In 3 sorsi – Dopo più di una settimana di attesa e lo spoglio giunto alla sua conclusione, in Perù non c’è ancora l’ufficialità sul nome del prossimo Presidente. Pedro Castillo si mantiene in vantaggio, ma Keiko Fujimori continua a sostenere la presenza di irregolarità.
1. FINO ALL’ULTIMO VOTO
Domenica 6 giugno il popolo peruviano si è diretto alle urne per decidere quale sarebbe stato il candidato vincente nel ballottaggio per le presidenziali. Pedro Castillo, con il 50,125% dei voti, si porta davanti a Keiko Fujimori (49,875%) per una differenza di 44mila voti approssimatamene. La candidata di Fuerza Popular ha contestato i risultati e ha annunciato di aver presentato ricorsi legali davanti alla Giuria elettorale nazionale (JNE). La stessa corte aveva accordato la proroga del termine per accettare le richieste di annullamento dei voti, per poi tornare sui propri passi in seguito alle forti proteste e critiche, comprese quelle pervenute da parte del candidato Pedro Castillo e dai rappresentanti del suo partito Perù Libre.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Scheda di voto per il ballottaggio presidenziale
2. LE DUE FACCE DEL VOTO
Sono 802 i seggi elettorali a livello nazionale (circa 200mila voti) interessati dalla richiesta di azioni di annullamento da parte di Fuerza Popular, così come dichiarato dalla leader del partito durante una conferenza stampa lo scorso mercoledì. Secondo i dati presentati dalla ONPE, l’Ufficio nazionale dei processi elettorali, è possibile tracciare una mappa ben definita delle zone del Paese in cui si è espressa l’una o l’altra preferenza riguardo ai due candidati: l’area delle Ande e il sud del Paese hanno votato per Castillo, mentre Lima, la costa nord e parte della selva per Fujimori. Questa forte polarizzazione, legata alla radice politica radicalmente opposta dei due candidati e ai relativi programmi, si intuisce con forza dalla cartina geografica che evidenzia le preferenze di voto. Castillo, originario di Cajamarca, si è aggiudicato 16 su 24 regioni. Il suo, spiega Gonzalo Banda, analista politico di Arequipa, è un voto con “una componente identitaria molto forte”, aggiungendo inoltre che “nel sud (e anche in altre regioni delle Ande, come Cajamarca), il voto per Castillo ha anche una componente economica, poiché questo candidato ha vinto nelle aree del Perù con maggiore ricchezza mineraria”. Al contrario Fujimori, esponente “dell’establishment limegno” ed erede della memoria dell’immagine del padre Alberto Fujimori, si è affermata in 8 regioni: Lima, Ica, le regioni del nord di Tumbes, Piura, Lambayeque, La Libertad e le regioni della selva Ucayali e Loreto. Si tratta di zone in cui il ricordo del fujimorismo ha ancora un ruolo importante.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Sostenitori di Perù Libre
3. LA VERA SFIDA DEL POST-ELEZIONI
Nel pomeriggio di sabato 12 giugno diverse manifestazioni hanno animato la capitale andina. Pedro Castillo ha chiesto pazienza e tranquillità ai propri sostenitori, evidenziando come “non sia tempo di campagna elettorale, ma di vera democrazia.” Il suo programma, che prevede tra le altre proposte la sostituzione dell’attuale Costituzione, definita “la Costituzione della dittatura”, e una seconda riforma agraria “con un approccio territoriale e dal basso”, si preannuncia come l’inizio di un accelerato processo di riforma. Un programma con tali ambizioni, però, nel caso di definitiva affermazione del candidato di Perù Libre, dovrà confrontarsi anche con un altro dato importante: l’essere una minoranza – sebbene la più numerosa – al Congresso peruviano, occupando 37 dei 130 seggi alla camera, come confermato dalla Giuria delle elezioni nazionali. Le voci della tanto temuta ipotesi di desgobierno (malgoverno) iniziano dunque a farsi più insistenti.
Lisa Lijoi
“128 Peru Flag over Cathedral Cusco Peru 2791” by bobistraveling is licensed under CC BY