La scomparsa di Hugo Chávez era un evento ormai annunciato. La classe politica al potere ha dunque avuto il tempo di organizzarsi e preparare la successione del leader che, nel bene o nel male, ha fatto la storia del Venezuela. Il vicepresidente Nicolas Maduro sarà chiamato nelle prossime imminenti elezioni a consentire al “Socialismo del XXI secolo” di proseguire la propria missione. Ce la farà?
LA MORTE DI UN LEADER – “Alle 16:25 (ora venezuelana) si è spento il comandante e presidente della Republica bolivariana de Venezuela, Hugo Chávez Frías”. Con queste lapidarie parole e la voce rotta dal pianto il vicepresidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha annunciato martedì 5 marzo la morte del Hugo Chávez.
Maduro, circondato da funzionari del governo e membri delle Fuerzas Armadas, ha chiesto alle migliaia di venezuelani scesi nelle piazza per rendere omaggio al leader scomparso di “canalizzare il dolore in manifestazioni di pace”. Il vicepresidente in carica ha anche annunciato la probabile apertura di un’inchiesta contro i “nemici della patria che hanno avvelenato il comandante Chávez”, insinuando così una pesante tesi complottista che sembra chiamare in causa in modo indistinto l’opposizione e gli Stati Uniti come responsabili della morte dell’ex presidente.
Hugo Chávez si è spento all’età di 58anni dopo le complicazioni respiratorie seguite all’ultimo dei quattro interventi ai quali si era sottoposto per estirpare il cancro alla regione pelvica che gli era stato diagnosticato nel 2011. Dopo l’annuncio della sua morte, il governo venezuelano ha immediatamente schierato l’esercito su tutto il territorio nazionale per evitare disordini nelle piazze. Le accuse di complotto espresse da Maduro hanno portato addirittura all’espulsione dal Venezuela di due addetti militari dell’Ambasciata statunitense a Caracas. Il funerale di Chávez si terrà venerdì e il suo feretro è stato trasportato ieri dall’ospedale all’accademia militare della capitale venezuelana, dove si è aperta la camera ardente.
IL RITRATTO DI UN LEADER CONTROVERSO – Considerato un dittatore dai suoi detrattori e un padre della patria dai sui sostenitori, Hugo Chávez è senz’altro una delle figure più rilevanti e controverse della storia contemporanea del Venezuela e di tutta l’America latina. L’ex presidente venezuelano era stato eletto per la quarta volta consecutiva il 7 ottobre scorso, dopo quasi 14 anni di potere nei quali aveva cercato di imporre, tra alti e bassi, il cosiddetto “socialismo del XXI secolo” nel subcontinente americano. Una politica vicina ai poveri e marcatamente antimperialista che si richiamava alle gesta del mitico libertador Simón Bolívar e del leader cubano Fidel Castro.
Chávez comparve sulla scena politica venezuelana il 4 febbraio del 1992 quando, con il “movimento bolivariano rivoluzionario 200”, organizzò un golpe militare contro l’allora presidente Carlos Pérez. Il fallito intento golpista, condiviso con altri membri dell’esercito, portò alla carcerazione di Chávez ma invece di oscurare la stella del futuro caudillo venezuelano ne rafforzò la popolarità soprattutto tra i poveri.
Il perpetuarsi al potere di una classe politica inefficiente, corrotta e asservita alla volontà degli Stati Uniti, spianò la strada all’ascesa di Chávez che, dopo aver fondato il partito Quinta repubblica, si presentò come l’alternativa al dominio dell’alta borghesia capitalista e riuscì a riunire la sinistra venezuelana in un’unica coalizione in vista delle elezioni del 1998. Il risultato fu un trionfo: Chávez fu eletto per la prima volta presidente della Repubblica con il 56 % dei consensi.
Da quel momento, il leader bolivariano mise in pratica ossessivamente i principi della sua revolución: dai programmi sociali a favore delle classi più disagiate, alla modifica radicale della Costituzione venezuelana fino alla nazionalizzazione di emittenti tv e colossi del petrolio, quella di Chávez può essere descritta come l’ascesa inarrestabile dell’uomo solo al comando. I proventi derivanti dal settore petrolifero gli hanno consentito di radicare il suo potere moltiplicando le poltrone per il suo establishment, rafforzando il potere dirigista del suo governo e depotenziando la funzione di bilanciamento degli altri organi istituzionali. Ma soprattutto gli hanno permesso di trasformare il ruolo internazionale del Venezuela, emancipandolo da Washington e avvicinandolo a paesi portatori di un antiamericanismo congenito come Cuba, Russia, Cina e Iran.
A livello regionale, Chávez è riuscito a catalizzare col suo carisma il rispetto di molti governi che hanno cercato di seguire il suo esempio. La Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa, il Brasile di Lula da Silva e l’Argentina dei Kirchner, anche se in modi differenti, hanno avuto nel caudillo venezuelano un punto di riferimento essenziale per tenere unite politicamente ed economicamente le sorti dell’America latina.
LA SUCCESSIONE – La Costituzione venezuelana dice che, trascorsi 30 giorni dalla morte del presidente della Repubblica,
devono essere indette nuove elezioni. Dal suo ultimo ricovero a La Havana, avvenuto l’11 dicembre per affrontare la sua quarta operazione chirurgica, Chávez era stato sostituito al potere dal ministro degli esteri poi nominato vicepresidente, Nicolas Maduro. Indicato dallo stesso Chávez come suo delfino, Maduro è fedele collaboratore dell’ex presidente venezuelano dai tempi della prigionia sofferta dopo il fallito golpe del 1992. Ed è anche la figura politica che è stata più vicina al leader durante gli ultimi mesi di agonia.
A capo della diplomazia venezuelana, Maduro ha seguito senza indugi la linea chavista di ricerca dell’indipendenza dell’America latina dall’egemonia nordamericana. L’attuale successore designato di Chávez è l’uomo che ha intessuto negli ultimi anni legami con paesi come la Libia di Gheddafi o la Siria di Assad, attori internazionali che per un motivo o per un altro sono nettamente ostili alle politiche degli Stati Uniti e caratterizzati da una “reputazione” quantomeno dubbia sulla scena internazionale. Maduro e’ anche l’uomo che prevedibilmente sarà il prossimo presidente del Venezuela, potendo cavalcare l’onda emotiva dell’elettorato dopo la morte di Chávez anche se non sarà affatto facile accollarsi la pesante eredità politica lasciata dall’ex presidente.
L’opposizione, rappresentata dalla coalizione Mesa de Unidad Democratica (Mud) e guidata da Henrique Capriles, vorrebbe incarnare il contraltare politico di quello che è stato il chavismo per il Venezuela negli ultimi 14 anni. I sostenitori della Mud sono scesi in piazza a più riprese in questi ultimi mesi per avere chiarimenti dal governo sullo stato di salute del Presidente, in un momento in cui le notizie trapelavano col contagocce. “Con Chávez siamo stati avversari, non nemici” ha dichiarato Capriles nelle ore successive alla morte dell’ex presidente mentre cercava di placare il giubilo dei suoi sostenitori nelle strade.
Questa opposizione non sembra però in grado di polarizzarsi e di catalizzare un margine di consensi sufficienti a contrastare Maduro alle prossime elezioni. Il leader della Mud avrà pochissimo tempo per cercare di ribaltare un esito elettorale che lo ha visto perdente dal confronto con Chàvez lo scorso ottobre. Quella di togliere di mezzo il chavismo e il suo leader maximo in un solo colpo sembra una missione difficile da compiere.
Alfredo D’Alessandro