Caffè Lungo – L’Argentina, storicamente un rifugio per gli ebrei europei, ha navigato tra il sostegno a Israele e la solidarietà con la causa palestinese. Oggi, sotto il Governo di Javier Milei, il Paese si schiera apertamente con Israele, riflettendo un cambiamento nella politica estera argentina e il suo allineamento con gli interessi occidentali.
Il contesto storico: la presenza degli ebrei in Argentina
L’Argentina è il Paese sudamericano con la maggiore presenza ebraica. Tra il 1881 e il 1948 oltre 250mila ebrei emigrarono dall’Europa e raggiunsero l’Argentina. Nel 1910 venne proposta la creazione di uno Stato ebraico in Argentina, con la pubblicazione in quell’anno dell’antologia di racconti Los gauchos Judíos di Alberto Gerchunoff. L’autore propose un’immagine idilliaca delle colonie ebraiche nella regione della Pampa, riprendendo l’idea del padre dell’ideologia sionista Theodore Herzl, il quale credeva che l’Argentina rappresentasse una possibile alternativa alla Palestina come luogo di fondazione dello Stato ebraico grazie alla vastità del territorio e alla ricchezza di risorse naturali.
Successivamente, con l’avanzata di Hitler in Germania e l’aumentare dell’antisemitismo in Europa, tra il 1934 e il 1937 si calcola che tra 15mila e 17mila ebrei giunsero in Argentina. Durante la guerra però, l’idea dello Stato Ebraico in Argentina svanì lentamente e il Paese assunse misure sempre più severe nei confronti della migrazione ebraica, come accadde nella maggior parte dei Paesi Europei, fino alla decisione del Governo di obbligare la Jewish Colonization Association a rimpatriare nella Germania nazista gli ebrei che avevano abbandonato le colonie della Pampas e provavano a insediarsi nelle grandi città come Buenos Aires. Nel secondo dopoguerra l’apertura dell’Argentina all’immigrazione venne paradossalmente estesa a fascisti italiani e nazisti tedeschi e non incluse gli ebrei. Fu questo il contesto in cui gli ebrei si trasferirono in massa in Eretz Israel (Terra d’Israele) fondando lo Stato israeliano, nel quale, nel 1950, venne emanata la Legge del Ritorno: il diritto di ogni ebreo a compiere la propria aliyà (“salita”) in Israele, con la garanzia dell’automatica acquisizione della cittadinanza.
Fig. 1 – 1956: Un signore acquista giornali ebraici da una bancarella a Buenos Aires
Il posizionamento nei confronti di Israele durante i Governi Peronisti
Dopo la creazione di Israele e con le numerose guerre Arabo-Israeliane, l’America Latina ha assunto posizioni differenti. È importante notare come molti Paesi, tra cui Bolivia, Cuba, Venezuela e Nicaragua, abbiano sempre sostenuto la Palestina, considerata vittima di un sistema capitalista coloniale israeliano supportato e finanziato dagli Stati Uniti – una situazione considerata simile al giogo statunitense imposto sull’America Latina nel corso del tempo. Assumere una posizione filopalestinese è stata il riflesso di un forte antiamericanismo, come lo è stata la reticenza di alcuni Governi latino-americani nel condannare l’invasione russa in Ucraina.
Nel 2010 il Governo argentino di Cristina Fernandez de Kirchner ha formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina, seguendo l’onda del Brasile di Lula, del Venezuela di Chàvez e della Bolivia di Morales: l’intero asse dei Governi di sinistra definiti “lulisti” che hanno determinato il fenomeno del “giro a la izquierda” (svolta a sinistra) nella regione agli inizi degli anni Duemila. Nonostante ciò l’Argentina si è sempre distinta dalle posizioni nettamente pro-Palestina. Insieme al riconoscimento della Palestina, il Governo Kirchner infatti rilasciò subito una nota, dichiarando: “L’Argentina ratifica la sua posizione irrevocabile a favore del diritto di Israele a essere riconosciuto da tutti e a vivere in pace e sicurezza dentro le proprie frontiere”. Ciò evidenzia la contrapposizione con l’asse boliviano, che interruppe le relazioni diplomatiche con Tel Aviv, e con l’asse venezuelano, che attraverso il rapporto privilegiato con l’Iran e Hezbollah tende piuttosto ad appoggiare Hamas. L’Argentina dei Governi Kirchner ha sempre voluto mantenere una neutralità nel conflitto arabo-israeliano, non volendosi del tutto schierare a favore della Palestina per la numerosa comunità ebraica presente in Argentina, ma neanche nettamente a favore di Israele per paura delle azioni di Hamas, in particolare dopo i due attentati di Buenos Aires del 17 marzo 1992 contro l’ambasciata israeliana e del 18 luglio 1994 contro la sede dell’Associazione Mutuale Israelita Argentina (AMIA) per mano di Hezbollah.
