In 3 sorsi – I principali gruppi politici dell’UE hanno nominato i loro “candidati di punta” per la presidenza della Commissione. Il metodo “Spitzenkandidaten” rafforza ulteriormente il carattere politico della Commissione e potrebbe, nel tempo, modificare gli attuali equilibri istituzionali dell’UE.
1. DI COSA SI TRATTA
Secondo il metodo “Spitzenkandidaten”, utilizzato per la prima volta durante le elezioni europee del 2014, il Consiglio europeo propone come Presidente della Commissione Europea il candidato sostenuto dal gruppo politico più rappresentato in Parlamento. In pratica, questo sistema prevede due fasi: una prima fase di pre-elezioni, in cui i gruppi politici scelgono i propri candidati alla Presidenza della Commissione e favoriscono un confronto pubblico tra loro, e una seconda fase, post-elezioni, in cui il Consiglio europeo propone al Parlamento, a seguito di un voto a maggioranza qualificata, il candidato sostenuto dal gruppo politico che ha ottenuto più seggi nel neoeletto Parlamento. Il sistema “Spitzenkandidaten”, sostenuto dall’attuale Commissione Juncker, avrebbe due obiettivi principali: rafforzare la legittimità democratica della Commissione Europea e rendere le elezioni europee un momento ancora più decisivo per la definizione dell’indirizzo politico dell’Unione, e potenzialmente più coinvolgente per i cittadini europei.
Fig. 1 – Il Trattato di Lisbona prevede che il Presidente della Commissione Europea sia proposto dal Consiglio europeo «tenuto conto delle elezioni del Parlamento», e venga eletto dal Parlamento a maggioranza dei suoi membri
2. LE NOMINE
La procedura dei “candidati di punta” è sostenuta dai due gruppi politici più rappresentati, che hanno già individuato i loro candidati: Manfred Weber per il Partito Popolare Europeo, e Frans Timmermans, oggi vicepresidente della Commissione, per il Gruppo dei Socialisti e Democratici. I Verdi Europei hanno invece nominato due candidati, entrambi attuali deputati europei: Ska Keller, tedesca, e Bas Eickhout, olandese. Per quanto riguarda i gruppi euroscettici, è stato nominato il parlamentare ceco Jan Zahradil per il Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR), e Matteo Salvini per il Gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà. Il movimento En Marche! di Macron e i Liberali dell’ALDE, alleati per le prossime elezioni, hanno invece deciso di non allinearsi alla procedura, sostenendo che la sua applicazione non contribuirebbe in alcun modo a rendere l’Unione più democratica.
Fig. 2 – Juncker è stato il primo Presidente della Commissione a essere eletto secondo il metodo “Spitzenkanditaten”, nel 2014
3. POTENZIALITÀ E LIMITI
Il metodo “Spitzenkandidaten” ha il sostegno di molti, soprattutto dell’attuale Commissione Juncker che – per prima – si è formata a seguito della sua applicazione. Tuttavia, sono in tanti a discuterne la legittimità. Sul piano politico, non tutti sono d’accordo con un meccanismo che rafforza notevolmente l’influenza del Parlamento e riduce il margine di manovra del Consiglio europeo. Sul piano giuridico, invece, il meccanismo è spesso criticato perché attribuisce alla Commissione un carattere marcatamente politico che risulta essere in conflitto con il suo ruolo di rappresentante dell’interesse generale dell’Unione e garante dei Trattati (art. 7 del Trattato sull’Unione Europea). È proprio per questa stessa ragione, però, che il sistema è incoraggiato da coloro che auspicano un’evoluzione in senso politico della Commissione e una crescita della sua leadership. Potenzialmente la procedura “Spitzenkandidaten” potrebbe rendere un po’ più trasparente e democratica la nomina del Presidente della Commissione, ma i limiti sono ancora molti. Ad oggi i possibili effetti positivi della sua applicazione sono di fatto quasi azzerati dalla mancanza di consapevolezza da parte degli elettori non solo della specifica procedura dei “candidati di punta”, ma più in generale dell’attività dei gruppi politici europei.
Sara Verduci