Se c’è un vincitore delle elezioni presidenziali venezuelane, non è Nicolás Maduro. Il successo ottenuto di misura sullo sfidante Henrique Capriles apre infatti scenari inediti per il Paese sudamericano. Il “socialismo del XXI secolo” potrebbe scomparire insieme a colui che l’ha creato, ovvero Hugo Chávez? È forse ancora presto per dirlo, ma certo è che in Venezuela sta per cominciare una nuova fase.
CAPRILES NON CI STA – Solo 235mila voti: questo lo scarto di voti che sembra esserci tra Nicolás Maduro, candidato “oficialista” alla successione di Hugo Chávez, e lo sfidante Henrique Capriles Radonski. Una differenza minima, che tradotta in percentuali fa 50.2% contro 49.8%, e che potrebbe essere ulteriormente assottigliata dal voto dei venezuelani residenti all’estero. Capriles non ha riconosciuto immediatamente l’esito uscito dalle urne e ha chiesto immediatamente il riconteggio di tutte le schede elettorali, nel timore di eventuali brogli. Dall’altro lato, Maduro si è invece proclamato vincitore e ha annunciato che venerdì prossimo (19 aprile) entrerà in carica come nuovo Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
TEMPI (MA)DURI – Anche se non ci fossero stati brogli, quella di Maduro sarebbe comunque una “non vittoria”. Il defunto Chávez nello scorso ottobre, fiaccato dalla malattia giunta in fase ormai terminale, aveva vinto le elezioni con un margine del 12% (il più basso da quando era al potere, ma comunque ragguardevole). Il “delfino” Maduro ha invece dilapidato in poche settimane tutto il vantaggio di cui sembrava godere, non riuscendo apparentemente neppure a fare breccia nella commozione popolare per la scomparsa ancora recente del leader bolivarista. Capriles ha invece ottenuto un ottimo risultato, ponendosi come seria alternativa di governo e di cambiamento rispetto al “Socialismo del XXI secolo” varato da Chavez. Maduro, tuttavia, non deve guardarsi le spalle solamente dagli avversari esterni al PSUV (Partido Socialista Unico de Venezuela), bensì anche dalle possibili faide interne. Questo risultato deludente finirà infatti per indebolire la sua posizione, finendo probabilmente per favorire Diosdado Cabello, suo principale rivale nel partito che attualmente copre la carica di Presidente del Congresso e dotato di connessioni influenti nell’esercito.
UN PAESE INDEBOLITO – Da qualunque parte la si veda, insomma, la situazione del Venezuela è quella di un Paese indebolito. Innanzitutto politicamente, perché la scomparsa di un leader carismatico così influente come Chávez è riuscita a produrre in sole sei settimane una polarizzazione assoluta della popolazione in due blocchi. Sta ora alle forze politiche impedire che tale frattura diventi insanabile e porti a conseguenze più drammatiche per la società nel suo complesso. Il Venezuela è inoltre indebolito economicamente, da anni di politiche poco lungimiranti che hanno puntato tutto sullo sfruttamento delle risorse petrolifere a discapito di diversificazione produttiva, efficienza e trasparenza. L’inflazione galoppa al 30%, il rapporto deficit/PIL è intorno al 15% e il cambio con il dollaro nel mercato nero ha raggiunto un tasso tre volte superiore a quello ufficiale. Se sarà Maduro a governare, non saranno tempi facili: probabilmente un cambio di rotta in politica economica sarà necessario. Altrimenti il conto, non solo per il bolivarismo ma per tutto il Venezuela, potrebbe essere molto salato.
Davide Tentori