Caffè Ristretto – Le elezioni di domenica in Armenia hanno visto la vittoria netta del premier Nikol Pashinyan e del suo partito Contratto civile, che ha ottenuto circa il 54% dei voti. Un successo un po’ inaspettato e che conferma la volontà degli armeni di non tornare agli assetti politici pre-rivoluzionari a dispetto dell’umiliante sconfitta in Nagorno-Karabakh.
Stavolta i sondaggi pre-elettorali hanno avuto torto: prevedevano infatti un testa a testa tra Pashinyan e il suo sfidante Robert Kocharyan, Presidente dell’Armenia dal 1998 al 2008, non escludendo anche una possibile vittoria di quest’ultimo. Invece i risultati ufficiali emersi dalle urne vedono un successo schiacciante di Pashinyan e del suo partito Contratto civile, che ottiene circa il 54% dei voti e 71 seggi parlamentari. Al contrario, l’Alleanza Armenia di Kocharyan ha raccolto solo il 21% delle preferenze e avrà quindi una presenza piuttosto debole in Parlamento (27 seggi), consentendo di fatto il predominio legislativo di Contratto civile. Kocharyan ha rifiutato di riconoscere l’esito del voto e ha parlato apertamente di brogli a favore di Pashinyan, ma le autorità elettorali respingono tali accuse e anche l’OSCE ha riconosciuto il carattere genuino della consultazione di domenica. Dal canto suo, Pashinyan ha parlato di una “rivoluzione d’acciaio”, interpretando il mandato elettorale come un chiaro proseguimento della “rivoluzione di velluto” che lo ha portato inizialmente al potere nel 2018, e ha promesso di portare avanti ampie riforme politiche e civili.
Sconfitto e umiliato nella recente guerra in Nagorno-Karabakh, conclusasi con un accordo di pace mediato dalla Russia, Pashinyan ha dovuto fronteggiare il malcontento della popolazione e di molti centri di potere istituzionali, che hanno cercato a più riprese di costringerlo alle dimissioni nei mesi scorsi. Il premier ha risposto però a muso duro, rifiutando di lasciare il Governo e usando toni fortemente populisti per conservare il favore dell’elettorato. Questi toni sembrano essere stati parecchio efficaci, ma l’impressione è che il successo elettorale di domenica sia più frutto del rifiuto degli armeni di tornare ai vecchi assetti di potere pre-rivoluzionari, simboleggiati da Kocharyan, che di un reale attaccamento a Pashinyan e al suo partito. Da questo punto di vista, il premier riconfermato dovrà continuare a fare i conti con un Paese traumatizzato dalla sconfitta, in aperto conflitto con l’asse Turchia-Azerbaijan e fortemente dipendente dal sostegno diplomatico e militare della Russia. Una Russia che forse sperava nel successo di Kocharyan, vecchio amico di Putin, ma che ha comunque riconosciuto la vittoria di Pashinyan e che cercherà probabilmente di sfruttare le attuali difficoltà armene per rafforzare la propria presenza nel Caucaso meridionale in funzione anti-turca.
Simone Pelizza
“Επίσκεψη ΥΠΕΞ Ν.Δένδια στην Αρμενία – Συναντήσεις με Πρόεδρο Α.Sarkissian, ΠΘ Ν.Pashinyan & ΥΠΕΞ Ζ. Mnatsakanyan (Ερεβάν 16.10.2020)” by Υπουργείο Εξωτερικών is licensed under CC BY-SA