In 3 Sorsi – A distanza di cinque anni dall’ultimo incontro in Costa d’Avorio, il Summit UE-Africa si è tenuto a Bruxelles il 17-18 febbraio scorso. Lotta alla pandemia, cambiamento climatico e sicurezza sono stati i temi centrali del dibattito. Permangono le incognite sulle reali intenzioni dell’UE: promuovere la cooperazione o arginare l’espansione cinese in Africa?
1. IL SUMMIT UE-AFRICA 2022
È una Bruxelles blindata, quella che ha accolto il 17 e il 18 febbraio scorso il sesto Summit UE-Africa. Il Summit, inizialmente previsto nel 2020, ma rimandato a causa della pandemia, succede a quello tenutosi nel 2017 ad Abidjan, in Costa d’Avorio. L’evento ha accolto più di 40 leader africani, rappresentanti dell’Unione Africana, della Banca Africana di Sviluppo e dell’Unione Europea sotto il coordinamento congiunto del Presidente del Consiglio dell’Unione Europea, Charles Michel, e del Presidente del Senegal e dell’Unione Africana, Macky Sall. Grandi assenti sono stati Mali, Burkina Faso, Guinea e Sudan, sospesi dall’Unione Africana per dodici mesi, mentre molto contestata è stata la presenza di Brahim Ghali, leader del fronte Polisario e dell’autoproclamata Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, attualmente non riconosciuta dall’Unione Europea. Diversi sono stati gli argomenti di discussione, ma al centro del dibattito hanno dominato la transizione verde, la digitalizzazione e la lotta contro la pandemia da Covid-19.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e il Presidente di Senegal e Unione Africana Macky Sall
2. LE MISURE IN CAMPO
Sono trascorsi cinque lunghi anni dall’ultimo Summit, periodo durante il quale il mondo intero è stato messo a dura prova dalla pandemia. L’Africa e l’Unione Europea, nondimeno, si sono trovate ad affrontare sfide sempre più complesse e pressanti. Per creare un fronte sinergico di risposta a queste esigente il Summit è stato suddiviso in sette tavole rotonde, portando così i leader a una discussione dinamica ma puntuale. Il Summit ha condotto all’adozione della Joint Vision for 2030, dal motto “Due Unioni, una Visione Congiunta”. Gli esponenti dei due continenti hanno così sottoscritto una dichiarazione di intenti che mira a rafforzare l’unità e la cooperazione per far fronte alle complessità moderne. L’accordo mira a favorire lo sviluppo sostenibile, il mantenimento della pace e della sicurezza, la protezione del clima e la lotta alle diseguaglianze. Il perseguimento di tali obiettivi – nonché dell’Agenda 2063 dell’Unione Africana – verrà sostenuto da un ingente pacchetto di investimenti, che ammonta a 150 miliardi di euro. L’impegno, già annunciato lo scorso 10 febbraio durante la visita ufficiale a Dakar della Presidente Von der Leyen, si pone come obiettivo quello di favorire gli investimenti pubblici e privati in diversi settori: tra questi, la transizione energetica, la trasformazione digitale, la creazione di posti di lavoro, il mantenimento della pace, lo sviluppo della mobilità e del settore sanitario, nonché la realizzazione di un sistema educativo il più possibile accessibile e inclusivo.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Un’immagine da una conferenza stampa durante il Summit. Da sinistra: la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, il Presidente di Senegal e Unione Africana Macky Sall, il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, il Presidente francese Emmanuel Macron e il Presidente della Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki Mahamat
3. DUE VISIONI DISTINTE E MOLTE INCERTEZZE
L’accordo raggiunto a Bruxelles segna indubbiamente uno sviluppo nella storia della cooperazione tra Unione Europea e Unione Africana. Malgrado il piano di investimenti sia ingente, non sono mancate le critiche e le perplessità. Già alcune settimane fa il Presidente dell’Unione Africana Macky Sall aveva sottolineato come il pacchetto di investimenti europeo risulti essere insufficiente per far fronte allo choc causato dalla pandemia e come le priorità dei due Continenti rimangano distinte e lontane. Il Summit costituisce, inoltre, un importante tassello della cosiddetta Global Gateway, la strategia dell’Unione Europea che mira a creare connessioni intelligenti nel settore del digitale, energetico e dei trasporti. La Global Gateway funge tuttavia anche da diga nei confronti della crescente avanzata degli investimenti asiatici, Cina in primis, nel continente africano. Negli ultimi anni, infatti, gli investimenti asiatici sono aumentati: al primo posto troviamo la Cina, seguita da Singapore e Hong Kong (fonte UNCTAD). A questo si aggiunge l’annuncio del ritiro delle truppe francesi dal Mali, dove la Francia si trova coinvolta dal 2013 con l’operazione Barkhane e con la task force europea Takuba. In una nota dell’Eliseo si legge infatti che: “Le condizioni politiche, operative e legali [in Mali] non sono più soddisfatte”. Svariate sono dunque le questioni che rimangono sospese e un velato criticismo permane nell’aria. Nelle prossime settimane ci si continuerà a chiedere se le misure di intervento rappresentino una nuova forma di cooperazione euro-africana o se il Summit costituisca, in realtà, solo un tentativo di arginare l’avanzata di Pechino. Il fattore tempo resta, tuttavia, la vera minaccia.
Veronica Bari
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