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Gli ultimi due mesi di Wagner: dal dossier bielorusso alla morte di Prigozhin

Analisi – La permanenza della Compagnia Wagner in Bielorussia non è durata molto. Le forze di Prigozhin hanno fatto ritorno verso la Russia, a poco meno di un mese dalla ricollocazione del gruppo mercenario a Minsk. In seguito, l’inaspettata morte di Prigozhin stesso, avvenuta in circostanze tutt’altro che chiare, ha aumentato l’incertezza sul destino dell’organizzazione. Ma con la quasi certezza che ottenere gli stessi risultati senza Prigozhin non sarà possibile, soprattutto nel teatro di guerra russo-ucraino.

PERCHÉ LA WAGNER SI TROVAVA IN BIELORUSSIA? I TERMINI DELL’ACCORDO

Lo scorso luglio, il leader di Wagner, Yevgeny Prigozhin, aveva accettato di trasferire le sue forze in Bielorussia a seguito di un accordo in cui è stata decisiva la mediazione del Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.
Secondo tale accordo, che aveva posto fine alla ribellione dei mercenari contro il Governo di Vladimir Putin iniziata il 24 giugno, i combattenti di Wagner erano stati messi dinanzi a un bivio: unirsi all’esercito regolare russo o riallocarsi in Bielorussia. La soluzione è sopraggiunta anche a seguito del presunto rifiuto dei mercenari di porsi sotto il comando del Ministero della Difesa russo.
Verso la metà di luglio, un convoglio di circa sessanta veicoli militari di Wagner aveva attraversato il confine per riposizionarsi sul suolo bielorusso. Ciò nonostante, la reale dimensione umana e logistica della forza combattente non era mai stata esattamente quantificata.
Quel che è certo è che l’operazione non ha coinvolto un dispiegamento su larga scala. Per i funzionari di Kiev, a raggiungere la Bielorussia sono state solo “poche centinaia” di mercenari.
Inoltre, il parziale ricollocamento di Wagner ha tolto alle milizie che si trovavano ancora nell’Ucraina orientale una grossa percentuale della loro capacità di combattimento. Del resto, nel bel mezzo della fase di trasferimento del gruppo in Bielorussia, i piani di Prigozhin sembravano già molto chiari: i suoi uomini non sarebbero tornati a combattere in Ucraina, ma solo ricollocati in Bielorussia a supporto delle truppe locali, come dichiarato dal leader stesso.

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Fig. 1 – Un uomo rende omaggio alla tomba del comandante di Wagner, Dmitry Utkin, ucciso nell’incidente aereo costato la vita anche a Prigozhin, nel cimitero militare federale della regione di Mosca

IL DISPIEGAMENTO DI WAGNER IN BIELORUSSIA E I SUOI RISVOLTI (TEMPORANEI)

Una volta passato il confine, il gruppo Wagner non aveva infatti mantenuto una mera “presenza simbolica” nel Paese. Anche secondo alcune dichiarazioni del Governo bielorusso, i combattenti di Wagner avrebbero rapidamente assunto la funzione di “addestratori” delle forze di difesa bielorusse, affiancandoli nell’esecuzione di alcune discipline militari.
Nelle ore immediatamente successive all’arrivo Wagner, si era svolta una vera e propria sessione di addestramento nei pressi della città di Asipovichy, a circa 90 chilometri a sud della capitale Minsk, dove era stato allestito un campo militare destinato a ospitare gli uomini del gruppo. Le forze armate bielorusse, come sostenuto da Lukashenko, hanno potuto così beneficiare dell’esperienza di combattimento dei mercenari.
La presenza di Wagner in Bielorussia e il suo ruolo nell’addestramento delle truppe locali aveva tuttavia destato non poche preoccupazioni nei vicini UE, soprattutto in Polonia. A fine luglio, il Ministro dell’Interno polacco Mariusz Kamiński aveva ricordato come la sua intelligence stesse attentamente monitorando la situazione al confine con la stretta collaborazione della guardia di frontiera di Krynki.
Osipovichy non costituiva infatti l’unica base Wagner in Bielorussia: secondo le fonti polacche, diverse dozzine di miliziani si erano dispiegate nel campo di addestramento di Brest, città vicinissima al confine con la Polonia.
Ad alzare ulteriormente la tensione sono state poi le esercitazioni congiunte tra Wagner ed esercito bielorusso nei pressi dei confini NATO, iniziate lo scorso 7 agosto e finalizzate a preparare i soldati a eventuali attacchi delle forze polacche e lituane, secondo quanto sostenuto dalle Autorità di Minsk.
I leader di Polonia e Lituania avevano dichiarato di essere pronti a fare uno sforzo ulteriore per affrontare le provocazioni di Mosca e Minsk in un’area strategica particolarmente delicata, potenziale teatro di crisi.
I giochi di guerra a cui aveva partecipato Wagner si sono svolti nella regione di Grodno, in Bielorussia, nei pressi del corridoio di Suwalki, una striscia di terra scarsamente popolata che si estende lungo il confine tra Polonia e Lituania. Nelle ultime settimane di luglio erano circolate voci, veicolate dal Premier polacco Mateusz Morawiecki, circa un possibile attacco dei Wagner a quello che è considerato da molti analisti un vero e proprio “Tallone d’Achille” della NATO. E la reazione di Varsavia in quell’occasione non si era fatta attendere: circa 10.000 uomini erano stati spostati nella zona calda nel tentativo di intimorire la controparte.

