Recentemente Pechino ha confermato una notizia che si rincorreva da tempo nelle cancellerie dei Paesi asiatici, ovvero il riadattamento di una base in Tibet per ospitare caccia da combattimento. Questa mossa si inserisce in un più ampio scenario che vede la Cina rafforzare la propria aviazione anche sul fronte meridionale, per fronteggiare direttamente le crescenti ambizioni indiane.
STORIA RECENTE – Pechino ha sempre cercato di sviluppare una moderna ed efficiente aviazione, da integrare con le proprie forze marittime e terrestri. Questo processo ha subito un’accelerata dagli inizi degli anni ‘90, quando il crollo dell’Unione Sovietica ha da un lato liberato il drago da un formidabile avversario e dall’altro ha messo a disposizione di Pechino un numero impressionante di tecnici ed ingegneri, allora rimasti disoccupati. Le guerre degli anni Novanta e Duemila, in particolare gli impieghi occidentali di air power dalla Prima Guerra del Golfo in poi, hanno inoltre mostrato ai vertici cinesi l’importanza di ottenere e mantenere la superiorità aerea in battaglia, spingendoli a puntare su di una forza magari ristretta in termini numerici ma meglio addestrata ed equipaggiata, con una più marcata capacità di “rapid response”. Questi fattori, uniti anche all’impressionante crescita economica, hanno permesso a Pechino di sviluppare una considerevole industria aeronautica con una capacità operativa non indifferente.
L’AVIAZIONE PIÙ “ALTA” DEL MONDO – La People’s Liberation Army Air Force (PLAAF) può inoltre contare su un’impressionante catena di basi, situate nelle aree più strategiche, dal Mar Cinese alle più alte vette Himalayane. Per esempio, l’adattamento citato in apertura della base tibetana di Gonkar per i jet Su-27 (o meglio, la copia J-11), che, con i suoi circa 3500 metri sul livello del mare, è una delle basi aeree più alte del mondo, serve a un duplice scopo: non solo è una risposta alle basi indiane di Chabua e Tezur, ma è in grado anche di coprire l’intera area dell’Arunachal-Pradesh, uno dei territori da tempo contesi a Nuova Delhi. Si stima inoltre che la Cina sia il Paese al mondo con il più alto numero di basi aeree sotterranee, circa 40, con un capacità totale di 1400 velivoli. Queste basi, infatti, non solo sono di difficile individuazione, ma rendono anche molto difficile, nel caso indiano, attacchi a sorpresa. In questo caso diviene infatti problematico riuscire a distruggere l’aviazione prima che si levi in volo, e questo fornisce un discreto vantaggio in caso di guerra prolungata. Recentemente, inoltre, la Cina ha intrapreso una serie di esercitazioni aeree con diversi partner regionali, tra cui il Pakistan, storico avversario dell’India.
GRANDI AMBIZIONI – A sud della frontiera Himalayana, invece, troviamo l’altro gigante asiatico: l’India. Questo è il Paese con il più alto livello di sviluppo demografico al mondo, ed anche il tasso di crescita del PIL è notevole (nonostante una battuta d’arresto, l’ultimo trimestre ha comunque registrato un significativo + 4.8%). Forte di questo incremento, Nuova Delhi sta quindi cercando di tradurre tali numeri anche in peso regionale, attraverso una considerevole espansione delle sue forze armate, dove non solo la Marina la fa da padrone: l’aviazione, infatti, riveste un ruolo primario nella protezione dei confini a Nord e ad Ovest, dove si trova a fronteggiare dei vicini problematici. Quella che lo Stato Maggiore indiano spera diventi la seconda aviazione più grande del mondo, infatti, svolge un ruolo chiave nelle dispute col Pakistan e nel contenimento delle ambizioni della Cina a nord: le già citate basi di Chuba e Tezur, nel nord del Paese, sono state costruite proprio con questo scopo.
LA STRADA È ANCORA LUNGA – Diversamente dalla Cina, però, l’industria aeronautica indiana non è ancora pienamente sviluppata. Se è vero, infatti, che l’India è comunque una potenza atomica in possesso di tecnologia militare di un certo livello, potendo annoverare tra le sue fila anche caccia moderni, non si può non considerare il fatto che i velivoli prodotti dalle industrie nazionali non sono ancora ai livelli di quelli cinesi rivelandosi anche, a tratti, non ancora pienamente affidabili, costringendo quindi il Paese ad affidarsi a forniture estere. Gli acquisti di nuovi aeromobili, inoltre, non sembrano seguire una strategia organica, ma rispondono piuttosto ai bisogni del momento senza tenere conto di una visione più ampia, impedendo cosi lo sviluppo di un’aviazione davvero efficace e moderna, e rischiando di pagare dazio all’India sul lungo termine. Pechino, anche a causa dell’innumerevole numero di fronti su cui deve essere presente, ha realizzato che la coordinazione e l’efficienza, assieme all’interoperabilità tra le forze, sono la chiave di una moderna aviazione, e quest’ultima si può ottenere solo attraverso un lungo ed attento lavoro di pianificazione; la Indian Air Force (IAF), invece, per raggiungere un completo livello di integrazione, ha ancora qualche lacuna da colmare. Anche l’India, infatti, è virtualmente impegnata su più fronti, sia a nord con la Cina che ad est con il Pakistan, e la situazione è complicata dal fatto che questi due Stati si sono recentemente avvicinati. In chiusura, quindi, data anche la particolare conformazione dei territori contesi (in gran parte montuosi), l’aviazione gioca un ruolo chiave su questo scacchiere. Se l’India vuole giocare ad armi pari con la Cina ed aumentare la sua influenza nell’area, un maggiore sviluppo della sua aviazione militare sembra imprescindibile.
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Marco Lucchin