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Dieci cose da ricordare sulla guerra

Editoriale – Non sappiamo cosa succederà in Ucraina e dintorni. Se dovesse scoppiare un conflitto, ricordiamoci però di questi punti.

Non sappiamo cosa succederà in Ucraina e dintorni: allo stato attuale delle cose molte strade sono ancora possibili. Purtroppo, almeno alcune di queste conducono a un conflitto. Se mai ciò dovesse capitare, vedrete i social inondati da post, articoli, commenti e opinioni provenienti da ogni parte. Noi stessi sicuramente ne parleremo. Ma ci sono alcune importanti avvertenze che crediamo sia utile darvi fin da ora, perché poi, nel caos del racconto quotidiano, sarà più difficile ascoltarle. Vi offriamo perciò questo breve “decalogo”, assolutamente criticabile, per cercare di orientarvi in caso di conflitto. Noterete che è molto poco “politically correct”, ma vorrei non essere frainteso

1) La guerra contemporanea è definita “multi-dominio” (multi-domain). Significa che è la complessa sovrapposizione di aspetti aerei, terrestri, navali, elettronici, cyber, ecc… Ed è cambiata molto negli ultimi 20 anni. Se non avete seguito costantemente questa evoluzione, accettate la possibilità che la cosa sia molto più complessa di quanto crediate. Non abbiate paura di chiedere chiarimenti.

2) A peggiorare la complessità c’è il fatto che aspetti fondamentali del conflitto, in ambito di guerra elettronica, avvengono nello spettro elettromagnetico, invisibile all’occhio… ovvero nella guerra contemporanea esistono sfide che si combattono costantemente e non sono minimamente osservabili dall’esterno, né è possibile per il pubblico trovare “prove” dirette. È un gioco di costante rincorsa reciproca dove gli equilibri cambiano continuamente, anche durante il conflitto stesso. In breve, ci sono cose che non vedrete. Gli effetti sul campo però sono reali.

3) Gli attori internazionali compiono errori. Tutti. Soprattutto in guerra. A volte una certa scelta, o tentativo, o azione non sono frutto di chissà quale piano perfetto – stile cattivo di James Bond, – ma semplicemente a causa di una errata valutazione, di una percezione parziale, di stanchezza che porta a scelte non lucide. Le emozioni spesso vincono sulla logica: anche i comandanti militari e i leader politici sono esseri umani. Hanno emozioni, percezioni sbagliate, fanno errori. La realtà ha spesso un “plot” molto meno intrigante di una serie TV, non cadete nella trappola cognitiva di credere che tutto sia preordinato perfettamente. Come diceva von Clausewitz, la migliore rappresentazione della guerra è una partita a carte, non una partita a scacchi.

4) Molti sono quelli che parlano di guerra e conflitti, molti meno però sono quelli che sanno farlo con cognizione di causa. E, molto probabilmente, se non ne sapete già da voi, o se non avete già fatto una scrematura in passato, potreste oggi non essere in grado di distinguere gli uni dagli altri, sia a causa dei punti 1 e 2, sia perché la guerra è altamente controintuitiva: non sempre ciò che “sembra avere senso” è ciò che succede, semplicemente perché spesso il senso può non essere quello che credete. Siate coscienti che qualcuno, su questo, ci marcia.

5) Nonostante questo, tutti possono genuinamente sbagliare, ancora di più su temi così complessi e in costante evoluzione, soprattutto quella rapida di un conflitto. Capiterà anche agli esperti che sapete tali, non crocifiggeteli, e aspettatevi che, a volte, la risposta migliore a una domanda sia solo un “non lo so, per ora non ci sono abbastanza informazioni per poterlo capire”.

6) I social (in particolare Twitter) saranno inondati di report e racconti, quasi in real time, dandovi l’illusione di poter seguire il conflitto e capirlo mentre avviene. Ma è un’illusione, perché i conflitti degli ultimi 3 anni (Siria, Libia, Nagorno-Kharabakh) hanno mostrato come durante i combattimenti i social vengano costantemente inondati dai contendenti (in particolare i Paesi con maggiore controllo sui media) da report falsi, foto manipolate o vecchie, influencer usati apposta per convincervi che una parte stia vincendo e non faccia errori, e che l’altra stia perdendo e compia le peggio cose. Se non siete esperti voi stessi, accettate il fatto di non essere probabilmente in grado di distinguere cosa sia reale da cosa non lo sia o viene distorto. Anche chi segue davvero i conflitti a volte ha bisogno di tempo per confermare dati ed eventi, quindi leggete, informatevi, ma non siate frettolosi nel valutare. E non accettate come vero solo ciò che volete sentirvi dire. Spesso i conflitti si capiscono appieno solo dopo che sono terminati, raramente durante.

7) A causa del punto 6, ed essendoci di mezzo la NATO, noi (opinione pubblica italiana) siamo uno dei bersagli di almeno uno dei contendenti. Il vostro cervello è un campo di battaglia su cui gli altri hanno puntato armi (virtuali) per dominarlo. È così anche ora, ma durante un conflitto è anche peggio. Non fatene una tragedia, ma siatene coscienti. E siate coscienti di essere più vulnerabili di quanto non vogliate ammettere.

8) Verrà naturale affrontare l’intero conflitto con dinamiche da “tifo” per una parte o per l’altra. È normale, istintivo. Del resto, noi stessi siamo di fatto una delle parti in causa, non siamo neutrali. Ma ricordate sempre che c’è una popolazione che subisce direttamente il conflitto perché vive in zona di guerra e altre che ne subiscono gli effetti indiretti perché nelle retrovie dei contendenti. Siate rispettosi della tragedia che si svolge sotto i nostri occhi perché il prezzo vero non lo paghiamo noi.

9) Non tutti hanno le stesse responsabilità, ma non esistono buoni o cattivi in assoluto. Esistono attori (Russia, Ucraina, USA, i Paesi europei…) con le proprie motivazioni e interessi, spesso più sfaccettati di quanto venga rappresentato sui media. Capire e approfondire questi aspetti non significa “giustificare” le posizioni e le scelte che non si condividono, significa però capire (o cercare di capire) cosa li spinge e quindi anche come uscirne. Ridurre i comportamenti di un attore a un aspetto unico è errato.

10) Non si esce da un conflitto del genere semplicemente dicendo “non vogliamo la guerra”. Se ne esce trovando una soluzione, anche parziale e imperfetta, alle motivazioni che hanno portato al conflitto. Ricordate che un conflitto è l’esplosione di problemi nati e cresciuti nel tempo, come minimo serve individuarli e affrontarli prima che arrivino a crisi di questa entità. Quando il conflitto scoppia, in realtà si è già fallito molto prima, ma almeno impariamo per il futuro.
Detto questo, non fasciamoci la testa prima del tempo (perché in realtà i margini per uscirne in maniera incruenta ci sono) e ricordate che molti dei punti sopra sono utili anche in tempo di pace.

Lorenzo Nannetti

Foto di copertina: “Навчання військовослужбовців однієї із механізованих бригад” by Ministry of Defense of Ukraine is licensed under CC BY-SA

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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