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Lo stato delle relazioni tra Tunisia e Unione Europea – Parte II

La Commissione Europea ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti per la Tunisia per sostenere il Paese dopo gli attacchi terroristici del 2015. L’impegno rappresenta un’occasione per ricostruire la storia delle relazioni tra l’Unione Europea e il suo “partner privilegiato” nella sponda sud del Mediterraneo. La seconda parte (qui la prima) del nostro approfondimento è dedicata alla situazione post rivoluzione e alle relazioni attuali

RIVOLUZIONE E POST-RIVOLUZIONE

Il 2011 è stato, sotto molteplici punti di vista, un anno di svolta per la Tunisia e non solo. Lo scoppio della “Rivoluzione dei Gelsomini” e la fine del regime di Ben Ali hanno scoperchiato tutte le difficoltà economiche e sociali di un popolo bisognoso di lavoro e diritti e hanno dato il via a un difficile processo di costruzione democratica che, nella sola Tunisia e non senza ostacoli, sembra aver avuto successo. Sulla scia dello scoppio delle Primavere arabe, nel 2011 l’Unione Europea ha pensato di provvedere ad una revisione della PEV, scegliendo di improntarla maggiormente sulla promozione di uno sviluppo economico inclusivo e di una democrazia “consolidata e sostenibile”, fondata su elezioni libere ed eque, lotta alla corruzione, indipendenza della magistratura, inclusione delle minoranze, controllo delle Istituzioni sulle Forze Armate, tutela delle libertà di espressione, riunione e associazione. A tal fine è stato sottolineato il ruolo fondamentale della società civile e introdotto il principio del “more for more”, maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno, in virtù del quale l’Unione Europea avrebbe rafforzato la partnership con quei Paesi che avessero compiuto i progressi maggiori in questa direzione. Nel caso della Tunisia, l’adozione della nuova Costituzione nel gennaio del 2014 e il successo nell’organizzazione e svolgimento delle elezioni parlamentari e presidenziali, rispettivamente nell’ottobre e dicembre dello stesso anno, hanno confermato l’opportunità di stabilire con il Paese un “partenariato privilegiato”, realizzato effettivamente nel 2012, con la conclusione di un piano d’azione per il periodo 2013-2017, articolato nello specifico attorno ad alcuni elementi chiave:

  • una cooperazione politica rafforzata, fondata sul dialogo politico ad alto livello, sulla cooperazione parlamentare e in materia di sicurezza, giustizia e democrazia;
  • una maggiore integrazione economica e sociale;
  • un partenariato piĂą stretto tra i popoli, soprattutto nei settori dell’occupazione, della sanitĂ , della cultura e dell’istruzione.

 

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Fig. 1 – L’ex Ministro degli Esteri tunisino, Tayyib Baccouche, con l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune, Federica Mogherini, dopo un incontro a Bruxelles del Consiglio di Associazione UE-Tunisia (marzo 2015)

IL RAFFORZAMENTO DEL PARTENARIATO

Già nell’ottobre 2011, inoltre, l’UE aveva avviato un dialogo sulla migrazione, la mobilità e la sicurezza, conclusosi nel dicembre 2013 con la conclusione di un partenariato per la mobilità, finalizzato a facilitare la circolazione delle persone tra Tunisia e UE e, in generale, a sviluppare relazioni reciproche nei settori della sicurezza, per affrontare al meglio le nuove sfide regionali. Nel quadro di questa cooperazione, sono state identificate soprattutto una serie di priorità in materia di gestione dei flussi migratori, tra cui il sostegno alla migrazione legale, la lotta a quella illegale e alla tratta di essere umani, la gestione dei ritorni e delle riammissioni, il controllo dei confini e lo sviluppo di un sistema di protezione internazionale e asilo.

Con la fine della rivoluzione e l’inizio della complessa transizione democratica, l’Unione Europea ha continuato a fornire al Paese un sostanziale sostegno politico e finanziario, concretizzatosi, tra l’altro, nell’erogazione di aiuti (oltre 1.2 miliardi), di assistenza macro-finanziaria (oltre 800 milioni) e di prestiti (oltre 1.5 miliardi dalla Banca Europea degli Investimenti), per un totale di circa 3.5 miliardi di euro destinati alla Tunisia tra il 2011 e il 2017. La maggior parte di questi interventi è stata finalizzata al sostegno della democrazia (anche attraverso l’organizzazione di missioni di osservazione per lo svolgimento corretto delle elezioni), allo sviluppo di programmi di sostegno della società civile, alla giustizia e alle attività del nuovo parlamento eletto. Altrettanto importante l’impegno per la riforma e il rilancio dell’economia fortemente indebolita, la riduzione delle disparità regionali e l’aiuto alle aree emarginate, grazie anche alla mobilitazione di fondi aggiuntivi e all’implementazione del Programme d’Appui à la Relance (PAR), su cui sono stati convogliati i fondi provenienti da vari donatori e istituzioni finanziarie.

