In 3 sorsi – Domenica 14 maggio in Thailandia si sono tenute le elezioni per decidere la nuova guida del Paese. Dopo un decennio di Governi e coalizioni filo-militari, guidati dall’ex capo dell’Esercito Prayut Chan-o-cha, l’opposizione riformista del Move Forward Party e del Pheu Thai Party ha trionfato.
1. ELEZIONI IN THAILANDIA DOPO IL GOLPE
Domenica 14 maggio i cittadini thailandesi sono stati chiamati alle urne per decidere le sorti del Paese, da un decennio sotto la guida militare di Prayut Chan-o-cha. L’ex Primo Ministro Prayut salì al potere nel 2014, quando in qualità di capo dell’Esercito guidò un colpo di Stato contro il Governo di Yingluck Shinawatra. Pur non essendosi candidato alle elezioni del 2019, Prayut ha continuato a ricoprire la massima carica politica grazie alla sua nomina a guida della coalizione post-elettorale. La Costituzione, stilata nel 2017 e tuttora in vigore, risente di quest’ultimo decennio di guida militare: pur essendo contemplate le libere elezioni per la Camera Bassa, sono riservati all’arbitrio militare i 250 seggidella Camera Alta, così sottratti al voto popolare. I 500 seggi democraticamente assegnati devono quindi fare i conti con i 250 nominati dai militari, necessitando di ben 376 seggi tra le due Camere per poter nominare il prossimo Primo Ministro.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Prayut Chan-o-cha vota in un seggio di Bangkok, 14 maggio 2023
2. I RISULTATI NON UFFICIALI
Come di consuetudine, la commissione elettorale non dovrebbe ancora confermare la suddivisione dei seggi per diverse settimane. Tuttavia, il conteggio dei voti è terminato: i risultati informali dimostrano che il tentativo del precedente Governo conservatore di mantenere lo status quo è fallito, innescando invece un’ondata di cambiamento democratico. L’opposizione riformista ha infatti trionfato, con i 151 seggi del progressista Move Forward Party (MFP) e i 141 seggi del populista Pheu Thai. Il partito neutrale Bhumjaithai ha conquistato 71 seggi, mentre sono 40 i seggi del Palang Pracharat (partito dell’attuale vice Premier Prawit Wongsuwan), e solo 36 per lo United Thai Nation (il partito di Prayut Chan-o-cha). Questi risultati sono un terremoto politico non solo per la netta sconfitta delle forze legate ai militari ma anche per le future riforme democratiche menzionate in campagna elettorale: sia il Move Forward che il Pheu Thai sostengono ad esempio la riforma, più o meno radicale, delle rigide leggi contro le critiche alla monarchia.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Pita Limjaroenrat, leader del Move Forward Party, celebra la vittoria elettorale, 15 maggio 2023
3. LA POSSIBILE COALIZIONE
Nessun candidato possiede un numero sufficiente di voti per formare un Governo in autonomia; perciò, il Move Forward e il Pheu Thai dovranno tener fede alle dichiarazioni di lunedì e formare una coalizione pro-democratica con l’aiuto di altri partiti minori e scongiurare quindi l’ipotesi di un nuovo esecutivo filo-militare. Il leader di Move Forward, Pita Limjaroenrat, non è nuovo agli ostacoli posti dai militari al Governo: nel 2019 Pita era membro del Future Forward Party, sciolto l’anno seguente dalla Corte costituzionale per le donazioni, ritenute illegali, ricevute in campagna elettorale. Pita ora trova in Paetongtarn Shinawatra, leader del Pheu Thai, la sua piĂą stretta alleata e l’ago della bilancia nella lotta al cambiamento. Paetongtarn, figlia del magnate auto-esiliato Thaksin Shinawatra, ha promesso di rilanciare e modernizzare l’economia thailandese, una sfida che la sua famiglia ha ripetutamente sostenuto nella sfera politica del Paese. Infatti, dal 2001 i partiti associati alla famiglia Shinawatra hanno vinto il maggior numero di seggi in ogni elezione ma sono stati sistematicamente rimossi dal Governo. Sebbene questi siano i partiti vincitori, è una possibilitĂ concreta che l’attuale Governo in carica cerchi di riacquistare il potere o che tra i partiti dell’opposizione si creino delle fratture. La situazione potrebbe anche degenerare fino al decadimento del sistema monarchico costituzionale a favore di una monarchia assoluta, come auspicato dal Re Vajiralongkorn.
Alessia Sauda
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