Ci siamo: da oggi i cardinali elettori entrano nella Sistina per eleggere il nuovo Papa. Quale identità avrà il successore di Benedetto XVI? Vi sono alcune probabilità che giunga per la prima volta da un continente extraeuropeo. A prescindere dalla provenienza, quel che è certo è che dovrà tenere in grande considerazione regioni dove il Cattolicesimo ha un forte rilievo: Africa e America Latina
VERSO IL CONCLAVE – Oggi (martedì 12 marzo) i cardinali si raduneranno nella Cappella Sistina per dare inizio al Conclave. Sono stati convocati per l’occasione tutti i cardinali con meno di ottant’anni, che avranno la responsabilità di scegliere il successore di Papa Ratzinger. Tra loro il continente più rappresentato è l’Europa con 61 cardinali (di cui 28 italiani), seguono 19 dell’America Latina e 14 dell’America Settentrionale, 11 dall’Africa, 10 dall’Asia e uno dall’Oceania. La maggioranza dei cardinali elettori del Vecchio Continente è il riflesso di una Chiesa che ancora oggi fatica a discostarsi da un’immagine tradizionalmente eurocentrica. Prova ne sia che fatta eccezione per i primi otto secoli della sua storia (in cui si può riscontrare la presenza di ben otto papi provenienti dal Medio Oriente), mai è stato eletto un pontefice proveniente da un altro continente. Da giorni però si susseguono voci sui primi segnali di “rottura” oltretevere in un sistema che negli ultimi 1300 anni vede i porporati europei come l’ago della bilancia, al punto che tra i papabili figurano nomi come quello del brasiliano Odilio Scherer, dell’americano Sean O’Malley, del canadese Marc Ouellet e del filippino Luis Antonio Tagle. Ma, per quanto questi nomi possano costituire un cambiamento, la vera sorpresa sarebbe se la presenza del cardinale nigeriano Francis Arinze e quella del ghanese Peter Turkson tra i papabili fossero più che una semplice voce.
IL PESO DELL’AFRICA CRISTIANA – La scelta di un “Papa nero” proveniente dall’Africa sub-sahariana, in cui i cristiani sono più di 500 milioni, sarebbe un imprevisto e forte riconoscimento alla tradizione religiosa di un continente che con il suo 24% rappresenta la terza area mondiale per diffusione del cristianesimo, e indicherebbe un preciso cambio di rotta nella diplomazia vaticana. Basti solo pensare che vi sono più cristiani in Nigeria che in qualunque altra nazione dell’Europa occidentale cristiana, per capire quale possa essere il peso del continente africano per il futuro del cristianesimo. A seguire, la Repubblica Democratica del Congo e l’Etiopia: il primo paese, con un 95% di popolazione cristiana, è la terra africana che ha conosciuto l’evangelizzazione più sistematica del continente a partire dal 1482, mentre il secondo ha fondato la propria identità nazionale su un fortissimo legame con la Chiesa ortodossa fondata all’inizio del IV secolo.
In Africa le confessioni protestanti raccolgono la maggior parte dei fedeli; nonostante questo, gli africani cattolici di rito romano che avranno i loro occhi puntati sulla prossima fumata bianca sono circa 176 milioni, un elemento da tenere in forte considerazione. La maggiore percentuale di cristiani di fede protestante (57%) rispetto a quella cattolica (34%) rispecchia in parte la prosecuzione della storia coloniale del continente. Nei paesi anglofoni la confessione protestante è quella più seguita, mentre nei paesi francofoni e nelle ex colonie portoghesi, con una popolazione complessiva meno numerosa di quella delle ex colonie britanniche, è invece il cattolicesimo la confessione con il maggior numero di fedeli. Si aggiunga a tutto ciò che nella cosiddetta Francafrique la penetrazione della religione musulmana è stata di gran lunga maggiore rispetto a quanto avvenuto altrove. Laddove invece la religione cristiana autoctona aveva una tradizione storica fortissima e ben radicata, come in Etiopia, l’influenza della “religione dei colonizzatori” è stata praticamente nulla.
UN CONTINENTE CRUCIALE – Anche l’America Latina è una regione di grande importanza per il futuro della Chiesa, e la “geopolitica” cattolica vede nel continente un bacino di fedeli fondamentale. L’attenzione di Benedetto XVI nei confronti dell’America Latina è forse stata inferiore alle aspettative. La necessità di affrontare il forte calo di fedeli in Europa, così come le difficoltà legate agli scandali che hanno scosso la Chiesa al suo interno, hanno giocoforza limitato l’azione del Pontefice nei confronti della regione transatlantica, che rappresenta comunque tuttora in termini assoluti il bacino più ampio di battezzati (circa 600 milioni, quasi la metà dei cattolici mondiali). Numerose sfide provenienti sia dall’esterno che dall’interno della regione latinoamericana metteranno alla prova la Chiesa nel corso del prossimo pontificato. Internamente, il cattolicesimo in questa regione è ancora diviso tra gruppi conservatori e progressisti (che costituiscono un retaggio della dialettica tra appoggio e contrasto alle dittature degli anni ’70-’80) e la fede cattolica è stata spesso strumentalizzata negli ultimi anni dai leader della sinistra populista, che pur professando la propria appartenenza al messaggio cristiano, hanno dimostrato in taluni casi ostilità alle gerarchie ecclesiastiche nazionali (vedi i casi di Hugo Chávez in Venezuela e Rafael Correa in Ecuador). La principale sfida in arrivo dall’esterno è invece rappresentata dalle ingenti trasformazioni sociali che stanno cambiando le società latinoamericane da un decennio a questa parte: l’emancipazione dalla povertà per milioni di individui sembra sempre più spesso andare di pari passo con l’adesione alla fede evangelica, che considera la ricchezza come un segnale di “predestinazione”. In questo modo si può anche spiegare il crescente successo delle dottrine protestanti nella regione. Indipendentemente dall’esito del Conclave, appare certo che l’America Latina sarà una regione fondamentale per il prossimo Pontefice, che dovrà affrontare il tema relativo alla crescente perdita di fedeli (-20% negli ultimi anni). Se l’Asia è la regione emergente sulla quale agire per diffondere il messaggio cattolico, Centro e Sudamerica saranno altrettanto cruciali per arginare il secolarismo che dall’Europa si sta diffondendo anche altrove.