Gli attentati terroristici del 2015 a Tunisi e Sousse sono stati causa dell’adozione di nuove misure di assistenza, più che mai necessarie per un Paese in cui le difficoltà economiche e l’alto tasso di disoccupazione giovanile hanno mostrato di essere ancora problematiche gravi. Così, in un contesto particolarmente scosso dalla violenza terroristica, nel quadro e in virtù di un’ulteriore rinnovamento della Politica Europea di Vicinato avviato nel 2015, la Tunisia è divenuta beneficiaria di un nuovo importante sostegno finanziario, ricevuto principalmente attraverso lo Strumento Europeo di Vicinato (European Neighbourhood Instrument – ENI), il cui budget indicativo, per il periodo 2014-2020, ammonta a circa 800 milioni di euro. Al contributo ENI si aggiungono una serie di ulteriori strumenti finanziari, tra cui l’Instrument contributing to Stability and Peace (IcSP), lo European Instrument for Democracy and Human Rights (EIDHR), il Neighbourhood Investment Facility (NIF) e i programmi tematici del Development and Cooperation Instrument (DCI).  Inoltre, l’impatto negativo dagli eventi del 2015 sull’economia (ad esempio in  settori chiave come quello turistico e dei trasporti) e sulla società civile ha ulteriormente esacerbato lo squilibrio già esistente nella bilancia dei pagamenti e ha indotto la Commissione europea a proporre, nel febbraio 2016, un’assistenza macro-finanziaria addizionale(MFA-II), in aggiunta al programma già siglato nel 2014 (MFA-I). Ai 300 milioni di euro previsti inizialmente per il sostegno alle riforme economiche e finanziarie necessarie per il Paese (gestione della finanza pubblica, sistema di tassazione e protezione sociale), la Commissione ha proposto di aggiungere circa 500 milioni di euro in prestiti a medio e lungo termine per soddisfare il fabbisogno di finanziamento esterno della Tunisia per il periodo 2017-2018, principalmente nell’ambito della promozione degli investimenti privati e del sostegno all’occupazione, e integrare il nuovo programma di aiuti del Fondo Monetario Internazionale siglato per il periodo 2017-2020. La proposta è stata approvata dal Parlamento e adottata dal Consiglio nel luglio 2016, mentre il Memorandum d’Intesa e l’Accordo sul programma di prestiti sono stati firmati a Bruxelles il 27 aprile 2017.  Su proposta dei ministri degli esteri europei, inoltre, l’Unione Europea ha valutato l’opportunità di abolire il limite mensile sull’importazione dell’olio d’oliva dalla Tunisia (altro settore fondamentale per il Paese) e azzerare i dazi doganali sulle importazioni di altre 35 mila tonnellate all’anno nel biennio 2016-2017, in aggiunta alle 56.700 tonnellate già a dazio zero in virtù dell’Accordo di Associazione del ’98. Il regolamento 2016/580 sull’introduzione di queste misure di emergenza è stato adottato dal Parlamento e dal Consiglio nell’aprile 2016.

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Fig. 2 – L’ex Ministro degli Esteri tunisino, Tayyib Baccouche, con l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune, Federica Mogherini

LA NUOVA AREA DI LIBERO SCAMBIO

In occasione della visita a Tunisi, ad ottobre 2015, del Commissario europeo per il commercio, Cecilia Malmström, sono stati lanciati i negoziati per la creazione di una zona di libero scambio globale e approfondita (Deep and Comprehensive Free Trade Area – DCFTA), il cui primo round si è tenuto a Tunisi nell’aprile 2016, mentre l’ultimo incontro tecnico si è tenuto a Bruxelles tra il 6 e il 10 febbraio scorso. Le consultazioni sull’effettiva realizzazione di quest’ultimo, recentissimo, progresso nelle relazioni commerciali ed economiche tra le due sponde del Mediterraneo rimangono ancora aperte: lo scorso aprile la Commissione ha raccolto i pareri di alcuni dei principali stakeholders nel processo, tra cui i rappresentanti del mondo imprenditoriale, della società civile, organizzazioni non-governative e amministrazioni pubbliche. L’opinione generale sembra essere di ottimismo sulle opportunità che la creazione di un’approfondita aerea di scambio porterebbe con sé, in termini di estensione del vigente accordo di cooperazione (l’Association Agreement del ’98) ad altri settori chiave come quello agricolo, dei servizi, dello sviluppo sostenibile e diritti umani. Ciononostante, altrettanta è la percezione dei rischi di un’ulteriore liberalizzazione delle relazioni commerciali con l’Unione Europea, soprattutto legati all’aumento della concorrenza nel settore agricolo e della pesca.

Fine seconda parte

Maria Di Martino

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Per un approfondimento sulla situazione economica tunisina si rinvia ai recenti report pubblicati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OSCE). [/box]

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Maria Di Martino
Maria Di Martino

Classe 1991, coltivo la passione per il mondo arabo fin dagli studi triennali all’Orientale di Napoli, dove lo studio della lingua, della storia e delle istituzioni musulmane mi ha insegnato ad osservare le dinamiche mediorientali con lo sguardo di un vicino consapevole della loro importanza. Laureata magistrale in Relazioni Internazionali alla Sapienza di Roma, con una tesi in diritto internazionale dell’economia e dello sviluppo, all’interesse per l’analisi geopolitica accompagno una personale sensibilità per i diritti umani, sognando un futuro di ricerca e azione per la loro difesa, poiché ancora idealisticamente convinta che parlare di Stati possa significare, prima di tutto, parlare di persone.

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