In 3 sorsi – Il 30 giugno il Governo e i gruppi indigeni hanno raggiunto un’intesa per porre fine alle proteste che per 18 giorni hanno paralizzato il Paese. Ora il Presidente Lasso ha 90 giorni per concretizzare gli accordi altrimenti si rischia di nuovo la crisi.
1. LE RAGIONI DELLA PROTESTA
Il primo anno di Governo di Guillermo Lasso ha visto un crescente malcontento della popolazione. Sebbene inizialmente il Presidente potesse vantare un tasso di approvazione del 71,4%, merito soprattutto dell’ottima campagna vaccinale contro la Covid-19, i massacri nelle carceri dei mesi scorsi e alcune mancate promesse, come la difesa dei diritti delle donne per quanto riguarda l’aborto, hanno esasperato i cittadini. Secondo gli indicatori economici l’Ecuador è la quarta economia che maggiormente cresce in America Latina, ma gli effetti sulla popolazione non si sono ancora visti: un terzo dei cittadini vive in situazione di povertà mentre solo il 32,5% ha un impiego con una retribuzione pari o superiore al salario minimo. Da questo contesto di forte disagio sociale è sorta la protesta che per 18 giorni ha paralizzato tutto il Paese, promossa dalla potente Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE). Inizialmente le proteste erano deboli a causa di una scarsa coordinazione tra le varie associazioni, ma in seguito all’arresto il 14 giugno del leader della CONAIE, Leonidas Iza, atto che non era mai stato compiuto da nessun governo precedente, la mobilitazione è diventata nazionale e il 22 giugno i manifestanti sono riusciti a entrare nella capitale Quito.
Fig. 1 – Guillermo Lasso durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo Governo a Quito, il 24 maggio 2021
2. LE CONSEGUENZE DELLA PROTESTA
Allo stesso modo delle proteste del 2019 la miccia che ha acceso l’ira delle persone è stata il rialzo del prezzo del carburante: il diesel è passato da $1 a $1,90 al gallone, mentre la benzina ha visto un aumento da $1,75 a $2,55. La CONAIE ha portato avanti un decalogo di richieste al governo affermando che la protesta sarebbe continuata finché tali domande non sarebbero state attese. Tra i punti del decalogo, si trovano richieste come lo stop all’estrazione petrolifera nelle aree indigene, un controllo dei prezzi dei generi alimentari e del carburante. Le conseguenze della protesta sono state nefaste. Il conflitto ha portato a 9 morti e 300 feriti, oltre a migliaia di arresti in tutto il Paese. Secondo le stime del Governo i 18 giorni di protesta hanno comportato $1 miliardo di danni, oltre a un forte rialzo dei prezzi dei generi alimentari a causa del blocco delle strade. L’occupazione, poi, di 918 pozzi di petrolio ha messo in serio rischio il settore petrolifero del Paese che ha visto perdite per $512 milioni a causa di una forte riduzione della produzione.
Fig. 2 – Leonidas Iza, leader della CONAIE, parla con i manifestanti nella Casa della Cultura a Quito, il 25 giugno 2022
3. I TERMINI DELL’ ACCORDO
Dopo diversi tentativi falliti e grazie alla mediazione della Conferenza Episcopale Ecuadoriana, il 30 giugno il Governo e la CONAIE sono riusciti ad arrivare a un accordo per mettere fine alle proteste. Tra i punti principali, una riduzione di 15 centesimi del prezzo del carburante, la rimozione dello stato di emergenza, l’abrogazione del decreto 95, che promuove l’attività petrolifera nell’Amazzonia, e una riforma del decreto esecutivo 151 per bloccare nuovi contratti di esplorazione mineraria nelle terre indigene e nelle zone protette. Il Presidente Lasso ha commentato la firma degli accordi affermando che “abbiamo raggiunto il valore supremo a cui tutti aspiriamo: pace nel nostro Paese” e che da questo momento “faremo delle zone rurali una priorità nazionale”. I prossimi 90 giorni saranno cruciali per Lasso, in quanto si terrà un tavolo di dialogo tra membri del Governo e dei gruppi indigeni per monitorare la realizzazione degli accordi e discutere le richieste rimanenti. Allo scadere di questi tre mesi, come ha affermato Leonidas Iza, ricominceranno le proteste se gli accordi non verranno rispettati, con il rischio di una nuova crisi sociale.
Santiago Olarte
Photo by SantiagoGonzález_ad is licensed under CC BY-NC-SA