Mentre si chiudeva la prima sessione plenaria del XIX Congresso del PCC si apriva, per la Cina e per il mondo, un nuovo capitolo di storia. Il rieletto Presidente Xi Jinping, nuovo Grande Timoniere di Pechino, ha infatti fatto diverse promesse importanti che mirano a far entrare il socialismo con caratteristiche cinesi in una nuova era.
Seconda parte dello speciale del Caffè Geopolitico sul Congresso di Pechino. La prima è qui.
LE PRIORITÀ E LE CRITICITÀ DEL SECONDO MANDATO
Xi Jinping ha conquistato nell’ambito dell’establishment cinese e, innegabilmente, anche tra la popolazione un consenso molto diffuso che gli ha permesso di concludere il primo plenum, con cui tradizionalmente si chiude il Congresso del Partito Comunista cinese, con una vittoria su tutti i fronti, con la quale potrà procedere speditamente sulla strada delle riforme, già tracciata nel corso del primo mandato, cui abbiamo accennato nel primo articolo di questo speciale. Il pensiero di Xi Jinping, definito “Presidente di tutto”, che è stato inserito accanto a quello di Mao nello Statuto del partito, farà della Cina, entro il 2049, una nazione potente, prospera, moderna, democratica, socialista, armoniosa e bella per quella rinascita che consentirà al Paese di tornare ad essere il centro del mondo, come indicato nel nome stesso di Cina in cinese: Zhong Guo, il Paese del Centro. Ma che cosa intende il neoeletto segretario del Partito con questi aggettivi? Riuscirà davvero a far risorgere la Cina culturalmente e moralmente, non perdendo di vista l’ambiente, l’economia e l’ideologia? Quali criticità si profilano all’orizzonte?
UNA NAZIONE POTENTE
Il cammino avviato con la fondazione della Repubblica popolare, che ha permesso alla Cina di uscire dal cortile di casa e diventare a tutti gli effetti una nazione potente, è ormai quasi al traguardo e viene annunciata una nuova era in cui il Paese di Mezzo rivestirà sempre di più un ruolo da protagonista nello scacchiere internazionale. E come un novello imperatore celeste, garante dell’armonia tra cielo e terra, Xi Jinping si pone di fronte alle sfide del nuovo millennio per modulare una nuova estetica del potere con caratteristiche cinesi. La nuova leadership dovrà a questo punto fare i conti con la tecnocrazia, che in Occidente muove le leve dell’egemonia, attraverso tutti i cluster che producono tecnologia per ogni uso, anche militare. Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft, pur potendo condizionare pesantemente i Governi e controllare i singoli, hanno però prosperato all’interno di società democratiche, in cui la libertà e la privacy vengono tutelate e garantite. In questo contesto è stato possibile declinare il capitale con la scienza e l’innovazione per offrire modelli che, con i loro simboli (la Silicon Valley), hanno creato, oltre ad un immenso potere finanziario ed economico, una leadership culturale ed un rinnovato soft power. Saprà la Cina fare di meglio?
Fig. 1 – Xi Jinping si intrattiene con alcuni delegati del Partito al termine del Congresso di Pechino, 24 ottobre 2017
LE VIE DELLA SETA DIGITALE DEL XXI SECOLO
Il nuovo mandato di Xi accelererà il raggiungimento degli obiettivi prefissati con i piani di sviluppo che porteranno alla costruzione di una superpotenza scientifica e tecnologica di qualità, intensificando la cooperazione in settori di frontiera per la costruzione di città intelligenti, nuovi caravanserragli delle Vie della Seta digitali del XXI secolo. Secondo quanto previsto dall’OBOR, i centri, attraversati dalle carovane che collegavano l’Oriente e l’Occidente, saranno destinatari di investimenti infrastrutturali per miliardi e di programmi di interventi dedicati alla trasformazione digitale ed informatica. La Cina lancia così la sua sfida al primato del Nord America per quanto attiene ai fondi stanziati per le smart city (118,5 miliardi di dollari nel 2016, 244,5 miliardi nel 2021). Secondo quanto diffuso dal Ministero cinese dell’Industria e dell’Informazione tecnologica, il programma di investimenti digitali in questo campo raggiungerà la cifra di 610 miliardi di dollari nel 2020 (circa 4.000 miliardi di yuan).