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Fig. 2 – Accampamento della Wagner nel distretto bielorusso di Asipovichy

LA RITIRATA

Dall’8 agosto scorso, lo sviluppo della curiosa sinergia che si era formata tra la Compagnia Wagner e l’esercito bielorusso aveva però subito una rapida frenata. Si erano infatti sparse le prime voci, catalizzate da una fonte russa, di un abbandono anticipato del nuovo quartier generale da parte degli uomini di Prigozhin.
Circa 500-600 uomini avrebbero iniziato la prima fase di ritirata verso i precedenti centri nevralgici del gruppo: gli oblast’ di Rostov e Voronezh e il Krasnodar Krai. Parallelamente, erano aumentate le speculazioni, nonché le illazioni, intorno all’operazione. Diverse fonti hanno ipotizzato che dietro la ritirata di Wagner vi fossero alcuni termini dell’accordo raggiunto lo scorso giugno che sarebbero stati violati.
Le numerose testate che hanno raccolto informazioni dalla medesima fonte legata internamente a Wagner avevano parlato tutte di un vero e proprio collasso totale dell’accordo. L’inizio della seconda fase era previsto, sempre secondo le stesse fonti, per il 13 agosto.
Secondo un rapporto dell’ISW (Institute for the Study of War) che monitora su base giornaliera gli sviluppi del conflitto russo-ucraino, fonti interne russe e legate alla Wagner avevano suggerito che il motivo avrebbe potuto essere il rifiuto di Lukashenko di finanziare personalmente le attività di Wagner. Quest’ultimo sarebbe stato infatti informato del fatto che la Russia non avrebbe coperto i costi relativi al trasferimento, soggiorno e mantenimento dei mercenari, come era invece inizialmente previsto.
Tuttavia, questa prospettiva non era sembrata sufficiente a giustificare un cambio di rotta così repentino rispetto alla “tabella di marcia” fissata a fine giugno. Dobbiamo infatti ricordare che sullo sfondo della vicenda Wagner c’era stato non solo un enorme regolamento di conti interno tra varie fazioni del Cremlino, ma anche l’andamento della situazione bellica sul fronte ucraino.
Putin probabilmente stava cercando in tutti i modi di indebolire la posizione di Prigozhin lavorando a una progressiva separazione del leader dalla sua creatura, la Wagner. Questa ipotesi è sostenuta anche dallo stesso Institute for the Study of War. Con le forze di Prigozhin in Russia, sotto il controllo più stretto della Autorità centrali, Wagner avrebbe finalmente perso la componente di flessibilità che il suo temporaneo “esilio” gli concedeva, permettendo di continuare a tessere le trame dei propri obiettivi strategici. Che, ricordiamo, avrebbero potuto includere un secondo tentativo di golpe.
Allo stesso tempo, è più che plausibile che il meccanismo sia stato fatto saltare appositamente per far sì che Wagner tornasse ad essere a tutti gli effetti una risorsa spendibile sul campo. L’invasione dell’Ucraina si trova ancora in una profonda fase di stallo e le risorse che Wagner aveva a disposizione, nonché la grinta e lo spirito combattivo che la avevano sempre contraddistinto, avrebbero potuto risultare fondamentali per Putin al fine di vincere la partita.
La Russia di Putin e la Compagnia Wagner avrebbero forse potuto tornare ad essere le due rette parallele che sono state per tutta la durata del conflitto fino al tentato golpe, destinate a collaborare e trovare una quadra che avrebbe soddisfatto entrambe le parti senza ulteriori spargimenti di sangue.

