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La corsa della Cina allo spazio

I recenti sviluppi del programma spaziale cinese hanno contribuito al rafforzamento di Pechino nel contesto internazionale. Sebbene molti progetti portati a termine con successo abbiano inorgoglito il Paese, non sono mancate delusioni e battute d’arresto, dovute forse ad un eccessivo ottimismo nel mettere in pratica le ricerche effettuate

UN AMBIZIOSO PROGRAMMA SPAZIALE – Dal lancio del primo satellite Dong Fang Hong, nel 1970, i progressi registrati dall’Agenzia Nazionale Cinese per lo Spazio (CNSA) sono stati notevoli e alcuni davvero futuristici. Se all’inizio dell’avventura spaziale l’obiettivo di Pechino era prettamente militare e difensivo, soprattutto alla fine degli anni ’60, l’attenzione si è spostata successivamente verso le esplorazioni e le ricerche. Nel corso degli anni gli sforzi furono notevoli e tuttavia soltanto nel 2003, a seguito di diverse battute d’arresto, la Cina riuscì ad inviare un taikonauta (nome cinese degli astronauti) nello spazio, e lo fece con un veicolo spaziale ispirato alla navetta spaziale russa Soyuz, la Shenzhou 5. Le aspirazioni spaziali cinesi iniziarono a crescere e la volontà di affermarsi a livello internazionale portò Pechino a chiedere formalmente un ingresso nel programma della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), subito negato dagli USA. Nonostante questo la Cina avviò i lavori per la costruzione di un proprio avamposto spaziale. Uno dei progetti di Pechino è oggi proiettato alla costruzione di una base orbitale entro il 2022 e alla preparazione dell’allunaggio di taikonauti entro il 2036. Nel frattempo l’esplorazione dello spazio sta avvenendo con il lancio di diverse navicelle, come la Shenzhou 11, lanciata con due astronauti nell’ottobre 2016, che ha agganciato la nuova stazione Tiangong 2, e la Tianzhou 1, cargo che raggiungerà la stessa base per il rifornimento di carburanti e beni primari. Attualmente la Cina, decisa ad allinearsi agli sviluppi tecnologici soprattutto statunitensi, sta investendo – secondo fonti ufficiali – circa 3 miliardi di dollari l’anno nel settore spaziale. Potremmo affermare che la strategia cinese del futuro si ispiri ai principi di Machiavelli: infatti Pechino, tramite le affermazioni di Tian Yulong, Segretario Generale della CNSA, ha espresso la volontà di collaborare con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per la creazione di una base esplorativa sulla Luna. Dunque la Cina vorrà interpretare la parte della “volpe”, cercando strategicamente di raggiungere i propri obiettivi, e quella del “leone”, ribadendo con forza la propria volontà a diventare un Paese con un programma spaziale solido e altamente tecnologico. Un esempio di tale volontà è rappresentato dal progetto “Moon Village”, una struttura di cui ancora si discute e che per adesso non ha alcun cantiere, in quanto la realizzazione del Villaggio dovrebbe essere successiva alla chiusura della ISS, prevista ora intorno al 2024. Il “Moon Village”, presentato dunque come il sostituto della ISS, rappresenterà, qualora venisse realizzato, un avamposto per esplorazioni lunari e ricerche scientifiche. Con il lancio di diversi razzi saranno prima trasportate le componenti strutturali per l’installazione di una cupola gonfiabile, in cui saranno inserite tutte le attrezzature utili alle ricerche, e poi con successive missioni gli astronauti saranno trasportati sulla Luna.

