In 3 sorsi – Terra di tradizioni e cultura millenarie, l’Iran del XXI secolo è stato nel mirino dell’Amministrazione Trump, così come delle AutoritĂ iraniane stesse. In un’epoca in cui le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e il governo islamico minano la stabilitĂ del Paese, il patrimonio culturale risente della mancata attenzione di cui necessita.
1. LA REPUBBLICA ISLAMICA COME NEMICO INTERNO DELLA TUTELA CULTURALE
Le principali problematiche legate alla tutela e preservazione del patrimonio storico-culturale persiano sono da ricercare, in primo luogo, all’interno del Paese stesso: l’attuale governo islamico di matrice sciita appare riluttante dinnanzi a quelli che, se da un lato sono i simboli della storia della Nazione, dall’altro sono stati degli strumenti di propaganda sfruttati dalla dinastia Pahlavi al fine di enfatizzare a livello internazionale la forza di una cultura millenaria. Nonostante il valore inestimabile di siti archeologici del calibro di Persepoli e Naqsh-e Rostam, la quota del bilancio nazionale dedicata al Ministero della Cultura (300mila Rial al giorno, l’equivalente di 50 cent) è irrisoria, e corrisponde a circa la metà dei fondi destinati a enti quali la Radio Televisione della Repubblica Islamica o le scuole coraniche. Dunque, laddove la distruzione dei beni non è diretta, è indirettamente protratta da politiche inadatte a mantenere integra una rete composta da 26 siti riconosciuti dall’UNESCO. Si aggiungano a questi le 61 proprietà facenti parte della Tentative List, ovvero quei siti che uno Stato membro prende in considerazione per la nomina: la proporzione tra risorse attive impegnate – siano esse di natura statale o privata – e il quantitativo di beni da sottoporre a tutela, preservazione e restauro, non è visibilmente in grado di far fronte alle necessità di un patrimonio talmente ingente.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il sito di Naqsh-e Rustam, un’antica necropoli nella Provincia di Fars, Iran, settembre 2018
2. LE CONSEGUENZE DELLA POLITICA INTERNAZIONALE SUL TERRITORIO
Un secondo fattore impattante per la tutela dei beni si individua nel piano di politiche internazionali intrapreso nei confronti dell’Iran dall’Amministrazione Trump, che, a partire 2016 e in seguito all’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare nel 2018, ha nuovamente sottoposto l’Iran a stringenti sanzioni economiche rivolte al commercio e alla compravendita con il Paese. Queste hanno innescato un processo di recessione, portando l’inflazione alle stelle e gettando Teheran in una grave crisi economica, provocando inoltre un sentimento di sfiducia nei confronti della componente moderata iraniana dell’ex Presidente Hassan Rouhani, che tanto aveva voluto l’accordo sul nucleare. Ma perché le sanzioni hanno interferito non solo a livello economico, rappresentando anche un pericolo per la cultura?
Innanzitutto la minaccia al patrimonio culturale è alla stregua di Paesi coinvolti in violenti conflitti: la diffusa povertà scatenata dall’embargo rende i manufatti artistici estremamente vulnerabili e soggetti a distruzioni e saccheggi, come nel caso della città di Golpayegan, dove è stato demolito il residuo di un bastione risalente all’era achemenide senza consultare le Autorità del patrimonio culturale. In secondo luogo sono inevitabili i tagli ai già esigui fondi destinati alla conservazione dei beni. Situazione aggravata dal fatto che, se i moderati hanno perso sostanziali consensi, una delle conseguenze dirette è stata il rafforzamento dei conservatori e dei radicali sostenitori di una netta separazione dal mondo occidentale, elemento allarmante per entrambe le parti sul piano delle relazioni internazionali.
Fig. 2 – Il sito archeologico di Persepoli, una delle cinque capitali dell’Impero Achemenide, Fars, Iran, ottobre 2015
3. IL CANALE DI COMUNICAZIONE CULTURALE
L’isolamento imposto dagli USA e promosso – seppur mediante altri fattori – dagli ultraconservatori della Guida Suprema iraniana ha posto un considerevole freno alla ricerca e alle collaborazioni esterne. Per quanto il patrimonio culturale iraniano abbia sempre rappresentato una via di comunicazione percorribile circa le relazioni estere e il posizionamento dell’Iran a livello internazionale, la politica americana ha contribuito alla creazione di un ambiente instabile per gli scambi culturali e per la cooperazione nel campo dell’archeologia. I rischi ai quali i professionisti del settore sono sottoposti superano infatti i benefici: le sanzioni hanno reso estremamente complessa e dispendiosa la logistica e hanno contribuito alla rinuncia da parte di giovani archeologi a dedicarsi agli studi in loco. Tuttavia, nonostante le difficoltĂ e le sfide, sono indice di speranza la volontĂ da parte del settore competente di mantenere aperto questo canale e la resistenza del flusso turistico (8 milioni di turisti nel periodo che precede la pandemia di Covid-19), che non ha mai cessato di considerare l’Iran una meta intrisa di storia e cultura.
Maryam Naieby
Immagine di copertina: Photo by Shimaabedinzade is licensed under CC BY-NC-SA