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Fig 3. – Commemorazioni a Mosca in onore di Prigozhin una settimana dopo la sua morte

LA MORTE DI PRIGOZHIN: ANALISI DEL NUOVO QUADRO

Mercoledì 23 agosto, l’aereo privato su cui era a bordo Prigozhin è precipitato mentre sorvolava la regione tra Mosca e San Pietroburgo. Con lui c’erano anche Dmitry Utkin, comandante militare e vice capo di Wagner, e Valery Chekalov, principale responsabile della logistica e del comparto informazionale della Compagnia.
Ad oggi ancora non si conoscono le cause certe di questo tragico incidente. Alcuni ipotizzano la possibilità di un esplosivo a bordo, mentre diverse teorie circolate in rete sostengono che un missile potrebbe aver abbattuto l’aereo su cui si trovavano i membri di Wagner. Non sappiamo con certezza se vi sia stato davvero un coinvolgimento del Cremlino; a contare però è la percezione, sia a livello internazionale che in Russia, che vede Putin essere il principale mandante del presunto assassinio di Prigozhin. Come riportato da Al Jazeera “la tempistica e le circostanze dell’incidente suggeriscono che si sia trattato di un atto di vendetta del Presidente Vladimir Putin contro l’uomo che gli ha quasi fatto perdere il controllo del Paese che ha guidato con pugno di ferro per decenni”.
Alla luce di queste ipotesi, è necessario fare alcune considerazioni. Se così fosse, probabilmente confermerebbe la tesi che il dossier bielorusso avrebbe avuto la funzione di relegare la Wagner a un ruolo di secondo piano, nel tentativo di farle perdere il suo tradizionale dinamismo, la sua flessibilità e soprattutto unità. Con l’intera Compagnia in ritirata dalla Bielorussia e intenzionata a ricompattarsi in patria, è probabile che i vertici del Cremlino abbiamo ritenuto che non vi fosse altra opzione che eliminare i suoi quadri dirigenti. Difatti, priva del suo fondatore, difficilmente la Compagnia avrebbe potuto continuare a costituire una minaccia per il potere.
La scomparsa di Prigozhin ha pertanto avuto quell’impatto immediato che, nel breve periodo, rafforzerà la posizione di Vladimir Putin. Tuttavia, è plausibile pensare che la sua scomparsa lo priverà anche di una risorsa fondamentale per la riuscita delle operazioni in Ucraina. Il fatto di aver decapitato e smantellato una delle unità più agili e combattive al fronte, oltre che l’aver eliminato un personaggio capace di influenzare, con il suo spirito e la sua visione, anche l’esercito regolare, avrà probabilmente risvolti considerevoli sul morale di soldati e ufficiali.
Ricordiamo che la tenuta dei russi su alcuni settori in Donbass è infatti in larga parte dovuta alle conquiste di Wagner, che fino a giugno aveva avuto un ruolo chiave nei combattimenti. E quel che è certo è che una milizia privata capace di ripetere le gesta di Wagner resta molto difficile da reperire. Sarà adesso da valutare quanto la nuova PMC Redut, gruppo mercenario sotto il controllo dell’intelligence militare russo appena scelto per raccogliere l’eredita di Wagner e sostituire quest’ultima come “strumento chiave della guerra ibrida e convenzionale del Cremlino”, potrà effettivamente lasciare il segno. E magari convincerci che Putin può fare benissimo a meno di Prigozhin. A tutto questo va anche aggiunto, come sottolineato in un recente articolo pubblicato da Reuters, che la morte di Prigozhin apre per Putin e il suo entourage due scenari molto complicati: uno riguarda la futura gestione della lotta disordinata e feroce per il controllo di ciò che resta dell’impero di Wagner, l’altro la perdita inevitabile dell’apparato di Prigozhin in Africa che potrebbe affievolire l’entità degli affari finora mantenuti nel continente dal Cremlino.

Lorenzo Travelli

Photo by Oti_foti is licensed under CC BY-NC-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • La Compagnia Wagner era giunta in Bielorussia nell’ambito dell’accordo che ha sancito la fine della ribellione avvenuta lo scorso giugno.
  • Lo spostamento di Wagner in Bielorussia aveva momentaneamente aperto un nuovo scenario su due fronti, sia rispetto al conflitto in Ucraina che alle dinamiche interne a Mosca.
  • Dopo che a metà agosto era iniziata la prima fase delle operazioni di ritiro delle milizie di Prigozhin, un evento inaspettato ha sconvolto il contesto generale: la morte del leader di Wagner. Questo risvolto potrebbe avere implicazioni di importanza cruciale per il quadro delle operazioni militari russe.

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Lorenzo Travelli
Lorenzo Travelli

Nato nel 1995 a Firenze, laureato magistrale al MIREES (East European and Eurasian Studies) dell’Università di Bologna. Da sempre attratto dalla storia e dalla geopolitica, la sua passione per i media digitali e la scrittura lo hanno condotto al mondo della comunicazione, ed oggi si occupa di copywriting e content marketing. Nel tempo libero continua però ad interessarsi di scenari internazionali, con un particolare focus all’analisi della sua principale area di studi: lo spazio post-sovietico. La sua altra grande passione sono le lingue: parla fluentemente inglese, russo e spagnolo, e prevede di studiarne altre a breve.

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