In 3 sorsi – La promulgazione della legge antiomosessualità in Uganda è avvenuta nonostante la pressione internazionale nei confronti del Presidente Museveni, aumentando così il livello di omofobia nel Paese e nel Continente. Le conseguenze di questa legge sono un incremento nel numero di migranti LGBT e il futuro isolamento del Paese da parte degli attori occidentali, il che potrebbe spingere l’Uganda a cercare nuovi partner altrove.
1. IL CONTENUTO DELLA LEGGE
Dopo che lo scorso marzo il Parlamento ugandese aveva promulgato la “Legge antiomosessualità 2023”, il 26 maggio è arrivata la firma del Presidente Yoweri Museveni, che ha permesso la sua effettiva entrata in vigore. I rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso erano già considerati illegali dal Codice penale del Paese, ma il nuovo disegno di legge introduce disposizioni molto più severe e amplia notevolmente la gamma di reati, prevedendo condanne che vanno dai dieci anni di prigione fino alla pena di morte, in base alla gravità della violazione.
In particolare, la pena di morte è prevista per i cosiddetti casi di “omosessualità aggravata”, ovvero nel caso in cui un individuo abbia avuto un rapporto sessuale con un minorenne o per coloro che hanno avuto rapporti sessuali mentre erano sieropositivi. Saranno considerati casi aggravati anche condotte recidive e condanne ripetute. L’ergastolo è previsto invece per chiunque abbia rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. È disciplinata anche l’accusa di promozione consapevole dell’omosessualità, che espone al rischio di condanna di almeno dieci anni di carcere. Come è chiaro, la legge si presenta tra le più severe al mondo in materia e ha destato preoccupazioni in Africa, in quegli Stati dove l’omosessualità non è un reato, e nel resto del mondo, specialmente in Occidente. In particolare, gli Stati Uniti avevano minacciato di sanzionare economicamente l’Uganda, e i deputati europei avevano asserito che i rapporti con Kampala sarebbero stati minacciati se il Presidente avesse approvato la legge. Museveni ha comunque deciso di firmare la legge, nonostante le critiche e le pressioni avvenute in questi mesi.
Fig. 1 – Una persona transessuale ospite di una casa rifugio vicino a Kampala in seguito a un’aggressione segue il dibattito del Parlamento ugandese sulla legge anti-gay
2. L’OMOFOBIA SISTEMICA IN AFRICA
L’Africa e l’Asia sono i continenti con il tasso di omofobia più alto al mondo. Attualmente, sono 32 su 54 i Paesi africani che vietano le relazioni tra persone dello stesso sesso, considerando l’omosessualità come un reato e prevedendo pene molto severe che comprendono anche l’ergastolo e la pena di morte. Secondo Amnesty International le leggi più severe sono in Gambia e Sierra Leone, ma anche in Kenya, Tanzania e Zambia, dove si arriva all’ergastolo. La Libia e il Camerun prevedono la detenzione fino a cinque anni. In molti Paesi sono inoltre applicabili delle sanzioni economiche nei confronti degli omosessuali. Un altro Paese con misure molto aspre in materia è la Nigeria, dove il massimo della pena federale è 14 anni di carcere, ma nella Nigeria settentrionale è prevista addirittura la pena di morte. Nel caso di altri Paesi come l’Egitto l’omosessualità non è considerata un reato dalla legge, però nella pratica si riscontrano una forte discriminazione e stigma sociale. Ci sono però dei casi in cui si nota una tendenza inversa, e questo fa ben sperare in un percorso, anche se graduale, verso un maggiore riconoscimento dei diritti LGBT+ nel Continente. Il Mozambico, ad esempio, ha recentemente rimosso una clausola contenute nelle leggi portoghesi dell’era coloniale che vietava i cosiddetti “vizi contro natura”. Nel 2019, la depenalizzazione è avvenuta anche in Angola e Botswana.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Una protesta di fronte all’ambasciata dell’Uganda a Washington, negli USA
3. LE CONSEGUENZE DELLA LEGGE IN UGANDA
Tornando in Uganda, la prima conseguenza, e quella più grave, è ovviamente quella che riguarda gli individui colpiti dall’entrata in vigore della norma. Migliaia di ugandesi sono ora costretti a nascondersi e a modificare le loro vite per non essere arrestati. Le pene previste sono talmente dure che la posta in palio è la propria vita, e questo sta costringendo molti a lasciare il Paese. Perciò uno degli effetti più immediati in Uganda, al pari di casi analoghi in altri Paesi africani, potrebbe essere la spinta di molte persone a emigrare. Questo fenomeno viene definito “migrazione LGBT+” o “migrazione queer”, ossia quel movimento migratorio a livello locale o internazionale di persone lesbiche, gay, bisessuali, o transessuali regolarmente in fuga dalla discriminazione sessuale e dall’omofobia subite nel Paese di origine, verso luoghi con maggiore tolleranza sociale. Sul piano internazionale, invece, è probabile che ci siano tagli agli aiuti per l’Uganda e sanzioni, in quanto Kampala sta violando i diritti umani. Il Paese avrà la necessità di cercare nuovi “partner per lo sviluppo” e, avendo già forti rapporti con la Russia e alcuni Paesi arabi, sarà probabilmente lì che il Presidente Museveni andrà a bussare per chiedere sostegno. Già i Paesi Bassi hanno deciso di sospendere un programma del valore di circa 25 milioni di euro, mentre Washington ha condannato la legge e sta considerando di limitare l’accesso negli USA per alcuni funzionari ugandesi. Joe Biden ha definito la legge come una tragica violazione dei diritti umani e ha parlato della possibilità di tagliare aiuti e investimenti verso il Paese. L’Unione Europea non ha ancora messo in atto alcuna misura contro l’Uganda, se non la denuncia nei confronti della legge, ma probabilmente agirà tramite la riduzione di aiuti e investimenti.
Benedetta Ardizzone
“Marching in solidarity with Uganda’s LGBTI community.” by alisdare1 is licensed under CC BY-SA