiungere un quorum di 18 Paesi ma solo 13 si sono manifestati contrari alla costituente.
Durante la giornata di ieri 30 di luglio, diversi rappresentanti di tanti paesi latinoamericani si sono uniti in una voce contro la costituente del Venezuela. Rappresentanti dell’Argentina, Brasile, Colombia, Cile, Messico, Paraguay, Perù, Spagna e Stati Uniti hanno dichiarato che non avrebbero  riconosciuto il risultato, indicando questa come un’azione disperata ed illegale di Maduro per legittimare la sua rivoluzione. Il Presidente peruviano ha indetto una riunione tra questi Paesi e tanti altri, per discutere il futuro internazionale del Venezuela, possibili sanzioni contro il Governo centrale e il mancato riconoscimento pubblico di quello accaduto ieri. L’isolamento politico internazionale sarà sicuramente il risultato di questa riunione. Un’azione che non si è mai vista nella storia latinoamericana e che è già iniziata a livello di “soft-power” con la decisione di tante compagnie aeree importanti di smettere di operare nel Venezuela, non per mancanza di richiesta, ma per l’assenza invece di sicurezza economica, sociale, politica e soprattutto a causa del malcontento del governo nei confronti degli investimenti stranieri.
L’azione più forte al momento l’ha presa l’amministrazione Trump. La settimana scorsa ha deciso di applicare delle sanzioni contro i principali politici del Governo di Maduro. Ha congelato i beni e i conti correnti dei leader venezuelani addetti al governo più importanti. La causa fondamentale di quest’azione statunitense è la condanna del Governo venezuelano per corruzione, violazione dei diritti umani e non protezione della democrazia. Tra i politici sanzionati ci sono il deputato ed ex-vicepresidente Elias Jaua, la presidente del CNE Tibisay Lucena e Tarek William Saab. Nonostante ciò, il governo degli Stati Uniti ha anche un altro asso nella manica; l’interruzione  dell’acquisto di greggio da parte dell’America, principale acquisitore di petrolio venezuelano ed anche uno dei principali venditori di prodotti derivati del petrolio allo Stato di Maduro. Questo rappresenterebbe il crollo definitivo di un’economia in crisi da anni, che ha raggiunto livelli d’inflazione mai visti prima d’adesso.

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Fig. 3 – Il petrolio venezuelano, unica fonte di introiti dello Stato

E ADESSO? L’opposizione venezuelana ha rifiutato i risultati della costituente. Come risposta diretta ha chiesto di continuare le manifestazioni nelle strade del Paese. È stato programmato per oggi l’inizio di un nuovo ciclo di proteste civili, in cui si spera di bloccare il normarle funzionamento del Venezuela per evidenziare il malcontento con la situazione attuale, ma anche la disapprovazione delle conseguenze dirette dell’elezione.
Tanti pronosticano una guerra civile, in tanti stati del mondo questa sarebbe stata la conseguenza diretta di un’elezione senza motivo e senso chiaro. In Venezuela, la calma con cui la popolazione è andata a dormire ieri sera dopo l’annuncio di Tibisay Lucena, rispetto ad un’elezione in cui, i conti non corrispondono ad una logica di supporto alla rivoluzione del XXI secolo, ci fa pensare che guerra non sia proprio il passo a seguire. La chiamata è sempre la stessa, mantenersi nelle strade, rivolgersi alla comunità internazionale in un disperato bisogno di aiuto ed aspettare che le vite perse fino ad ora siano state vittime di un futuro migliore.

Emilia Labarca Bonilla

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Il “primo voto per la libertà” è stato realizzato dal Presidente Maduro, al momento di confermare la sua partecipazione, in diretta si è fatto vedere che il suo “Carnet de la Patria” non era riconosciuto come valido, quindi lascia in dubbio la sua vera partecipazione oppure la veracità di tutta l’elezione [/box]

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Emilia Labarca Bonilla
Emilia Labarca Bonilla

Nata a Santiago del Cile e cresciuta nel posto più bello al mondo, l’Isola Margarita in Venezuela. Laureata in Scienze Politiche presso l’Universidad del Desarrollo a Santiago, Master in Geopolitica e Sicurezza Globale alla Sapienza. Da tutta la vita appassionata dei viaggi, innamorata dell’Italia. Alla ricerca di condividere la mia visione di Latinoamerica, e perché no del mondo, in Europa.

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