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Fig. 1 – La prima sonda spaziale cinese, la Chang’e 1, in attesa di essere lanciata dal cosmodromo di Xichang nell’ottobre 2007

INTRECCI DI INFORMAZIONI Se le distanze terrestri sono colmate grazie alla estesa rete di collegamenti che Pechino sta costruendo oltre i propri confini nazionali, quelle spaziali sono diventate l’oggetto delle numerose ricerche condotte dagli scienziati cinesi. La possibilità di muovere informazioni nello spazio è per Pechino un importante obiettivo da raggiungere, soprattutto a seguito del lancio, avvenuto nell’agosto 2016, del satellite Micius. Il programma Quantum Experiments at Space Scale, lanciato nel 2012, di cui fa parte appunto Micius, è dedicato allo sviluppo di studi sulla comunicazione quantistica. Un gruppo di studiosi sta cercando di dimostrare come il fenomeno fisico dell’entanglement possa essere utilizzato per facilitare lo scambio di informazioni codificate. Infatti l’entanglement, riuscendo a legare due fotoni e a renderli blindati, permetterebbe di scoprire eventuali intercettazioni esterne. Nel momento in cui una comunicazione codificata subisse un attacco, il link tra i due fotoni verrebbe meno, mettendo in sicurezza le informazioni che si volevano trasmettere. L’utilizzo di questo fenomeno è però ostacolato dalla distanza fisica tra i due poli della comunicazione, in quanto il successo della trasmissione di informazione quantistica è inversamente proporzionale alla loro distanza. È questa la funzione di Micius: qualora le ricerche degli studiosi cinesi andassero a buon fine e dimostrassero la fattibilità del programma, il satellite dovrebbe servire da ripetitore. Dunque rendere la comunicazione meno complessa, agendo solo su un fotone, in quanto l’altro ne è conseguentemente modificato, potrebbe avere significativi risvolti per la creazione di un Internet quantistico. Oltre ai vantaggi puramente tecnici, questi studi, in attesa di conferma dalla comunità scientifica, potrebbero assumere un valore strategico per Internet, e quindi in ultimo per la difesa e la sicurezza di un Paese.

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Fig. 2 – Un visitatore dell’ International Future Life Festival tenutasi lo scorso maggio nella città di Hangzhou. L’esibizione ha ospitato le più recenti tecnologie utili per la vita del futuro, tra cui quelle inerenti allo spazio

NUOVE RICERCHE – Tra i progetti di ricerca più importanti messi a punto dalla China Manned Space Agency, in collaborazione con l’ESA, c’è il programma di simulazione di un ammaraggio di emergenza in una capsula Shenzhou, il Sea Survival Training, a cui hanno partecipato, oltre agli astronauti cinesi Yu Guangfu e Chen Dong, anche l’italiana Samantha Cristoforetti e il tedesco Matthias Maurer. Dopo una sezione teorica, in cui sono state presentate le attrezzature e le procedure di emergenza, l’esercitazione pratica è avvenuta lo scorso agosto, nello Yantai, e si è svolta in mare. Atterrati in capsule galleggianti, gli astronauti hanno dovuto indossare la tuta di sopravvivenza e una volta usciti attivare il gommone e attendere i soccorsi. La ricerca spaziale cinese prevede anche la creazione di strumentazioni tecnologicamente molto avanzate, come i 4450 specchi iper sensibili di 500 metri di diametro che costituiscono il telescopio costruito, nella provincia di Guizhou, per captare variazioni di frequenze radio in arrivo dallo spazio. Il costo dell’operazione sarà di 667 milioni di yuan. Ha preso il via il 10 maggio l’esperimento che porterà quattro studenti nel Lunar Palace-1, una finta stazione spaziale sita a Pechino in cui rimarranno per oltre sei mesi. A novembre è previsto il lancio sulla Luna della Chang’e 5, una sonda che dovrà prelevare due chili di campioni di rocce e portarli sulla Terra. La missione, risultato delle sperimentazioni effettuate con la sonda sperimentale Chang’e 5-T1, atterrerà sull’area Mons Rümker, situata a nord-ovest della faccia visibile della Luna ed estremamente interessante da un punto di vista geologico. Dopo la Chang’e 5 sarà la volta del lancio della Cheng’e 4, precedentemente rinviato, e che atterrerà, invece, sulla faccia nascosta della Luna e che potrebbe trasportare un mini ecosistema, con semi di patate e larve di insetti, all’interno di un cilindro.

