In 3 Sorsi – Il sospetto che le proteste dei minatori nel Bajo Cauca siano state fomentate dal Clan del Golfo ha costretto il Governo Petro a sospendere il dialogo di pace con questo gruppo.
1. LO STOP AL NEGOZIATO
Il tavolo di pace con il Clan del Golfo sarà sospeso. È la decisione che il Presidente Gustavo Petro ha rivelato in un’intervista a Colombia Hoy Radio dopo i violenti disordini scoppiati durante lo sciopero dei minatori nel Bajo Cauca. “Se il Clan del Golfo si nasconde dietro questi atti, come molti indizi sembrano indicare, non ha la volontà di arrivare alla pace“, ha ribadito qualche ora più tardi il capo di Stato in conferenza stampa. A gennaio il Governo colombiano aveva fatto un’apertura a quest’organizzazione narco-paramilitare, decretando il “cessate il fuoco” e dimostrandosi disposto a intraprendere un negoziato di pace, sulla falsariga di quello attualmente in corso con l’ELN. Così il Clan del Golfo, che ha l’abitudine di giocare spesso su più tavoli, ha approfittato della mancanza di operazioni antidroga da parte dell’esercito per rafforzare il controllo dei propri traffici illeciti. In particolare, nel settore minerario.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Per ristabilire la normalità, il Presidente Petro ha chiesto l’intervento dell’esercito
2. L’OMBRA DEL CLAN DIETRO LE PROTESTE
A partire dallo scorso 2 marzo, la regione del Bajo Cauca è in subbuglio per le proteste dei lavoratori delle miniere. Dato che il Governo ha annunciato una serie di misure per contrastare l’estrazione mineraria illegale, buona parte dei lavoratori di questo comparto ha deciso di bloccare con camion e tronchi di alberi la principale via della regione, l’unica che permette di collegare il Dipartimento di Cordoba a quello di Antioquia. Hanno così impedito che arrivassero rifornimenti di generi alimentari e medicine per le 300mila persone che abitano nelle dodici città del Bajo Cauca coinvolte, così come il mangime per gli allevamenti di bestiame. Approfittando del caos, i manifestanti hanno bruciato diverse autovetture, tra cui un’ambulanza che stava trasportando in ospedale una donna incinta, oltre a numerosi attacchi nei confronti delle Forze dell’Ordine da parte di gruppi di persone incappucciate. Secondo le Autorità, tutto fa pensare che quest’ondata di proteste sia stata finanziata dal Clan del Golfo, il quale negli ultimi anni ha trasformato l’estrazione mineraria illegale in uno dei suoi principali business. Il Bajo Cauca costituisce l’enclave per eccellenza di questo settore criminale, che ha causato la perdita tra i 10 e i 15mila ettari di boschi in favore dello sfruttamento delle miniere. Non è un caso che il 91% dei metalli estratti nel dipartimento di Antioquia provenga da questa regione che costituisce il 14% della produzione nazionale. Il metallo che ha attirato il Clan del Golfo nel Bajo Cauca è l’oro, la cui quotazione a partire dal 2018 è schizzata da 34 dollari al grammo ai 58 di oggi. In barba a ogni legge di tutela ambientale, i paramilitari hanno disboscato aree protette per sfruttare tutte le miniere presenti sul territorio e hanno drenato il corso di diversi fiumi in cerca di queste pepite. Per poter essere immesso nel mercato, segnalano fonti di polizia, l’oro del Clan viene venduto a società di comodo con sede a Panama, le quali lo rivendono ad altre scatole vuote presenti in Colombia, che così danno all’oro del Bajo Cauca una parvenza di legalità.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – L’estradizione è il principale punto sul quale il Clan del Golfo sta cercando rassicurazioni dal Governo prima di sedersi al tavolo delle trattative
3. ADDIO ALL’ACCORDO CON I PARAMILITARI?
Per ripristinare la normalità nel Bajo Cauca, il Governo Petro ha inviato l’esercito nella regione. Come fanno notare diversi esperti di conflitto armato interpellati dal quotidiano spagnolo El Pais, questo sciopero ha un significato preciso: mostrare alla Casa de Nariño la forza del Clan del Golfo. L’obiettivo perseguito dai paramilitari è costringere l’esecutivo a concedere all’organizzazione un riconoscimento politico, così com’è stato garantito alla guerriglia dell’ELN. Ciò permetterebbe al Clan di presentarsi al tavolo di negoziazione non come un cartello del narcotraffico, ma come un gruppo di combattenti rivoluzionari. Così facendo i paramilitari potrebbero chiedere al Governo di garantire la non estradizione dei capi dell’organizzazione e forse anche il rimpatrio di Otoniel Usuga, boss del Clan del Golfo estradato negli Stati Uniti nel 2021. Ad oggi Petro ha mostrato di non voler arretrare di un centimetro. Il punto è: fino a quando avrà la forza di opporsi ai paramilitari?
Mattia Fossati
“Fracturado el clan Úsuga” by Policía Nacional de los colombianos is licensed under CC BY-SA