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Ucraina, sei mesi dopo

Editoriale – Sei mesi fa Vladimir Putin lanciava la sua “operazione militare speciale” contro l’Ucraina, giustificata ufficialmente come soccorso ai separatisti del Donbass ma volta di fatto a rovesciare il Governo di Kiev e assoggettare l’intero Paese alla Russia. All’epoca pochi credevano nella capacità ucraina di resistere alla potenza militare russa. E invece le cose sono andate diversamente, trasformando una “guerra breve” in un conflitto prolungato e provocando significative ripercussioni internazionali.

Anzitutto, l’Ucraina non è crollata ed è riuscita a difendere con successo la propria indipendenza politica. In tal senso la decisione del Presidente Zelensky di non abbandonare Kiev nei primi giorni di guerra è stata un autentico punto di svolta e, insieme al sostegno militare dei Paesi occidentali (Stati Uniti in testa), ha galvanizzato l’intera popolazione ucraina, spingendola a resistere con coraggio e determinazione all’agggressione russa. Successi inaspettati come l’affondamento dell’incrociatore Moskva e sconfitte “eroiche” come l’assedio di Mariupol hanno contribuito a rafforzare la tenacia e lo spirito patriottico degli ucraini, contribuendo a rendere popolare la loro causa in ambito internazionale e a incrementare l’efficacia della loro resistenza militare. Il prezzo da pagare è stato molto alto, sia in termini di vite umane che di distruzioni materiali, ma Kiev è comunque riuscita a preservare la propria libertà e ad acquisire maggiore rilevanza a livello internazionale, conseguendo persino lo status di Paese candidato all’Unione Europea, obiettivo inseguito a lungo dalla classe politica post-Maidan. Inoltre non esclude potenzialmente la riconquista dei territori perduti, compresa la Crimea, anche se sembra non disporre ancora delle forze necessarie per poter realizzare tale proposito. Sono risultati notevoli che dimostrano la solidità interna e la forte identità nazionale del Paese, costantemente negate dalla propaganda russa e da alcuni sedicenti “esperti” occidentali.

Allo stesso tempo il parziale successo dell’Ucraina è stato accompagnato da un brusco ridimensionamento della potenza russa, sia in ambito militare che diplomatico-economico. La disastrosa performance delle forze armate russe, frutto sia di errori di pianificazione che di gravi deficienze strutturali, ha infatti esposto la debolezza interna del regime di Putin e frustrato i suoi obiettivi massimalisti nei confronti di Kiev. Nonostante la conquista di parte del Donbass e della regione di Kherson, la spallata contro il Governo ucraino è fallita, le perdite sono state considerevoli e Mosca ha visto il proprio prestigio internazionale seriamente danneggiato. In più, le numerose sanzioni occidentali hanno messo in ginocchio l’economia e inferto colpi durissimi ad alcuni settori chiave come quello automobilistico e quello aeronautico, mettendo concretamente a rischio il futuro sviluppo del Paese. Un altro scacco per Mosca è stato poi il rafforzamento della NATO con la domanda di adesione di Svezia e Finlandia e l’adozione di un nuovo Strategic Concept al vertice di Madrid di fine giugno. La guerra in Ucraina sembra avere ridato smalto ad un’Alleanza Atlantica in precedenza piuttosto asfittica e ha aumentato anche la sua capacità di attrazione verso i Paesi vicini di Mosca, peggiorando nettamente la situazione strategica russa. A dispetto di queste “batoste”, però, Putin non sembra avere intenzione di rinunciare ai suoi progetti di conquista. Al contrario, ha inasprito la repressione poliziesca delle opposizioni interne, ha lanciato campagne di disinformazione per corrodere il supporto occidentale a Kiev e ha adottato tattiche sempre più brutali per piegare la resistenza ucraina. Inoltre sta cercando di usare sia la leva energetica che quella della insicurezza alimentare per costringere Occidente e Kiev a cedere alle proprie richieste. Per superare il momento critico il Presidente russo può contare anche sul sostegno interessato della Cina, nascosto dietro una vaga neutralità ufficiale, e sui doppi giochi di Turchia e Ungheria, membri del blocco occidentale con agende ambiziose e spesso in conflitto con quelle di Washington e Bruxelles. Infine Putin punta sul malcontento sociale per i costi economici del conflitto e sui rapporti privilegiati con i partiti populisti per scardinare il quadro politico europeo, indebolendo i vitali aiuti che hanno tenuto in piedi l’Ucraina nei mesi scorsi.

La stagione invernale alle porte rappresenterà quindi un momento decisivo per il conflitto. Se l’Ucraina, sostenuta sempre dai Paesi occidentali, riuscirà a superare la stagione senza troppi danni, allora il disegno di conquista putiniano potrà dirsi sostanzialmente fallito. In caso contrario, il Cremlino potrà rilanciare la propria brutale campagna militare e cercare nuovamente di sottomettere Kiev. La partita resta lunga e aperta, anche se gli ucraini hanno vinto meritatamente il primo tempo e dimostrato di essere una nazione caparbia e coraggiosa, capace di sostenere i sacrifici più grandi a difesa della propria libertà.

Simone Pelizza   

Ukraine Russia war, Ukraine flag punch, resist, arm” by focusonmore.com is licensed under CC BY

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  • Sono passati sei mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Pur a prezzo di gravi perdite, Kiev è riuscita a difendere la propria libertĂ  e a umiliare Mosca a livello internazionale. Ma Putin non ha intenzione di abbandonare i suoi progetti di conquista.

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Simone Pelizza
Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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