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Dopo Obama, le Dame in Bianco?

La proposta di conferire il Nobel per la pace alle familiari dei dissidenti cubani fa discutere. Certo è che negli ultimi tempi le voci contrarie al regime di Castro si stanno levando. Cosa sta succedendo nell'isola caraibica? Intanto, il rapporto con gli Stati Uniti rimane problematico.

NOBEL IN ARRIVO? – Dopo Obama, il Nobel per la pace potrebbe passare di mano dall'altra parte del Mar dei Caraibi e sbarcare a Cuba. La proposta, cominciata a circolare con insistenza negli ultimi giorni, è infatti quella di conferire la prestigiosa onorificenza alle Dame in bianco, familiari di settantacinque prigionieri politici cubani, che da anni ormai manifestano contro il regime di Fidel Castro affinchè i propri cari vengano liberati e i diritti umani sull'isola siano rispettati. Proprio poche settimane fa le donne erano scese nuovamente per le strade dell'Avana in seguito alla morte di Orlando Zapata Tamayo, il dissidente politico morto in carcere lo scorso 23 febbraio dopo aver intrapreso uno sciopero della fame durato più di ottanta giorni.

UN'ALTRA STORIA DI DISSIDENZA – Oltre alle Dame in Bianco, negli ultimi giorni un'altra storia sta prendendo piede nelle cronache di tutto il mondo. Un altro cubano, Franklin Pelegrino del Toro, ha appena infatti interrotto uno sciopero della fame che si è protratto per più di quaranta giorni. Del Toro, membro del Partito Repubblicano Cubano, ha iniziato la propria personale manifestazione proprio in seguito alla morte di Zapata Tamayo. La decisione di interrompere il digiuno è stata dettata dalle pressioni di amici e familiari, che lo hanno convinto “a continuare a vivere per proseguire la lotta in favore dei diritti umani”.

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LA SITUAZIONE A CUBA – L'isola caraibica è davvero un inferno, come viene dipinta dai più acerrimi oppositori del comunismo, oppure è un paradiso terrestre, stando alle descrizioni dei sostenitori più fedeli di Fidel e Raúl Castro (nella foto a destra con l'ex presidente del'Honduras Zelaya e con quello venezuelano Chàvez)? Una cosa è indubbia: la situazione interna, soprattutto dal punto di vista economico, sta diventando sempre più difficile. Il regime castrista si è distinto in passato per aver saputo avviare un efficiente sistema di stato sociale, dotando l'isola di servizi sanitari e scolastici di buon livello per tutta la popolazione. Questo è stato possibile però fino a quando esisteva l'Unione Sovietica, che con generosi finanziamenti dettati ovviamente dalla eccezionale strategicità della posizione geografica di Cuba sostenne lo sviluppo e il consolidamento del socialismo nell'isola. Oggi, tuttavia, con l'embargo imposto dagli USA che non pare per il momento in via di rimozione, è sempre più difficile per il Governo offrire servizi sociali con un alto standard qualitativo, mentre la vita per i cittadini cubani è estremamente problematica e la gran parte delle transazioni commerciali avviene sul mercato nero. Il soffocamento di ogni tipo di opposizione e il mancato rispetto dei diritti umani, dunque, stanno diventando sempre più insopportabili da parte della popolazione, che si attenderebbe invece delle aperture da parte di Raúl Castro.

WASHINGTON PER ORA STA A GUARDARE – Se dall'interno arrivano piccole “scosse” che non sono per il momento in grado di scalfire il regime dell'Avana, dall'esterno ne potrebbe arrivare invece un'altra ben più forte. Il ruolo degli USA potrebbe infatti essere determinante per cambiare la situazione a Cuba, ma per il momento l'amministrazione Obama non ha preso provvedimenti in linea con le attese. Il presidente aveva infatti promesso in campagna elettorale che avrebbe cercato il dialogo con l'isola e che avrebbe chiuso il carcere di Guantánamo entro un anno dall'entrata in carica: tuttavia, l'unico risultati ottenuto finora è stato un allentamento delle restrizioni sugli esuli cubani che vivono negli Stati Uniti per quanto riguarda l'invio di rimesse ai propri familiari.

La posizione della Casa Bianca è del resto molto delicata. Da una parte, concedere troppe aperture a Castro presterebbe il fianco all'opposizione (repubblicana e non solo), che accuserebbe Obama di eccessiva debolezza. Dall'altra, un continuo irrigidimento potrebbe paradossalmente essere ancor più rischioso da un punto di vista strategico e geopolitico, dato che potenze già “note” nell'area come la Russia e altre emergenti come il Brasile si stanno affacciando nell'isola con i loro capitali pronti per effettuare investimenti. Gli USA rischiano di perdere terreno a Cuba così come nel resto dell'America Latina, lasciando vuoti di potere che potrebbero essere colmati da altri attori.

Davide Tentori

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Davide Tentori
Davide Tentori

Sono nato a Varese nel 1984 e sono Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’UniversitĂ  “Cattolica” di Milano con una tesi sullo sviluppo economico dell’Argentina dopo la crisi del 2001. Il Sudamerica rimane il mio primo amore, ma ragioni professionali mi hanno portato ad occuparmi di altre faccende: ho lavorato a Roma presso l’Ambasciata Britannica in qualitĂ  di Esperto di Politiche Commerciali ed ora sono Ricercatore presso l’Osservatorio Geoconomia di ISPI. In precedenza ho lavorato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove mi sono occupato di G7 e G20, e a Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Sono il Presidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del Desk Europa

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