Caffè Lungo – Sin dall’epoca sovietica, il cinema è tenuto in considerazione dalle Autorità governative russe per la sua potenza comunicativa e propagandistica. Il Governo Putin, dopo i difficili anni Novanta, ha investito nuove risorse per portare sul grande schermo la narrazione russa alternativa a quella occidentale, non sempre con successo.
IL CINEMA SOVIETICO E LA SUA EREDITÀ DOPO IL CROLLO DELL’URSS
Le origini della cinematografia russa risalgono ai primi anni Venti del Novecento con maestri come il regista Sergej Ejzenstejn, autore di capolavori celebrativi della Rivoluzione russa quali La corazzata Potemkin o Ottobre, che per l’abilità in fase di montaggio e le tecniche innovative sono ancora oggi studiati nelle scuole di cinematografia di tutto il mondo.
Durante l’era sovietica vigeva una severa censura sugli argomenti trattati e alcuni aspetti, come quelli ritenuti nostalgici dell’era zarista (per esempio il romanzo Dottor Zivago di Boris Pasternak) erano contrastati dalle Autorità. Nonostante le rigidità statali, tuttavia, alcuni registi furono capaci di realizzare film meno conformisti, come Andrej Rublev di Andrej Tarkovskij, incentrato sul monaco pittore più celebre del medioevo russo, oppure Ironia del Destino di Eldar Rjazanov, commedia in cui è preso in giro il conformismo urbanistico sovietico.
Dopo il crollo dell’URSS, gli anni Novanta videro in Russia un massiccio afflusso di pellicole americane ed europee, in precedenza vietate, e un impoverimento della cinematografia autoctona, in difficoltà a causa della riduzione dei finanziamenti di Stato susseguitisi alla transizione dall’economia pianificata a quella di mercato.
La presidenza di Vladimir Putin, consapevole della importanza propagandistica della settima arte, ha promosso maggiori finanziamenti, con ulteriori controlli sui contenuti trattati e sul Fondo federale per il cinema. I finanziamenti sono andati principalmente a film volti a trasmettere sentimenti di rinnovato patriottismo tra i cittadini, promuovendo una visione diversa da quella occidentale, preponderante nei cinema russi negli anni Novanta.
Fig. 1 – Il cinema Rodina (“Patria”) di Mosca, costruito negli anni Trenta e simbolo dell’importanza data dal regime sovietico alla settima arte
‘CHERNOBYL 1986’: LA RISPOSTA RUSSA ALLA NARRAZIONE OCCIDENTALE DEL DISASTRO NUCLEARE
Il film Chernobyl 1986, realizzato nel 2021 con finanziamento del Governo russo, è stato una risposta alla serie televisiva americana della HBO del 2019. Il film ripercorre la catastrofe nucleare dal punto di vista russo, in cui l’errore umano che portò a tale disastro, nonché i gravi difetti di progettazione nella centrale, sono ignorati in modo da far emergere un cliché tipico dell’era sovietica, ovvero il singolo che si sacrifica per il bene collettivo e l’eroismo dell’uomo comune.
Tale scelta spinge lo spettatore a identificarsi con il protagonista, ma esclude argomenti che sono stati affrontati nella serie televisiva americana, come la inadeguatezza dell’impianto nucleare e la lenta risposta alla catastrofe da parte delle Autorità sovietiche. Nel film non si affrontano, inoltre, le rivendicazioni dei liquidatori, ovvero le migliaia di persone mandate da tutta l’URSS per contenere la fuga radioattiva, per i quali non vennero mantenute le promesse di cure mediche speciali e trattamenti economici favorevoli, ancora oggi richieste a gran voce.
I liquidatori ucraini e la mancata realizzazione delle promesse del Cremlino sulla salvaguardia della salute dei cittadini delle zone contaminate, tra cui anche la capitale dell’Ucraina, costituirono i primi nuclei di protesta contro il Governo sovietico, prodromi delle richieste di secessione che sfoceranno nel 1991 con la Dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina dall’URSS. La catastrofe nucleare rimane argomento scomodo per il Governo russo, che considera il disastro di Chernobyl come l’errore di singoli uomini per cui fu sufficiente un processo sommario e non come la sconfitta del sistema socio-economico sovietico.
Fig. 2 – Ryan Gosling e Margot Robbie alla première europea di Barbie nel luglio 2023. Il film di Greta Gerwig ha avuto un enorme successo anche in Russia, dove ha sbaragliato opere propagandistiche come Svidetel, dedicate alla guerra in Ucraina
‘SVIDETEL’ CONTRO ‘BARBIE’: LA VITTORIA DEL FILM OCCIDENTALE SULLA PELLICOLA DI PROPAGANDA FINANZIATA DAL CREMLINO
L’invasione dell’Ucraina è stata propagandata al cinema tramite il film Svidetel, prodotto nel 2023, dove si gioca, senza lo stesso risultato artistico, su alcune assonanze con Il pianista del regista Roman Polanski, capolavoro sull’Olocausto, a partire dal protagonista Daniel Cohen, un musicista di origine ebrea, chiaro riferimento al Wladislaw Szpilman immortalato dal regista franco-polacco.
Tale elemento, tuttavia, è funzionale solo per lo sviluppo dei classici stereotipi della propaganda russa sull’Ucraina, dalla presunta persecuzione dei russofoni alla brutalità delle brigate paramilitari ucraine, tra cui il Battaglione Azov, nonché la corruzione nel Paese tra oligarchi in fuga ed esercito.
Manca nel film l’elemento critico sul conflitto e non viene motivata né mostrata la presenza delle truppe russe sul suolo ucraino, palesando i limiti della pellicola, che rimane nel solco del film di propaganda di guerra senza domande da porre allo spettatore, a differenza di alcuni film americani sul conflitto in Vietnam degli anni Settanta e Ottanta, nei quali registi come Francis Ford Coppola o Michael Cimino diedero un taglio riflessivo e critico.
La risposta dei cittadini russi al film è stata tiepida. Gli incassi sono stati scarsi al botteghino, inferiori ai costi di realizzazione nonostante il contributo del Cremlino, mostrando come buona parte della società russa cerchi, in questi difficili anni, di evadere dalla realtà quotidiana, provando maggiore interesse verso film più leggeri. È il caso per esempio del successo ottenuto dal film Barbie, nonostante i tentativi di censura da parte della Autorità russe in quanto pellicola occidentale che mostra valori non conformi alla famiglia tradizionale.
Nelle principali città russe ci sono state proiezioni clandestine, ma le Autorità hanno preferito evitare il pugno di ferro esercitato con i dissidenti politici, consapevoli che è difficile arginare il desiderio, apolitico, di evasione e divertimento del cittadino russo medio urbanizzato, che ha avuto dagli anni Novanta la possibilità di vedere le opere occidentali e toccarne con mano la cultura, un segmento della società molto penalizzato dai nuovi rapporti conflittuali Russia-Occidente.
Lorenzo Pallavicini
“Броненосец Потемкин Sergei Eisenstein’s Battleship Potemkin” by blondinrikard is licensed under CC BY