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La Lombardia non è (ancora) la Catalogna

Il referendum in Lombardia è molto differente rispetto a quello catalano: l’obiettivo è l’autonomia, non l’indipendenza. Ma Roma non deve imitare Madrid. La questione settentrionale rimane viva e vegeta. I separatismi e il ruolo (involontario) dell’Unione Europea

LA CATALOGNA – In queste settimane la questione catalana è in primo piano nel dibattito pubblico europeo e italiano. Il Governo regionale della Catalogna aveva convocato per domenica 1° ottobre un referendum per scegliere se rimanere parte della Spagna o divenire uno Stato indipendente. La scelta era stata bollata come illegittima dal Tribunale costituzionale spagnolo e il Governo di Madrid, guidato dal conservatore Mariano Rajoy, si era impegnato a impedirlo. La consultazione si è infine tenuta, ma in un clima semi-insurrezionale, che ha portato la regione sull’orlo del caos. La contestata vittoria del fronte indipendentista ha aperto per la Spagna la più grave crisi politica da decenni. L’uscita dallo stallo rimane un’incognita, considerato che entrambe le parti si sentono messe spalle al muro dall’altra.

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Fig.1 – Uno dei tanti momenti di tensione e scontri durante il referendum catalano del 1° ottobre

I REFERENDUM IN LOMBARDIA E VENETO – In Italia la questione catalana si è intrecciata con la politica interna. Il 22 ottobre gli elettori lombardi e veneti saranno infatti chiamati alle urne per esprimersi su un quesito referendario che mira a rafforzare i Presidenti delle Giunte regionali in un futuro negoziato con Roma. Obiettivo delle trattative e oggetto della consultazione è l’ampliamento dell’autonomia di cui già godono Veneto e Lombardia, con l’attribuzione alle due Regioni di competenze e relativi fondi attualmente prerogativa dello Stato centrale.

SIMILITUDINI E DIFFERENZE – Nel nostro Paese c’è stata la tendenza a comparare (se non a equiparare) le due vicende. Tuttavia, le situazioni sono profondamente differenti. Il referendum lombardo e il suo contenuto sono perfettamente legittimi, tanto che la stessa formulazione del quesito contiene un esplicito riferimento alla Costituzione (vedi il chicco in più) e all’unità nazionale. Tecnicamente il referendum non sarebbe nemmeno necessario, ma è stato fortemente voluto dalla Giunta regionale, guidata dal leghista Roberto Maroni, per fare pesare il sostegno degli elettori lombardi nella futura trattativa con Roma. Si tratta del “regionalismo differenziato”, che permette alle Regioni più “virtuose” di ottenere ulteriori competenze e fondi. Esistono invece alcuni parallelismi tra la questione catalana e quella lombarda o, meglio, settentrionale. In Lombardia, come in Catalogna, è diffusa tra i cittadini la sensazione di non essere sufficientemente ascoltati dallo Stato centrale. Le due regioni sono tra le più ricche dei rispettivi Paesi e hanno una solida tradizione imprenditoriale. In entrambi i casi il residuo fiscale (la differenza tra le entrate fiscali di un territorio e quanto viene speso effettivamente) gioca un ruolo molto importante nell’aizzare l’ostilità nei confronti dello Stato centrale.

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Il Presidente della Giunta regionale lombarda Roberto Maroni

IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA – Allargando il quadro, l’integrazione europea ha dato forza alle istanze autonomiste e, in casi estremi, indipendentiste presenti nel vecchio continente. Questi movimenti di solito vedono nell’Unione Europea il grimaldello per scardinare lo Stato nazionale e assicurarsi gli indiscutibili vantaggi e gli indispensabili servizi che l’appartenenza allo Stato originario offre. Non bisogna dimenticare che gli Stati nazionali europei si sono formati anche, se non soprattutto, grazie alle peculiari spinte di un determinato contesto storico. L’integrazione europea e la globalizzazione hanno cambiato parzialmente il quadro. Perché i catalani dovrebbero rimanere spagnoli, quando gran parte dei servizi tradizionalmente appannaggio dello Stato centrale vengono erogati da Bruxelles? Pensiamo alla politica commerciale e monetaria, ma anche, in un eventuale futuro, alla difesa e alla politica estera. Ecco spiegata la cautela dell’UE sulla questione catalana (ma non solo). Un endorsement, o anche solo un’apertura, delle autorità europee ai secessionisti non provocherebbe soltanto una frattura con Madrid e con l’opinione pubblica spagnola, ma rischierebbe pure di spianare la strada a rivendicazioni simili nel resto del continente. Nessun leader europeo vuole assumersi questo rischio, soprattutto visto che l’UE è stata fondata dagli Stati nazionali, che ancora oggi ne compongono l’ossatura fondamentale.

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Fig.3 – I movimenti indipendentisti del vecchio continente hanno spesso una visione molto favorevole dell’UE

CONCLUSIONI – In conclusione, la Lombardia non è (e probabilmente non sarà nemmeno in futuro) la Catalogna, ma lo Stato italiano ha la responsabilità di non seguire il cattivo esempio di Madrid. La lezione catalana suggerisce che gli Stati sono sottoposti dalla globalizzazione a una selezione naturale tra quelli che si evolvono e si adattano per contenere le pulsioni centrifughe che li attraversano e quelli che sottovalutano o ignorano il problema. Bisogna solo capire in quale categoria può o vuole rientrare l’Italia.

Davide Lorenzini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

La riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, ha introdotto la possibilità per le Regioni di negoziare con lo Stato centrale per ottenere ulteriori competenze (e relativi fondi). L’art.116 della Costituzione stabilisce che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia…possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’art.119.”[/box]

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Davide Lorenzini
Davide Lorenzini

Sono nato nel 1997 a Milano, dove studio Giurisprudenza all’Università degli Studi. Sono appassionato di politica internazionale, sebbene non sia il mio originario campo di studi (ma sto cercando di rimediare), e ho ottenuto il diploma di Affari Europei all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano. Nel Caffè, al cui progetto ho aderito nel 2016, sono co-coordinatore della sezione Europa, che rimane il mio principale campo di interessi, anche se mi piace spaziare.

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