Se c’è un posto al mondo che mantiene intatto il fascino selvaggio della frontiera quello è sicuramente l’Asia centrale. In questo libro troverete dittatori megalomani e sanguinari, gruppi terroristi islamici, giochi politici intorno alle risorse energetiche, disastri ecologici di proporzioni inquietanti e resti di imperi antichi e moderni
VIAGGIO AL CENTRO DELL’ASIA – Che tu non ti senta ancora pronto per affrontare tutto ciò o che tu stia progettando da anni un viaggio in cerca di avventura, la lettura di questo racconto di viaggio, saggio geopolitico, fumetto, reportage fotografico sarà utile e di piacevole lettura.In questa misteriosa parte del mondo in cui i nomi dei paesi finiscono tutti con il suffisso –stan, si è riaperto in seguito al crollo del sistema sovietico, il cosiddetto “great game”, ovvero lo scontro più o meno aperto tra le grandi potenze per il controllo della regione. I protagonisti: gli Usa, la Russia e la Cina, oltre a svariati attori regionali come il Pakistan, gruppi terroristici islamici e criminali.Le motivazioni che spiegano l’importanza di questo scacchiere sono svariate. Innanzi tutto nel sottosuolo di alcuni di questi paesi giacciono alcune delle maggiori quantità di riserve di petrolio e di gas naturale del pianeta (anche l’italiana Eni ha importanti interessi nella regione avendo in concessione lo sfruttamento di alcuni pozzi in Kazakistan). Questa regione riveste evidentemente un ruolo strategico anche come via di comunicazione tra oriente e occidente: se un tempo la via della seta garantiva la prosperità dei potentati locali, oggi sono i gasdotti e gli oleodotti che garantiscono ai dittatori locali un’ampia rendita. Gli ultimi decenni hanno inoltre sancito la nascita di un nuovo canale per i flussi di risorse energetiche di questa zona, una volta appannaggio soprattutto della Russia e attraverso questa dell’Europa, in seguito all’impetuosa crescita economica di Cina e India. Anche alla luce di queste considerazioni si capisce la crescente tensione nella regione cinese dello Xinjiang, omogenea per storia, cultura, popolazione e religione alle repubbliche centroasiatiche ex sovietiche.
TENSIONI E INSTABILITA’ – Questi paesi, soprattutto l’Uzbekistan, sono state importanti basi logistiche per l’invasione Nato dell’Afghanistan ed è chiaro come la “guerra al terrore” americana passi anche dalle impervie valli del Turkestan dove il fondamentalismo islamico sembra in preoccupante ascesa.Per aggiungere un altro elemento di instabilità in una situazione già potenzialmente esplosiva, ai margini di quest’area si svolge da decenni un conflitto a bassa intensità tra Pakistan e India fatto di scontri sulle altissime quote della catena del Karakorum per il controllo del Kashmir. Ed entrambe queste nazioni sono potenze nucleari.
IL LIBRO – Ted Rall, l’autore di questo originale ibrido di diverse forme della comunicazione, riesce a raccontarci tutto questo in maniera chiara e semplice, grazie innanzi tutto al dichiarato amore per questa sfortunata area del mondo e alla sua esperienza diretta sul campo. “Stan trek” è quindi il racconto dei diversi viaggi fatti dall’autore, ma non solo. Attraverso una parallela opera di studio e di analisi Rall ci fornisce anche una lettura geopolitica della situazione negli stati da lui visitati, aggiornandoci sullo stato del nuovo “great game”.A tutto ciò si aggiunga che il libro è corredato di dati e di una serie di informazioni pratiche per organizzare un viaggio (come ottenere un visto, come comportarsi con le insistenti richieste di denaro della polizia).Se non bastasse l’originalità dell’argomento (trovare un libro che si occupi di questa parte del mondo non è facile), l’autore ha scelto di utilizzare diversi linguaggi per mostrarci un immagine degli “stan”. La scelta del fumetto in particolare si sposa perfettamente con l’approccio di Rall all’argomento: un approccio scanzonato, politically uncorrect, che non disdegna affatto l’ironia. Un nuovo modo di avvicinarsi all’indagine geopolitica, destinato a un nuovo pubblico giovane, che in qualche modo si può trovare anche nel “Caffè Geopolitico”.
Jacopo Marazia