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Fig. 3 – L’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, il suo collega tedesco Matthias Maurer e alcuni astronauti cinesi hanno recentemente preso parte all’esercitazione Sea Survival Training, organizzata dall’Astronaut Center of China e avvenuta nello Yantai

INVESTIMENTI E TECNOLOGIE  La Cina lo scorso 2016 ha investito circa 6 miliardi di dollari nel programma spaziale, superando la Russia e posizionandosi dietro gli USA, il cui budget, nello stesso anno, sfiora i 40miliardi. Considerando le risorse messe a disposizione negli ultimi anni, in proporzione l’operatività di Pechino risulta essere quasi alla pari di quella statunitense, avendo effettuato, in particolare nel 2013, 14 lanci nello spazio contro i 19 degli USA. Il grande ottimismo che si percepisce in Cina per i risultati raggiunti non deve però ingannare: Pechino sta cercando di colmare un divario tecnologico, soprattutto con il programma statunitense, che è ancora molto ampio. Il Governo cinese sta investendo molto nel settore e sta cercando, consapevole delle lacune presenti nel proprio programma spaziale, di istruire i propri astronauti e tecnici soprattutto grazie a collaborazioni con l’ESA, come la missione Cluster per studiare il clima spaziale o la missione Smile (Solar Wind Magnetosphere Ionosphere Link Explorer). Quest’ultima sarà lanciata nel 2021 e indagherà principalmente i processi fisici alla base delle interazioni tra la magnetosfera e il vento solare e cercherà di fornire materiale grafico delle cuspidi polari e delle aree interessate dalle aurore. I tipici timori cinesi di rimanere emarginati nei confini nazionali hanno spinto Pechino a investire risorse e mettere in campo i migliori diplomatici per riuscire a infondere fiducia nei progetti cinesi di esplorazione dello spazio, per provare a diventare un nuovo punto di riferimento per la comunità spaziale internazionale. È sicuramente percepibile la necessità della Cina, seppure ben celata dietro l’obiettivo di ottenere informazioni scientifiche utili per l’umanità, di raccogliere dati e tecnologie per poter “governare” lo spazio e poter far leva, sul piano delle relazioni internazionali e della geopolitica, soprattutto nei confronti del Paese percepito come il principale rivale: gli Stati Uniti.

Isabel Pepe

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

L’entanglement è un fenomeno della meccanica quantistica, la branca della fisica che studia i fenomeni della materia a livello atomico e subatomico, che descrive il comportamento di due particelle. Tradotto con legame, intreccio, l’entanglement spiega appunto come due particelle che avevano avuto un’interazione o erano il risultato di uno stesso processo, se allontanate mantengano questo legame comportandosi allo stesso modo, nonostante la distanza che intercorre tra loro.[/box]

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Isabel Pepe
Isabel Pepe

Sono nata in un piccolo paesino della Basilicata. Dopo la maturità scientifica mi sono trasferita a Venezia per studiare lingua cinese alla Ca’ Foscari e specializzarmi in Relazioni Internazionali Comparate. Quest’ultimo percorso di studi e il lavoro di tesi magistrale, “La geostrategia marittima della Repubblica Popolare Cinese: dalla Via della Seta al Filo di Perle”, mi hanno spinta a trasferirmi a Roma per coltivare questi due interessi. Ho frequentato un Master in Geopolitica e Sicurezza Globale, e dopo aver frequentato dei corsi sull’Energia, sono approdata alla Business School del Sole 24 ore per un Master in Management dell’Energia e dell’Ambiente. Quando non mi occupo di questi temi, cerco di coltivare le mie passioni tra cui ci sono libri e vini.

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