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, il Governo di Alberto Fernández, con un comunicato, ha chiesto di “porre fine alle terribili conseguenze del conflitto sulle donne, i bambini e i civili palestinesi e israeliani”, senza sbilanciarsi. Le autorità delle enti ebraici argentini hanno fortemente criticato la neutralità del Governo e consegnato al Presidente una petizione che ribadiva il loro disaccordo con la dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri argentino Felipe Solà, attraverso la quale il Governo aveva criticato Israele per un’operazione effettuata nel nord di Gaza.
Fig. 2 – Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a destra) saluta il Presidente argentino Alberto Fernández a Gerusalemme
L’attuale posizione del Governo Milei nei confronti di Israele
Con l’attuale Governo argentino, presieduto da Javier Milei, entrato in carica il 10 cicembre 2032, il Paese ha dimostrato pieno sostegno nei confronti della “sola democrazia del Medio Oriente”. Milei ha sempre simpatizzato con Israele e con la religione ebraica, arrivando a esprimere il proprio desiderio di convertirsi. Crede che lo Stato ebraico abbia il diritto di difendersi contro “l’attacco barbaro di Hamas” del 7 ottobre 2023, senza aver mai menzionato gli attacchi israeliani nella striscia di Gaza, anzi ritenendoli necessari per “affermare il diritto di Israele all’autodifesa legittima”. Milei è stato fortemente criticato dagli altri Presidenti latino-americani, che sostengono che Israele stia commettendo un vero e proprio genocidio. “Trovo riprovevole che si emettano questo tipo di sentenze”, ha detto il Presidente argentino in visita a febbraio a Tel Aviv per assicurare a Netanyahu sostegno incondizionato. Il Presidente venezuelano Maduro lo ha tacciato di complicità nel genocidio, accusandolo di adoperare a pieno l’immagine “orientalista” che vede il mondo arabo come un’umanità radicalmente diversa, considerata incivile e gerarchicamente inferiore. D’altronde Milei ha sempre sottolineato come il proprio Governo avrebbe adottato una piena politica filo-israeliana e filo-statunitense rifiutando ogni tipo di legame con i Paesi “comunisti” (Cina, Venezuela, Russia).
L’Argentina si è sempre dimostrata maggiormente favorevole verso Israele nel corso della storia rispetto agli altri Paesi sudamericani. Questo deriva anche dal fatto che l’Argentina è composta per il 65% da immigrati europei. La forte connessione che il Paese sudamericano ha con le proprie radici europee fa anche in modo che risenta maggiormente delle politiche e delle decisioni del Vecchio Continente, anche se molti Paesi europei come Spagna, Norvegia e Irlanda hanno deciso di riconoscere lo Stato della Palestina, iniziando a rompere così la storia di sostegno garantito a Israele da parte dell’Europa. A differenza dell’Argentina, gli altri Paesi sudamericani hanno una maggiore presenza indigena, e quindi una lunga storia di razzismo e persecuzioni, e sono più inclini a simpatizzare con i palestinesi considerati come le vittime di un sistema europeo colonialista. Sotto la guida di Javier Milei, l’Argentina ha chiarito la propria posizione a favore di Israele, ma il continuo susseguirsi degli attacchi a Gaza riserverà nuove sfide che metteranno alla prova questa alleanza, in un mondo dove le dinamiche geopolitiche sono in continuo mutamento.
Isabella De Sinno
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