In 3 sorsi – La città di Aleppo, un tempo la più popolosa e industriale della Siria, dal 2012 è stata vittima di una lunga guerra, durata quattro anni, che ha distrutto il suo patrimonio culturale e urbanistico, e ha costretto milioni di cittadini a fuggire dal loro Paese. I progetti di ricostruzione della città, però, non sembrano voler riportare tutti quanti a casa.
1. I DANNI E GLI SFOLLATI DI ALEPPO
La città di Aleppo è stata dal 2012 teatro di una dura battaglia tra la parte Est della città, sotto i ribelli, e la parte Ovest, sotto il regime di Bashar al Assad. La battaglia si è conclusa nel 2016 con la vittoria delle forze governative, aiutate dalla Russia. A causa della guerra, non ancora terminata, la Siria conta, ad oggi, più di cinque milioni di sfollati, per la maggior parte donne e bambini. Questi ultimi hanno trovato asilo in Turchia, ma anche in Libano, in Giordania, in Iraq e in altri Paesi del Nord Africa. Tuttavia le conseguenze della guerra non sono state “solamente” l’esodo di siriani verso altri Stati. Aleppo, un tempo la città più popolosa e industriale della Siria, durante gli anni dell’assedio ha subito diverse devastazioni del paesaggio urbanistico, che hanno danneggiato sia il patrimonio culturale dell’abitato, sia ospedali, case e scuole, distruggendo progressivamente la città. L’eredità culturale di Aleppo, sempre più diroccata, ha portato anche a una spaccatura religiosa interna. Sono stati molti i luoghi sacri, tra moschee, chiese e sinagoghe, a essere stati volontariamente abbattuti. Altro danno della guerra è stata la distruzione del suq al Saqatiya, mercato centrale situato nel centro antico di Aleppo, patrimonio dell’Unesco. Dal 2019 sono iniziati dei progetti di ricostruzione del suq, finanziati dalla fondazione Aga Khan.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Le famiglie siriane sfollate vivono in una vecchia fabbrica di cemento ad Aleppo
2. RICOSTRUIRE SELETTIVAMENTE LA CITTÀ
Dal 2012, anno in cui è iniziata la battaglia di Aleppo, la città è stata teatro di una guerra di logoramento, seguita dall’assedio e da campagne militari contro la parte orientale, che ha costretto la metà dei residenti a fuggire. La zona più danneggiata è stata quella a Est, caduta nel 2016. I cittadini sono stati costretti a evacuare nella zona nord del Paese. È stato danneggiato il 44% del patrimonio abitativo della città, e l’86% delle infrastrutture commerciali. Sono iniziati, quindi, dei progetti di ricostruzione per trasformare i quartieri demoliti in zone residenziali. Nel 2012 il decreto legislativo 63 permetteva al Ministero delle Finanze di confiscare la proprietà a chi era accusato di terrorismo secondo la legge n. 19 del 2012, la legge antiterrorismo emanata da Assad che perseguitava detenuti politici non violenti come gli attivisti pacifici, chi aveva partecipato a manifestazioni e chi aveva dispensato aiuti umanitari. Sempre nello stesso anno è stato approvato il decreto 66, destinato alla città di Damasco e alle aree vicine, il quale stabiliva la possibilità del Governo di confiscare le proprietà immobiliari dei cittadini per essere vendute ai costruttori. In questo modo i proprietari venivano sfrattati senza poter presentare nessuna denuncia. Il decreto venne trasformato, qualche anno più tardi, nella legge n. 10 del 2018, questa volta estesa a tutto il Paese, che prevedeva che tutti proprietari dovessero registrare, o personalmente o delegando un parente, le proprie proprietà, entro trenta giorni, al Ministero dell’Amministrazione locale, pena la confisca della proprietà. Le proprietà che non fossero state reclamate sarebbero entrate a far parte di un piano di ricostruzione urbana per riorganizzare queste aeree in zone residenziali. Il problema di questa legge è che la maggior parte dei siriani è sfollata, e impossibilitata a tornare a casa. La legge approvata dal Governo consentirebbe ad Assad di espellere i residenti delle aree che avevano dato rifugio alle forze anti-governative, distruggendo le loro case e violando il diritto di housing, land and property, sancito dal diritto internazionale umanitario, ricompensando invece i suoi sostenitori. Con la promulgazione di queste leggi sono molti i cittadini che hanno capito di non essere benvenuti nel proprio Paese, rischiando addirittura di essere perseguitati, arrestati o maltratti dalle Forze dell’Ordine.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Città siriana di Tadif, a circa 32 chilometri a est della città di Aleppo
3. IL DIRITTO A UNA CASA SICURA PER TUTTI SI FERMA AD ALEPPO
La ricostruzione di Aleppo ha alimentato la violazione del diritto di housing, land and property. Queste violazioni, come ha detto l’architetto siriano Sawsan Abou Zainedin alla testata giornalistica Syrian Direct, fanno parte di una strategia demografica più ampia e per raggiungere determinati interessi politici ed economici. La situazione che si è venuta a creare è quella di persone che sono state trasferite in case non loro e delle quali i proprietari non hanno potuto dimostrare la proprietà. Ma non è solo il Governo siriano a perpetrare questi crimini. Anche l’Esercito nazionale siriano e le forze curde hanno violato questi diritti: nel 2015 le Forze Democratiche Siriane (FDS) hanno demolito le case dei civili del Governatorato di al-Hasaka, dichiarando di star cercando le forze dell’ISIS. Un altro episodio, sempre del 2015, documenta che nel villaggio di Asaylem, le FDS hanno obbligato i residenti a uscire dalle case per la propria sicurezza, promettendo il ritorno entro tre giorni. Dopo due settimane nessuno è tornato a casa e le proprietà sono state demolite. Molto spesso le case che non venivano abbatutte, ma diventavano basi militari. Nel complesso generale, sia che si tratti del Governo che delle forze non governative, i cittadini più colpiti sono le donne, che con marito scomparso e senza certificato di morte fanno sempre più fatica a vendere le loro case. Il perpetrarsi di questa violazione rende sempre più difficile la possibilità di poter ricostruire un Paese pacifico e che permetta il rientro a casa di tutti gli sfollati. Alcuni di questi, infatti, si sono espressi contrariamente all’idea di ritornare nel Paese e non poter vivere nelle proprie case.
Il terremoto dello scorso 6 febbraio si inserisce in queste dinamiche di ricostruzione selettiva, in un contesto già fortemente segnato da 12 anni di guerra.
Francesca Giordano
Immagine di copertina: ‘Aleppo’ by kontaktpress is licensed under CC BY-NC-SA