CINA BELLA CON LA GREEN ECONOMY
A febbraio del 2016 anche il Ministero dell’Ambiente cinese ha avviato tutta una serie di programmi fortemente innovativi, per implementare la green economy, attraverso la costruzione di città ecosostenibili in tutto il Paese, che si aggiungeranno a circa l’80% delle città cinesi i cui piani di sviluppo ricalcano quanto previsto per le città intelligenti. Il Governo ha predisposto non solo strumenti finanziari, i green bond, ma, durante il Congresso, ha anche annunciato la creazione di una Commissione centrale per la gestione di tutto il “capitale di risorse naturali”, per rendere compatibile con le esigenze ecologiche il panorama urbano del nuovo millennio, accelerando l’integrazione tra Internet, i meta dati e l’intelligenza artificiale con l’economia reale, elaborando raffinati strumenti per il risparmio energetico e per la diminuzione dell’inquinamento. Il Governo di Xi dovrà cavalcare l’onda resa anomala dalla politica americana, che ha abbandonato l’impegno ecologico, e farsi portabandiera della lotta contro il global warming.
Fig. 2 – Due delegati si rilassano dopo le fatiche del Congresso, 24 ottobre 2017
LA LEGITTIMAZIONE DELLA PROSPERITÀ
Molte di queste sfide rischiano di mettere a repentaglio l’armonia vagheggiata da Xi, ma la situazione più difficile da affrontare riguarda certamente la ripartizione della ricchezza tra i cittadini cinesi. Il pensiero di Xi Jinping non ritorna comunque sulle strade dell’uguaglianza eretta a sistema, come ai tempi di Mao, ma prende atto delle disparità, acquisite nell’immaginario del cinese medio dalla tradizione confuciana, cercando di assicurare a tutti un certo livello di agiatezza, garantita per ora non solo da un PIL che, nel terzo trimestre del 2017 è cresciuto del 6,8%, ma soprattutto da un costante miglioramento delle condizioni di vita. Questo benessere di cui oggi gode una grossa fetta dell’immensa popolazione cinese funge da garante della legittimità del Governo che, in fondo, ha saputo assicurare una agiatezza che, non dimentichiamolo, era impensabile all’indomani della fine della rivoluzione culturale, che aveva lasciato un Paese, già afflitto negli ultimi secoli da una profonda crisi, distrutto economicamente e snaturato culturalmente.
CONSENSO E MANDATO CELESTE
Il consenso di cui gode il PCC trova la sua matrice nell’antichissima tradizione cinese del Mandato del Cielo ( 天命 tiān mìng) utilizzato per legittimare le dinastie imperiali, che poteva essere revocato, qualora il cielo mandasse segni inequivocabili (carestie, inondazioni, terremoti..) della perdita del mandato stesso. La ribellione che fosse sorta dalle conseguenze di ogni genere di calamità, cui un sovrano non fosse stato capace di far fronte, coronata da successo, era considerata una prova che il «Mandato del Cielo» era passato ad altri, in grado di riportare l’Impero di Mezzo in armonia. Questa concezione, utilizzata da Mao per legittimare la rivoluzione comunista, permette ancora oggi al partito una guida indiscussa, quasi in simbiosi col popolo, ed al suo apparato la gestione di una vera e propria rinascita, come proclamato da Xi Jinping, che permetta alla popolazione cinese di godere, all’interno, di un livello di vita sempre migliore e, all’esterno, di affermarsi tra i grandi del mondo.
Fig. 3 – Scranni vuoti e silenzio in sala: il Congresso è terminato, 24 ottobre 2017
UNA CINA DEMOCRATICA E SOCIALISTA
Questa leadership deve quindi prestare la massima attenzione alla possibilità che si creino eccessive disparità a fronte della tendenza, crescente, alla polarizzazione della ricchezza che porta inevitabilmente con sé malcontenti sociali e squilibri che potrebbero facilmente far perdere al Partito il consenso di cui ora gode. Inoltre, l’innalzamento del livello di vita e di istruzione, i viaggi e gli studi all’estero, la globalizzazione nel suo insieme possono creare più vasti spazi per alcune rivendicazioni. E se è vero che il sistema democratico è lontano dalle idee confuciane e socialiste di cui è intriso il popolo cinese, è anche possibile che i cittadini, una volta acquisito un certo benessere, siano intercettati dalle tante ansie di libertà trasportate sulle ali della globalizzazione che, prima o poi, potrebbero volare più in alto del grande Firewall digitale messo a punto dal Partito in questi anni. Ed è questa la sfida più ardua per la Repubblica Popolare cinese.
Elisabetta Esposito Martino
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
L’Ufficio nazionale di statistica della RPC ha pubblicato gli ultimi dati: anche nel terzo trimestre di quest’anno, la crescita cinese si è attestata a + 6,8% su base annua, in lieve rallentamento rispetto al +6,9% del secondo trimestre ed ha raggiunto quota 59.328 miliardi di yuan (oltre 7.500 miliardi di euro), leggermente in calo soprattutto per i provvedimenti ambientali che hanno frenato parte della produzione, ma coerente con le previsioni. (Dati del Fondo Monetario Internazionale).[/box]
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