In 3 sorsi – Dal 2017 il Corno d’Africa ha visto un incremento significativo della presenza turca sul proprio territorio. La politica di Ankara sulla regione è altamente eterogenea e trasversale, e comprende nuove collaborazioni militari, intuizioni di mercato, stipulazioni di accordi economici e investimenti.
1. UN MODUS OPERANDI EFFICACE
Le mosse di Ankara nel Corno d’Africa si inseriscono all’interno di una visione della politica estera definita “intraprendente e umanitaria” (Ministero degli Esteri turco) consolidatasi negli ultimi anni, nella quale la diramazione di agenzie statali promotrici di attivitĂ di carattere umanitario, culturale e religioso gioca un ruolo determinante. Ad esempio il Sudan e la Somalia sono tra i maggiori beneficiari al mondo degli investimenti dell’Agenzia di cooperazione e coordinamento turca – la TIKA, – le cui attivitĂ creano occupazione e sopperiscono all’assenza di infrastrutture nei Paesi ospitanti.
Grazie anche a tali attivitĂ la Turchia garantisce la propria presenza in questi Stati instaurando un rapporto di fiducia con i Governi locali, e ponendo le basi per nuovi ambiti di collaborazione.
Fig. 1 – L’agenzia turca Red Crescent distribuisce degli aiuti alimentari in Somalia
2. LA NUOVA COOPERAZIONE ECONOMICO-MILITARE
A partire dal 2017 la Turchia ha abbracciato due nuovi settori nel Corno d’Africa: l’ambito economico e quello militare. Proprio il 30 settembre 2017 è stata ultimata, a Mogadiscio, la piĂą grande base militare turca all’estero, costata all’incirca 50 milioni di dollari. Il campo TURKSOM ha anche la funzione di formare i soldati e le Forze dell’Ordine somale, in modo da dare al Paese l’autonomia di cui ha bisogno per fronteggiare le minacce terroristiche di matrice islamica e le tendenze delle regioni secessionistiche – senza riconoscimento dalla comunitĂ internazionale – di Somaliland e Puntland. La dipendenza militare del Paese dalla Turchia si è innalzata con il progressivo disimpegno nel territorio da parte della African Union Transition Mission in Somalia, una missione per garantire la pace promossa dall’Unione Africana. Nel 2020 l’ex ambasciatore turco a Mogadiscio ha dichiarato che circa un terzo dei soldati locali sono stati formati da Ankara. La Somalia, che oggi gioca un ruolo chiave per l’industria della Difesa turca, si è rivelata un partner importante non solo in tema di sicurezza. Nel gennaio 2020 ha invitato infatti il Governo di Erdogan a esplorare le proprie coste, in virtĂą di studi sismici che hanno confermato la possibile presenza di petrolio e giacimenti di gas.
I rapporti in materia di risorse naturali sono stati intensificati anche con il Sudan. Infatti, dopo aver firmato nel 2017 ventuno accordi, i due Paesi hanno raggiunto nel 2018 un’intesa da 100 milioni di dollari sull’esplorazione petrolifera turca in territorio sudanese. Oltre a questo migliaia di metri quadrati di terreni agricoli sono state destinati a investimenti di società turche (i risultati di questi accordi sono ancora oggi deludenti). Con il nuovo Governo sudanese, però, i rapporti tra Ankara e Khartum sono stati rimessi in discussione. Anche per questo motivo Erdogan ha virato su di una maggiore cooperazione con l’Etiopia. Secondo l’ambasciatore turco ad Addis Abeba la Turchia è ora tra i maggiori investitori nel Paese, superata solo dalla Cina.
Fig. 2 – Addestramento delle Somalian Eagles in una caserma turca a Mogadiscio
3. LE IMPLICAZIONI DEL NEOCOLONIALISMO TURCO
La nuova politica estera turca nel Corno d’Africa si pone come alternativa alla narrazione occidentale, intenta a strutturare il mondo sulla base di principi visti ormai con diffidenza dalle ex colonie. Nonostante il ruolo assunto dalla Turchia nella regione le permetta di dare un sostegno oggettivo – e quindi far respirare – una popolazione afflitta da innumerevoli mancanze, è necessario interrogarsi sull’attendibilitĂ della “win-win policy” del Presidente Erdogan. La convenienza di tali rapporti per Ankara risiede – oltre nell’assicurare la propria presenza in una zona strategica per il commercio marittimo mondiale di petrolio – anche, e specialmente, nella fragilitĂ e nell’instabilitĂ di societĂ con grandi ricchezze naturali. Difatti, il rapporto a tratti paternalistico e a tratti fraterno instaurato da Ankara con la regione l’ha condotta verso accordi politici assolutamente convenienti – come quelli esposti – con diritto di prelazione rispetto ad altre potenze.
Gli esiti di tali rapporti non egualitari non possono essere differenti. Se si guarda ad esempio alle relazioni commerciali con la Somalia, queste sembrano essersi sviluppate in maniera quasi unidirezionale, in quanto la Turchia esporta verso Mogadiscio più di 50 volte il valore importato (fonte Observatory of Economic Complexity). In breve, la dipendenza commerciale dalla Turchia, come quella umanitaria e infrastrutturale e, infine, quella militare, contribuiscono a mantenere in una condizione di inferiorità il Paese destinatario, esposto sempre di più allo “sfruttamento” della potenza che ne limita lo sviluppo. Viene da sé che i presupposti di un vero sviluppo sono lontani dagli “aiuti” sregolati di Ankara, i quali hanno più che altro l’obiettivo di accrescere la sua influenza su di un territorio già teatro di contesa da parte delle grandi potenze.
Bruno Bevilacqua
“Turkish Prime Minister Makes Official Visit to Somalia” by United Nations Photo is licensed under CC BY-NC-ND