Nel nostro Paese Sebastián Piñera, vincitore delle elezioni presidenziali in Cile, è stato spesso accostato al premier per il fatto di essere l’uomo più ricco del Paese. Cosa significa veramente il ritorno della destra a Santiago?
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Sebastián Piñera, che aveva già dominato il primo turno, ha vinto il ballottaggio di domenica 17 gennaio con il 51% delle preferenze, a fronte del 48% ottenuto da Frei. Un risultato, quello del candidato sconfitto, in ascesa rispetto al magro 29% registrato al primo turno, dovuto essenzialmente a due fattori. Il primo è la carenza di “appeal” del candidato: un politico conosciuto, forse troppo, dall’opinione pubblica cilena, che dopo la novità rappresentata dalla Bachelet aveva causato una rottura nella vita politica nazionale: non a caso il livello di apprezzamento nei suoi confronti, al momento di lasciare la carica presidenziale, era superiore all’80%. In secondo luogo,
CHI E’ PINERA? – In Italia il nuovo Presidente del Cile è stato accostato a Silvio Berlusconi, in quanto Sebastián Piñera è l’imprenditore più ricco del Paese andino. Maggiore azionista della compagnia aerea LAN e del network televisivo Chilevisión, ha costruito le sue fortune a partire dagli anni Settanta, proprio quando il regime di Pinochet muoveva i suoi primi passi. Nonostante questo, Piñera si dichiara assolutamente contrario a quanto accadde durante la dittatura e in campagna elettorale ha promesso politiche volte a contrastare la povertà e la disuguaglianza (nonostante gli enormi progressi economici, il Cile è ancora il terzo Paese sudamericano, dopo Brasile e Bolivia, in quanto a distribuzione eterogenea del reddito). Eppure, a Santiago il timore più grande è che il ritorno della Destra, e in particolare del partito Unión Democrata Independiente, che fa parte della coalizione vincente insieme a quello liberale ed è erede della tradizione conservatrice cilena, possa far retrocedere il Paese sudamericano agli anni bui della dittatura.
In realtà, il Cile sembra ormai una delle democrazie più mature del continente e la regola dell’alternanza fa parte del gioco, se si è appunto in una vera democrazia.
I CAMBIAMENTI – Sarebbe irrealistico tuttavia pensare che non ci sarà nessun cambiamento. Il nuovo inquilino del Palazzo della Moneda non si trasformerà di certo in un nuovo autocrate, ma è possibile che faccia leva sui media per canalizzare il consenso attorno alle sue politiche, almeno nel primo periodo di Governo. I livelli per fare previsioni sugli orientamenti di Piñera sono essenzialmente tre.
In politica interna, è possibile che l’esecutivo si impegni con più durezza nel settore della sicurezza e della lotta alla criminalità. Il nuovo Presidente ha promesso un governo “di unità nazionale” che agisca per il bene di tutti i cittadini, ma bisognerà vedere alla prova dei fatti se le politiche economiche e sociali saranno davvero volte a combattere le disuguaglianze. In particolare, il Cile attende da tempo una riforma dell’istruzione in senso egualitario che nemmeno Michelle Bachelet è stata in grado di varare.
Per quanto riguarda l’economia, non sembra che ci saranno grandi scostamenti rispetto al passato. Il Cile è pienamente integrato nel sistema internazionale per la sua grande quantità di Investimenti Diretti Esteri e in questi anni è stato in grado di diversificare il proprio apparato produttivo per renderlo il più autonomo possibile dalla dipendenza dall’estrazione del rame, di cui è il principale produttore mondiale.
Infine, la politica estera. Il Cile negli ultimi anni, nonostante esecutivi di centrosinistra, non ha mai sposato la causa del bolivarismo chavista e tantomeno lo farà da ora in poi. Piñera in campagna elettorale aveva già appoggiato
Davide Tentori
20 gennaio 2010